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La Juventus è più forte (ma non è finita), il Napoli abbandoni la retorica del miracolo

Lo sappiamo bene che l’obiettivo non è il record di 87 punti, Sarri si tranquillizzi: ha tanti meriti in questa squadra che non è una provinciale.

La Juventus è più forte (ma non è finita), il Napoli abbandoni la retorica del miracolo

Douglas Costa ma anche Bentancur

La Juventus è tornata a più quattro sul Napoli. Lo ha fatto al termine di una partita, quella contro il Milan, che è la perfetta fotografia della loro stagione fin qui. Sembra che in campo non ci siano, hanno difficoltà, rischiano di andare sotto e poi estraggono il coniglio dal cilindro. A Napoli si batte molto sul valore della rosa della Juventus che è certamente superiore a quella del Napoli – soprattutto in attacco – ma non si nota che ieri sera il pallone del gol è stato recuperato da Bentancur (20 anni) che è entrato al posto di Pjanic. Valgono entrambe le considerazioni. Ha una rosa più ampia – ripetiamo, soprattutto in attacco -, quindi è più forte di noi e ha un allenatore che fa ruotare i calciatori. Che si chiamino Douglas Costa, Bentancur, Cuadrado o Sturaro che, giusto per fare un esempio, ha giocato appena 10 minuti in meno di Diawara in campionato.

Il campionato non è finito

Il più quattro in classifica non deve far considerare finita la corsa scudetto. Ora è più difficile, non c’è dubbio. Bisogna arrivare allo scontro diretto con questo distacco – e noi nel frattempo dobbiamo andare a far visita al buon Milan visto ieri sera – e poi si dovrà vincere allo Stadium (operazione non facile, lo sappiamo). I giochi non sono ancora fatti. E, va da sé, l’obiettivo del Napoli è il campionato e non il record di punti. Ormai dopo tre anni abbiamo capito Sarri. Non abbiamo capito il perché di certe sue esternazioni. Almeno noi. Ma ci adeguiamo. Offende soprattutto la sua intelligenza. Uscire dall’Europa per inseguire il record i punti in campionato sarebbe roba da Tom & Jerry. Non è così, lo sappiamo.

Così come secondo noi, dopo tre anni lo ripetiamo, è una canzone antica quella del miracolo, di Davide contro Golia, o se volete del Foligno (con tutto il rispetto per il Foligno) trasformato in un’armata. Nessuno può chiedere lo scudetto a Sarri e ai suoi. Nel senso che non può esserci l’obbligo della vittoria. Va però anche ricordato che il Napoli ha – Transfermarkt alla mano – la seconda rosa più ricca del campionato e un monte ingaggi che oscilla tra il quarto e il quinto posto. Così come va tenuto bene a mente che il Napoli sta disputando un campionato straordinario, che quello italiana è l’unica competizione ancora in bilico nonostante la Juventus ha quattro punti in più rispetto alla scorsa stagione. E ciononostante ha ancora il Napoli alle calcagna.

La terza Champions consecutiva

Il Napoli ha fatto delle scelte, esplicite in Europa League probabilmente inconsce in Champions, e sta portando a casa un risultato storico, ossia la terza qualificazione consecutiva in Champions League. Non era mai accaduto nella nostra storia e i meriti vanno ascritti a Maurizio Sarri che quindi ha portato questo club a una crescita. Nessuno glieli toglie. Quel che però di cui faremmo volentieri a meno è questa retorica dell’eterno miracolo, come se il Napoli fosse una squadretta che improvvisamente si è trovata ai piani alti. Non è così, lo dicono i fatti. Poi ciascuno può avere le proprie idee, così come ciascuno è libero di avere la propria gerarchia tra scudetto e competizioni europee. Il proprio metro di giudizio non è universale.

I meriti e i limiti di Sarri

Dopo tre anni, e alla vigilia di un confronto sul rinnovo, forse sarebbe il caso di sciogliere questi dubbi. Il Napoli è una società di medio livello, che sta veleggiando ad alti livelli da ormai sette anni, che – come fa anche la Juventus e come insegna Monchi – per continuare a mantenere questi ritmi ha bisogno di vendere. Così come ha bisogno di far crescere i calciatori. Sarri ha dimostrato di essere un bravissimo allenatore, c’è tanto di suo in questo Napoli che fa parlare di sé anche fuori dall’Italia. Ormai nessuno più mette in discussione i meriti del suo lavoro. Allo stesso modo, però, ha dimostrato di trascinarsi i suoi limiti (anche comunicativi) lungo tutto il triennio. Sta anche a lui stabilire se vuole rinunciare a questo personaggio, che peraltro piace molto a tanti tifosi del Napoli, e sposare la politica dei compromessi del club. Questo lo scriviamo nell’interesse dello stesso Sarri. Fuori da Napoli certe sue esternazioni non vengono comprese. A Napoli è diventato un idolo anche per la sua spigolosità nei confronti del club, altrove non varrebbe lo stesso metro di giudizio.

Logorio mentale

Lo stesso discorso vale per la gestione della rosa. Con Diawara che è stato utilizzato meno dello scorso anno, con Rog che al terzo è ancora un oggetto misterioso. E poi anche con circostanze sfortunate: Milik ci avrebbe fatto bene come il pane, anche se è stato utilizzato col contagocce fino al suo infortunio con la Spal. E pesa anche l’assenza di Ghoulam. Così come, ricordiamolo, se Insigne avesse segnato nel primo tempo o se fosse entrata la splendida rovesciata di Arkadiusz, oggi staremmo a discutere di altro.  

Vedremo contro il Chievo se la squadra sia effettivamente stanca. Facciamo fatica a crederlo, anche perché la stanchezza si sarebbe palesata proprio dopo l’uscita dall’Europa. È probabilmente un logorio mentale. Comprensibile peraltro. Ma ora non bisogna mollare. Spal-Juventus, così come Sassuolo-Napoli, hanno dimostrato che il campionato può riaprirsi quando meno ce l’aspettiamo. E non c’è nulla di male – nonostante la scaramanzia che da sempre accompagna Sarri – ad ammetterlo pubblicamente. Essere eventualmente sconfitti (lo ripetiamo, non è finita) dopo aver dato il massimo non sarebbe un affronto, tutt’altro.

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