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I genitori della scuola Madonna Assunta: «I bambini hanno bisogno di ascolto, non di voti»

La scuola segue i principi del pedagogista Freinet. Per i genitori: “I bambini vanno valutati singolarmente per le loro specifiche attitudini”

I genitori della scuola Madonna Assunta: «I bambini hanno bisogno di ascolto, non di voti»

I genitori dell’Ics Madonna Assunta di Napoli scrivono alla redazione in contrasto con la decisione della dirigente scolastica di introdurre anche per i loro figli voti e valutazioni che ritengono in contrasto con il metodo educativo seguito dalla scuola, quello del pedagogista Freinet.

Da qualche anno la questione dei voti e delle valutazioni nella scuola primaria è oggetto di un intenso dibattito in diversi paesi dell’Unione europea, fra cui l’Italia. Sul tema dei voti si sono confrontate, a livello nazionale, due idee di istruzione molto diverse e difficili da conciliare.

Ci sono argomenti e riflessioni importanti a sostegno della tesi che il sistema di valutazione docimologico oggi prevalente nella scuola sia inadeguato/superato.

Resistono in Italia poche realtà che, avendo messo  a punto un proprio sistema educativo stimato e riconosciuto in ambito internazionale, adottano modalità di valutazione coerenti con esso. Modalità di valutazione non meno efficaci di quelle basate sulla registrazione dell’andamento con voto numerico e griglie di valutazione standardizzate.

Il metodo Freinet

Tra queste eccellenze nazionali c’è a Napoli, da più di trent’anni,  Madonna Assunta a Bagnoli, che da quest’ anno è – finalmente – diventata istituto comprensivo autonomo.

Le maestre di questa scuola primaria seguono principi educativi e didattici ispirati agli studi del pedagogista francese Freinet, secondo i quali i bambini vanno valutati, in maniera coerente con questo approccio, singolarmente e secondo le loro specifiche attitudini, per quanto di buono hanno fatto durante il percorso scolastico e il voto numerico da esprimere necessariamente (previsto dalla riforma Gelmini) è uguale per tutti.

Leggiamo spesso articoli entusiastici su nuove scuole a carattere “sperimentale” che ricordano molto da vicino l’esperienza di Madonna Assunta; scuole senza zaino né libri, scuole che escono e svolgono lezione all’aria aperta, scuole senza libri e senza voti standardizzati in pagella.

La scuola secondo Cesare Moreno

Pochi giorni fa, intervenendo a Napoli in un incontro pubblico, il maestro Cesare Moreno, presidente dei Maestri di Strada Onlus, ha parlato della scuola sintetizzando in cinque punti cardine le sfide più importanti che riguardano tale istituzione nel prossimo futuro: “Segnalo inoltre che il regolamento del 1926 è ancora in vigore per le scuole elementari e che tutta la disciplina dell’obbligo scolastico è ancora ispirata al principio dell’obbligo piuttosto che al principio del diritto sancito dalla Costituzione. Insomma c’è un grande distrazione rispetto alla coerenza tra modo istituzionale di funzionare della scuola e gli indirizzi costituzionali.

Oggi sono in molti a piangere sul fatto che la scuola non è più un ascensore sociale. Troppi si attardano a pensare che proprio questo sia il compito della scuola e quindi che bisogna spingere ancora più il piede sull’acceleratore della competizione e della selezione perché solo così qualcuno potrà accedere al numero decrescente di posizioni lavorative.

L’educazione deve accedere alla equalità umana

È un tragico e funesto errore perché questo è il momento di scoprire che l’istruzione e l’educazione sono innanzi tutto per sé, ossia per accedere alle proprie risorse mentali e psichiche, per mettersi in grado di condurre una vita accettabile anche quando le condizioni sono difficili. Scuola ed educazione devono servire ad accedere alle risorse proprie, a quella egualità umana che c’è dentro ciascuno.

Noi tutti nasciamo fondamentalmente eguali, abbiamo lo stesso patrimonio di risorse fisiche e mentali – con una certa variabilità come sappiamo, ma senza particolari fratture – eppure molti, troppi, non riescono ad utilizzare e neppure a conoscere le risorse di cui potrebbero disporre. Il compito della scuola è di promuovere l’accesso alle risorse di ‘egualità’”.

Vorremmo che qualcuno riconoscesse l’importanza di avere una scuola pubblica a tempo pieno a Napoli che si impegna fortemente per difendere molti degli obiettivi che Cesare Moreno individua nel suo discorso, ci piacerebbe continuare ad essere una scuola dove non si mettono voti legati alle prestazioni nelle verifiche, e si prediliga la cooperazione invece della competizione.

I voti riducono l’autostima dei ragazzi

Questa nostra linea di pensiero è peraltro condivisa da molti, autorevoli esperti di didattica, come Francesco Dell’Oro, a lungo responsabile dell’orientamento scolastico per il Comune di Milano che scrive: “Eviterei i voti nella scuola primaria e alle medie. A livello personale ti esaltano se sei bravo e ti feriscono se sei in difficoltà. Nella classe aizzano i confronti, mentre oggi la capacità di fare gruppo è la competenza più richiesta sul lavoro”. E, a proposito del sistema valutativo docimologico, “i voti imbrigliati in una logica matematica… invece di far capire ai ragazzi che la difficoltà è un’opportunità di crescita, creano situazioni giudicanti che diminuiscono la loro autostima”.

Il peso dei voti per Franco Lorenzoni

Ma le logiche dominanti, in questi anni difficili dall’approvazione della legge 107, sembrano poco inclini a considerare la crescita come un processo globale di cui la scuola è uno dei riferimenti fondamentali.

Il maestro Franco Lorenzoni in un articolo apparso su Internazionale del Febbraio 2017 ha scritto: “Diversi opinionisti di peso, vedono nei voti e nelle bocciature i simboli di una scuola seria e rigorosa. Sono convinto che quei voti non abbiano alcuna giustificazione e non contengano alcun valore pedagogico. Eppure un peso ce l’hanno, eccome!

È a partire da quei primi voti, attesi da casa con sempre maggiore trepidazione, che la bambina o il bambino comincerà a scivolare e collocarsi, come la pallina di una roulette, dentro alla casella data da una classifica arbitraria di presunti meriti, che aumenteranno o avviliranno grandemente la sua fiducia in se stesso.

I bambini hanno un grande bisogno di essere ascoltati, ma spesso noi insegnanti sembriamo non avere tempo sufficiente per questo. Hanno bisogno di vivere esperienze concrete e significative che coinvolgano il corpo nella sua interezza, devono poter sperimentare momenti di libera espressione e incontrare i più diversi linguaggi, lontano da giudizi che spesso avviliscono la memoria e la percezione di sé…

Il problema è che quando questi dati disomogenei si rapprendono in un voto sul registro elettronico ogni mese o a fine quadrimestre, è pressoché inevitabile che quel numero si incolli al bambino. Così la valutazione, invece di essere un elemento utile a capire qualcosa di più del proprio percorso di apprendimento, si trasforma in un giudizio sul bambino tutto intero, che rischia di restare imprigionato nelle sue incapacità.  

Così i ragazzi smettono di capire il mondo e se stessi

Per quattro anni ho avuto la fortuna di avere un dirigente scolastico sensibile e rigoroso che, negli scrutini e consigli di classe di elementari e medie, chiedeva di evidenziare nei ragazzi solo ciò che sapevano fare, pretendendo che tutti noi insegnanti si facesse lo sforzo di imparare a osservare le competenze che ciascun ragazzo aveva o stava sviluppando, arginando le pigre lamentele di chi si ferma a considerare le inevitabili mancanze e perpetua la vieta discussione se sia meglio punire per fargliela vedere o stimolare un cambiamento di atteggiamento con un voto di incoraggiamento.

È il voto stesso che va messo radicalmente in causa perché, se la scuola porta i ragazzi a studiare solo per il voto, perdiamo tutti il senso del ricercare insieme e cercare di capire qualcosa di più del mondo e di noi stessi”. 

“Fa quello che può, quel che non può non fa”

Erano gli anni Ottanta quando il maestro Alberto Manzi, costretto dal Ministero a redigere dei giudizi riepilogativi, dopo una sospensione dal servizio e dallo stipendio, decise di farsi fare un timbro con una valutazione unica per tutti i suoi allievi: “Fa quello che può, quel che non può non fa”. Il Ministero reputò inammissibile il giudizio espresso con un timbro e lui, serafico, rispose: “Non c’è problema, posso scriverlo anche a mano.”

La linea della dirigente

Per la prima volta quest’anno nella nostra scuola di Bagnoli agli scrutini quadrimestrali, la Dirigente Rosa Cassese ha invitato i docenti a rivedere i loro criteri valutativi in linea con i criteri della legge 107. Quel che a noi sembra più grave non è tanto e solo che un Dirigente imponga un determinato sistema valutativo (non siamo in grado né è nostro compito valutare questa specificità tecnica), quanto che un Dirigente imponga ai docenti di una scuola pubblica l’adozione di un sistema valutativo del tutto incoerente con il metodo che quegli stessi docenti applicano nel resto dell’anno. Riteniamo questo un fatto oltremodo grave e deprecabile da chiunque conservi briciole di buon senso, al di là di legalismi e tecnicismi.

Vogliamo una scuola che accompagni la crescita felice

Non abbiamo bisogno di un voto per sapere quanto valgono i nostri figli. Continuiamo invece ad avere bisogno di una scuola che ne accompagni la crescita felice. Per questo abbiamo scelto Madonna Assunta. Per questo continueremo a difenderla con amore e fermezza.

Napoli 19/02/2018

Firmato

I genitori dell’Ics Madonna Assunta di Napoli

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