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Napoli-Roma amarcord: la “Rometta”, un piccolo Napoli, Orlando e Pellegrini

Due attaccanti romani per raccontare la storia di Napoli-Roma: il gregario offensivo di Sivori e Altafini, il terminale della squadra di Krol.

Napoli-Roma amarcord: la “Rometta”, un piccolo Napoli, Orlando e Pellegrini
Claudio Pellegrini in maglia azzurra

Per un periodo l’hanno chiamata così, la “Rometta”. Forse perchè annaspava e non andava oltre dei mediocri centro classifica o forse perchè battagliava per non rimanere invischiata nella lotta per la retrocessione. Qualche tifoso di fede giallorossa e coi capelli bianchi probabilmente ancora oggi, in un impeto d’ira o quando la squadra non gira come dovrebbe, esclama ancora : “Ma è stata una Rometta!”. Una piccola Roma. Insignificante, modesta, pollicino contro i giganti. Un modo di dire che diventa certezza quando andiamo a guardare i risultati della squadra della capitale dal 1965-66, data del ritorno del Napoli in serie A, all’anno precedente l’arrivo di Maradona.

Ebbene per 14 anni consecutivi, fino al 1979-80, il Napoli è sempre giunto davanti alla Roma in classifica. Dal 1980-81 in poi cambiò nettamente il trend e i giallorossi arrivarono in tre anni allo scudetto mentre il Napoli lottava nei quartieri bassi della classifica.

Questo è l’arco di tempo che abbiamo preso in esame scegliendo come uomini simbolo dei due periodi storici proprio due attaccanti romani purosangue, Alberto Orlando negli anni ’60 e Claudio Pellegrini tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80. Due punte che non ebbero la fortuna che meritavano, ma che sono ricordati ancora oggi per essere stati tra i simboli di una attacco frizzante e schioppettante, Orlando, e quello di un attacco a tratti anemico e poco pungente, Pellegrini. Se il primo faceva un po’ da comprimario alle qualità eccelse di Altafini, Canè e Sivori, sul secondo pesavano quasi tutte le responsabilità di un reparto non certo prolifico. Entrambi, però, fecero il massimo. Per questo li ricordiamo ancora oggi con un certo affetto.

Anni Sessanta

Quando Orlando giocò col Napoli la squadra guidata da Pesaola era sempre tra i quartieri alti della classifica. Quarto e secondo in classifica, la Roma decima ed undicesima. Un Napoli grande ed una ‘Rometta’, come volevasi dimostrare.

Anni Settanta/Ottanta

Quando Pellegrini giocava col Napoli la squadra guidata da Di Marzio, Vinicio, Marchesi, Giacomini, Pesaola e Santin veleggiava in cattive acque tranne nell’anno del terzo posto del 1980-81 e quello del quarto del 1981-82 sotto la guida di Rino Marchesi. La Roma, invece, otteneva un secondo ed un terzo posto finendo sempre davanti agli azzurri. Furono i due anni che precedettero lo storico scudetto del 1982-83 con Liedholm in panchina. Una grande Roma ed un ‘Napoletto’, parafrasando la pochezza tecnica di quelle squadre.

Alberto Orlando

Romano de Roma, 80 anni quest’anno, fu preso dal Napoli per il torneo 1966-67 con il preciso scopo di prendere le botte che erano destinate ad Altafini e soprattutto per attirare le attenzioni dei difensori avversari su di lui per lasciare più spazi a Josè. Si creò, quindi, un quintetto delle meraviglie formato da Canè, Juliano, Altafini, Sivori e Orlando, un lustro per gli occhi e per il cuore. Tre le squadre che lo avevano lanciato in Serie A, la sua Roma quando era abbastanza acerbo, la Fiorentina (con i viola fu capocannoniere della Serie A nel 64-65 con 17 reti) ed il Torino dove si era affermato. Arrivò a Napoli da torello con un fisico granitico , era tutto un fascio di nervi, esplosivo ed esultava saltellando.

Sembrava la controfigura di Giuliano Gemma e con lui, infatti, si ‘sparavano’ pallonate sulle difese avversarie. Quel Napoli era fatto di ‘gringos’ con le pistole sempre fumanti ed i portieri avversari a raccogliere palloni nel ‘saloon’ del San Paolo. Il non eccelso bottino di reti, 7 nel primo anno e 4 nel secondo, convinsero i dirigenti azzurri a darlo alla Spal a soli 30 anni e 60 partite giocate. Un declassamento che forse il bomber romano non meritava visto anche che il suo sostituto fu Barison che di gol, ahinoi, ne fece pochi anche lui.

Claudio Pellegrini

Un cannoniere senza fronzoli, l’altro romanaccio degli azzurri. Claudio Pellegrini, classe 1955, sulle figurine appariva col numero III romano per distinguerlo dagli altri fratelli calciatori; arrivò a Napoli dall’Udinese un po’ in sordina ma vi restò per sei anni tranne una breve parentesi di un torneo in prestito ad Avellino. Arrivò con una stempiatura già in bella evidenza ed indossò una bella maglia della Puma con la banda bianca sulle spalle.

Due immagini di Napoli-Roma, campionato 1978/79

Quando andò via, sempre più stempiato, il Napoli aveva ritrovato una delle sue maglie storiche e sopra vi aveva apposto il marchio del Latte Berna. Non male il suo bottino totale con 141 partite e 33 gol, uno ogni 4 partite. Un buon risultato per quei tempi. Claudio non aveva il fisico di Orlando, anzi era filiforme ed anche un po’ sgraziato nella corsa, ma quando era concentrato e non svagato la metteva sempre dentro. Di testa, di piede, di sguincio. Sempre.

Trovò la sua fortuna quando a Napoli giunse Krol. Il libero olandese, in allenamento, provava questo lancio lungo a pescare Pellegrini oltre la metà campo e quando la palla gli arrivava sui piedi l’attaccante romano non doveva far altro che metterla nel sacco. Le domeniche successive, in campo, diventò uno schema. Tutti attendevano il lancio lungo e preciso del piede fatato di Krol e l’involata a rete di Pellegrini. Spesso riusciva, a dir la verità. In anni bui per l’attacco azzurro, anni in cui si segnava come ai tempi di Chiappella, vale a dire col contagocce di un sedativo, i suoi gol furono oltremodo preziosi.

Oggi se fai 11 reti in Serie A sei un giocatore appena sufficiente, allora Pellegrini andò due volte in doppia cifra con 11 reti e sembrò di aver trovato un super bomber. Tempi magri, amici miei. Eppure Pellegrini faceva con regolarità il suo compito e teneva molto anche ad essere apprezzato dai tifosi napoletani. Sentiva molto la responsabilità di avere sulle spalle tutto il peso di un attacco non proprio trascendentale. E si impegnava sempre, con la maglietta sudata a fine partita.

Le gare al San Paolo con Orlando

12 febbraio 1967: Napoli – Roma 2-0 (Altafini, Altafini su rig.)
28 gennaio 1968: Napoli – Roma 2-0 (Altafini, Altafini su rig.)

Curiosamente, nelle due uniche gare giocate da Orlando contro la ‘sua’ Roma a Fuorigrotta il risultato fu sempre di due a zero per il Napoli e altrettanto insolitamente il marcatore fu sempre lo stesso, Altafini. Doppietta, un gol su azione ed uno su rigore. A volte il destino fa brutti scherzi. In quegli anni la Rometta aveva Pizzaballa in porta, i vecchi Losi, Jair e Peirò nel museo delle mummie e qualche giovanotto ancora immaturo come Cordova e Santarini. Fu facile per gli azzurri fare due volte doppietta.

Le gare al San Paolo con Claudio Pellegrini

15 ottobre 1978; Napoli – Roma 1-0 (Pellegrini)
19 ottobre 1980: Napoli- Roma 4-0 (Romano II aut., Di Bartolomei aut., Pellegrini, Nicolini)
3 gennaio 1982: Napoli- Roma 1-0 (Citterio)
10 ottobre 1982: Napoli- Roma 1-3 (Pellegrini, Iorio, Nela, Chierico)

Altrettanto curiosamente c’è da notare come, negli incontri con la Roma al San Paolo, Claudio Pellegrini sia andato a segno in tre occasioni su quattro, una volta anche in modo decisivo. Il computo totale dice tre vittorie del Napoli ed una sconfitta, quella maturata contro una Roma cinica e tecnica nell’anno del suo scudetto.

Ma non era una ‘Rometta’, lo avrete capito, quindi i risultati conseguiti dal Napoli acquistano valore. In quelle gare i giallorossi schierarono fior di giocatori come Paolo Conti e Tancredi in porta, Bruno Conti e Pruzzo in attacco, Spinosi, Turone, Nela, Marangon e Vierchowod in difesa, Di Bartolomei, Falcao, Ancelotti e Prohaska a centrocampo, solo per citane alcuni di quelli passati in quelle formazioni sul verde di Fuorigrotta in quegli anni. Eppure il Napoli vinse per ben tre volte. Sarà stata l’aria da “derby del Sud”, saranno state le motivazioni ma noi ricordiamo solo 70000 mila spettatori che soffiavano dietro la palla e facevano vincere anche quelle partite.

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