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Mondonico, una sedia per l’alfiere del calcio di provincia

Si è spento a 71 anni. Non solo un interprete del calcio all’italiana, le sue squadre sapevano anche giocare. A Napoli cominciò il suo declino, ci portò in Serie B

Mondonico, una sedia per l’alfiere del calcio di provincia
Mondonico e la sedia alzata nella finale di Coppa Uefa

L’immagine simbolo di Emiliano Mondonico resterà per sempre quella di Amsterdam, lui che brandisce e solleva una sediolina di plastica in segno di protesta nei confronti dell’arbitro per un presunto fallo di rigore non fischiato su Cravero (l’altro era De Boer). Facendo le debite proporzioni, e ricordando che stiamo parlando di calcio, è un’immagine che richiama alla memoria la scarpa sbattuta sul tavolo da Kruscev al Palazzo dell’Onu. Quella sera – il 13 maggio 1992 – il Torino perse in modo beffardo la finale di Coppa Uefa. Colpirono tre pali, ma non riuscirono a segnare. Il 2-2 dell’andata consentì agli olandesi di alzare la Coppa.

Emiliano Mondonico se n’è andato questa notte, a soli 71 anni, dopo una malattia con cui ha combattuto nell’ultimo decennio. Un personaggio controverso, dalla battuta velenosa. Di certo un interprete della scuola del calcio all’italiana, ma non si può dire che le squadre giocassero un brutto calcio. E che fossero unicamente dedite al catenaccio. Quel Torino, ad esempio, aveva gente dai piedi buoni: Martin Vazquez, Scifo, Casagrande, Lentini, lo stesso Cravero. Tanto per ricordare, eliminarono il Real Madrid di Beenhakker, Hagi, Sanchis in semifinale. Era un allenatore bravissimo a chiudere gli spazi all’avversario, ma giocava anche a pallone e appena poteva verticalizzava.

Alla Cremonese con Vialli

Il “Mondo” è stato uno dei migliori alfieri del calcio di provincia, dopo Osvaldo Bagnoli, soprattutto negli anni Ottanta fino alla metà dei Novanta. Il sito della Cremonese oggi lo ricorda con un lungo servizio in homepage. Mondonico resta indissolubilmente legato alla società di Luzzara, lì ha offerto il suo miglior calcio da giocatore (un giocatore dotato di ottima tecnica individuale, allergico agli schemi). Fu la sua prima squadra da allenatore e fu lui, nel 1984, a guidare i grigiorossi a una storica promozione in Serie A. In attacco, con la Cremonese, c’era un giovane riccioluto che segnava gol spettacolari: Gianluca Vialli.

L’anno dopo, in Serie A, però Vialli non c’era più. Era stato venduto alla Sampdoria di Mantovani e la Cremonese racimolò appena 15 punti. Chiuse all’ultimo posto, a pari merito con la Lazio, con appena quattro vittorie. Eppure quella Cremonese ancora oggi è ricordata come una squadra dal gioco veloce e spumeggiante. Avrebbe vinto il premio della critica.

Un uomo del Nord

Raramente Mondonico si è allontanato dal suo Nord. Anche in questo, simile a Bagnoli. Dopo Cremona, andò a Como dove pure disputò un ottimo campionato di Serie A. E quindi a Bergamo dove firmò un’altra storica impresa. Nel 1988, con l’Atalanta in Serie B, trascinò la squadra alla semifinale di Coppa delle Coppe. Parteciparono a quella manifestazione grazie al Napoli che li sconfisse in finale di Coppa Italia, ma che ovviamente optò per la Coppa dei Campioni. La semifinale perduta contro i belgi del Malines – allora una squadra molto forte – è con ogni probabilità la sfida più importante giocata dall’Atalanta. Una squadra in cui militavano gente come Stromberg, Fortunato, Progna, Nicolini. Anche quella formazione era ostica, ruvida da affrontare, proprio come Mondonico uno che sapeva rispondere a tono, che era visceralmente anti-juventino e non faceva niente per nasconderlo.

Mondonico allenatore del Napoli

A Napoli cominciò il suo declino

Cosi come non nascose mai la sua passione per la Fiorentina. La allenò e la riportò in Serie A. Ma fu un rapporto breve. Paradossalmente, il giro di boa della sua carriera fu Napoli. Qui Mondonico scese definitivamente di una categoria come allenatore. Dopo Napoli, il suo fu un lento declino con qualche sussulto. A Napoli rinunciò a ogni velleità di calcio spumeggiante, seppur improntato alla fase difensiva. Arrivò all’epoca del diarcato Corbelli-Ferlaino che ebbero la splendida idea di esonerare Zeman dopo sei giornate e due punti in classifica e di sostituirlo col “Mondo”. Ferlaino detestava il boemo. Da Zeman a Mondonico che si presentò accentuando la sua versione retrò del pallone e annunciò che il suo sarebbe stato un calcio “pane e salame”. Che all’inizio diede anche qualche risultato – il 6-2 alla Reggina, la vittoria in casa della Lazio – e consentì al Napoli di raggiungere una posizione di relativa tranquillità. Da ricordare anche la vittoria sull’Inter per 1-0, con gol di Matuzalem.

corrado ferlaino e emiliano mondonico

Poi il pane e salame resto sullò stomaco

Poi, però, il pane e salame si fermò sullo stomaco. Quel suo Napoli era incapace di esprimere gioco. Non nacque mai il feeling con la città. E probabilmente nemmeno con la squadra dove nel frattempo era approdato Edmundo ‘o animal. Decisiva fu una punizione calciata da Baggio al San Paolo all’ultimo minuto di Napoli-Brescia. Finì 1-1. A nulla bastò il 2-2 in casa con la Roma costretta a rinviare la festa scudetto di una settimana. La pastetta tra Verona e Parma (che i tifosi del Napoli giustamente non hanno mai dimenticato) condannò il Napoli alla Serie B. Mentre Mondonico di domenica in domenica ripeteva quasi come una cantilena frasi del tipo: “Non è contro questa squadra che dobbiamo fare i nostri punti”. E al termine del campionato disse praticamente che eravamo retrocessi per le prime sei giornate di Zeman. Peccato, il Mondonico di dieci anni prima avrebbe potuto scaldare i cuori dei napoletani.

Il resto è storia dei giorni nostri. Fino al triste epilogo di stanotte. Mondonico è stato un protagonista del calcio italiano degli anni Ottanta e Novanta, quando anche le provinciali o squadre di seconda fascia – come il Torino – potevano ricoprire ruoli da protagonista. Incasellarlo soltanto come alfiere del calcio all’italiana non gli rende giustizia. Le sue squadre erano sempre difficili da affrontare, ma sapevano anche divertire.

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