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Io, piccolo interista, scoprii l’amore per il Napoli vedendo Taglialatela piangere con Cannavaro

Un bambino di undici anni si ritrovò a piangere per la retrocessione in Serie B del Napoli e capì che non era l’Inter la sua squadra

Io, piccolo interista, scoprii l’amore per il Napoli vedendo Taglialatela piangere con Cannavaro

11 aprile 1998 – Torre del Greco

C’era qualcosa di strano, una sensazione di assoluta mestizia che pervadeva l’aria primaverile ma piovviginosa di quel giorno. Era impossibile, per un ragazzino che non aveva ancora compiuto 12 anni, comprendere appieno cosa stesse accadendo.
Il silenzio irreale di quel pomeriggio imponeva al ragazzino di rispettarlo, come in un rituale religioso, adeguandosi senza porsi troppe domande. La tv della cucina sintonizzata come ogni domenica su Rai 2 per guardare “Quelli Che il Calcio” aveva il volume bassissimo, quasi azzerato, mentre era lì da solo. La Pay-per-View all’epoca era ancora un lusso per pochi, di certo non per il ragazzino, la cui passione sportiva pendeva dalle labbra di quella trasmissione.

La sua Inter, grazie a una doppietta del Fenomeno, stava conducendo per 2-1 all’Olimpico contro la Roma, agguantando 3 punti importantissimi in vista della sfida scudetto alla Juve che sarebbe avvenuta poche settimane dopo.

Diorkaeff e Bartoletti

Il ragazzino, come molti altri, legava il suo rapporto con il calcio in base agli idoli. E a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, era il talento e la fantasia di un funambolo francese ad averlo abbacinato. Tifava i nerazzurri grazie a Yuri Djorkaeff e ne andava fiero, anche con gli amici, nonostante attirasse gli inevitabili sfottò. Ormai mancavano pochi minuti alle 17 e al termine delle partite della 29esima giornata di Serie A. Fabio Fazio sta raccontando l’acceso duello al vertice.

D’improvviso Marino Bartoletti, opinionista sportivo di punta del programma, lo interrompe: “Scusa Fabio, è finita la partita a Parma. Il Parma ha battuto per 3-1 il Napoli e purtroppo, con questa sconfitta, i partenopei sono matematicamente retrocessi in serie B dopo 33 anni.”

Sullo schermo scorrono le immagini di un uomo in lacrime, disperato. E di un altro che lo abbraccia cercando di dargli consolazione. Lo abbraccia forte, sente quel dolore. Probabilmente lo avverte anche dentro di sé, con l’amarezza che stringe il cuore a entrambi. Il primo è Pino Taglialatela, portiere del Napoli, il secondo è Fabio Cannavaro, napoletano difensore del Parma.

“Arnaldo, perché stai piangendo?”

Il ragazzino non comprende, non può. Non sa cosa si prova, non ha idea di cosa stesse passando in quel momento un’intera città nel silenzio di chi si sente vergognare e fa di tutto per nascondersi. Resta attonito, immobile, ad osservare quella scena. Per un attimo ha la sensazione che il tempo sia fermo in quell’istante.

D’un tratto la porta della cucina si aprì. Il ragazzino girò lo sguardo verso il padre, che restò fermo sulla soglia e gli chiese:
“Arnaldo, perché stai piangendo?”

Il ragazzino ebbe un tremito, una scossa. Soltanto in quel preciso istante si accorse del calore sulle proprie guance e delle lacrime che stavano cadendo. “Perché?” – pensava il ragazzino – “Non è possibile. Cosa diavolo mi sta succedendo? Io tifo un’altra squadra. Cos’è questa tristezza?”

Si ritrovò a cercare in tutti i modi di mascherare quel turbine infinito di emozioni, soprattutto a se stesso. Ma non fu possibile. Quell’amarezza, divenne anche la sua. Quella tristezza lo investì senza frenare.
Fu allora che per la prima volta capì cos’era l’amore. Per la prima volta, capì realmente cos’è Il Napoli.

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