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La prima pagina di Tuttosport sui “romanisti perdenti” è puro post-giornalismo

Tuttosport incarna la forza della rivoluzione: scrive ciò che i suoi lettori vogliono leggere, esattamente quello. Tra confezione, contenuto e narrativa.

La prima pagina di Tuttosport sui “romanisti perdenti” è puro post-giornalismo

Giuseppe Povia

In redazione, commentando la prima pagina di Tuttosport sulla conversione di Szczesny, Pjanic e Benatia da “romanisti perdenti” a “juventini vincenti”, ci è venuto in mente Giuseppe Povia. No, non il cantautore che oggi scrive a casa sua e canta su Facebook canzoni sull’immigrazione, ma quello che una decina di anni fa vinse il Festival di Sanremo con Vorrei avere il becco. Ecco, quell’autore nella sua fase iniziale presentò nel 2009 un pezzo molto controverso: “Luca era gay”. Il testo trattava di una conversione similare per topos narrativi rispetto a quella di Tuttosport: condizione iniziale imposta dalle contingenze, fuga, conoscenza di un nuovo mondo. Per Povia il discorso era l’omosessualità, per il quotidiano torinese la questione è quella della mentalità vincente.

Leggiamo: «Una fuga per la vittoria. Pjanic e Benatia avevano lasciato la Roma rispettivamente nel 2016 e nel 2014 (il difensore era poi stato due stagioni al Bayern Monaco) senza aver mai vinto nulla in giallorosso e ritrovano il club capitolino – che ancora non s’è sbloccato in termini di trionfi – dall’alto di due nuovi trofei messi in bacheca: uno scudetto e una Coppa Italia».

Tutto questo perché «la mentalità vincente, che in casa Juventus va tramandandosi da decenni, è la vera chiave dei successi bianconeri: un filo conduttore che riesce a resistere ai vari avvicendamenti di presidenti, di allenatori, di giocatori (persino alle retrocessioni…).  Un modo di approcciarsi al calcio che, a quanto pare, i nuovi acquisti di livello fanno presto a percepire e fare proprio. Fino a che resisterà questo filo conduttore, sarà tutto più semplice per la Juventus».

Post-giornalismo

Ora, lasciamo un attimo da parte i discorsi contenutistici – potremo citare l’assoluta mancanza di oggettività dietro queste parole; il fatto che la locuzione “mentalità vincente” non riconduca a nulla di realistico o tangibile; che questo senso assoluto per la vittoria si è esaurito da un po’ fuori dall’Italia; che una testata registrata dovrebbe attenersi alla verità dei fatti e non farsi sostenitore di teorie narrative spacciate per verità assoluta, o almeno dovrebbe chiarire la differenza – e parliamo della confezione. Chi studia giornalismo e/o comunicazione sa che i giornali cartacei quotidiani hanno dovuto investire nella cosiddetta “settimanalizzazione”. Internet ha reso istantaneo il mondo delle notizie, quindi i giornali servono più che altro per rendicontare, approfondire e commentare.

Ecco, Tuttosport va oltre. È un geniale vettore di marketing, perché ha interpretato e interpreta il desiderio più recondito dei suoi lettori: leggere esattamente ciò che vogliono leggere. È post-giornalismo, è qualcosa che va oltre l’idea del racconto, del commento, dell’approfondimento. È qualcosa di diverso, probabilmente qualcosa di più, altrimenti non si spiegherebbero due cose: 1) come il giornale sia ancora in edicola e quindi sopravviva mentre altri quotidiani chiudono; 2) come sia a tutti gli effetti una testata nazionale, in vendita su tutto il territorio italiano, come sia considerata una voce che vada al di là di Torino, della Juventus, dei suoi tifosi.

Sdoganamento

C’è una nuova terminologia, c’è un nuovo tipo di narrazione. La Juventus vincente (anche prima di esserlo davvero, che poi magari lo sarà per davvero. Ma se poi non succede?) e la Roma perdente. Prima della partita, perché ci sono gli scudetti che parlano e allora va bene così. Per chi legge, per chi scrive. Tutto è sdoganato, senza remore.

Un altro caso perfetto di post-giornalismo made in Tuttosportqui è il racconto della stagione e dell’addio alla Juve di Dani Alves. Lo potete leggere , per capire che noi siamo davvero ammirati verso questa rivoluzione in corso. È comprensione e sfruttamento del proprio tempo. È il futuro che si avvera davanti ai nostri occhi, un nuovo modo di pensare al lavoro di giornalista. Al lettore, al suo senso critico – quindi solamente al mercato -, l’ardua sentenza sugli esiti di questa trasformazione. Come al solito.

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