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La Regione apre gli occhi sulla fake news Terra dei fuochi e cambia il regolamento dell’acqua

La Regione Campania reagisce ad anni di disinformazione e cambia il regolamento dell’acqua adeguandolo al resto d’Italia e ai principi guida del Ministero

La Regione apre gli occhi sulla fake news Terra dei fuochi e cambia il regolamento dell’acqua
Caivano, un campo coltivato a spinaci accanto a un terreno sequestrato

Dopo anni di disinformazione

Finalmente la Regione Campania ha fatto, sia pur con colpevole ritardo, quello che gli veniva chiesto da ben quattro anni: prendere il governo dell’informazione e contrastare la disinformazione sulla cosiddetta terra dei fuochi. Ci sono voluti lunghi quattro anni, danni di reputazione ingentissimi per tutta la regione ed un suo fondamentale comparto economico, milioni di euro spesi per andare dietro le ipotesi (rivelatesi false alla prova della scienza) di comitati, preti, giornalisti, funzionari di Corpi investigativi statali e personaggi vari in cerca di notorietà a buon mercato, per poter arrivare a certificare quanto da sempre il Napolista sostiene: “la terra dei fuochi è una fake news”.

Ma, come al solito, passano le notizie più mediaticamente impattanti, non passano quelle con un più concreto impatto sulla realtà.

La delibera sulle acque ci adegua al resto d’Italia

Non a caso ci riferiamo ad una notizia riportata da una rivista specialistica del settore agroalimentare, la rivista on line “Agronotizie”. (http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/12/07/campania-arriva-il-regolamento-per-valutare-le-acque-irrigue/56745?utm_source=notifiche&utm_medium=email&utm_campaign=notifica-azienda-5877&utm_content=kANArticolo-56745#.WildoUtfpqU.facebook)

La notizia è che la Regione Campania ha approvato il 5 dicembre 2017, con delibera di Giunta, il “Regolamento sull’utilizzo delle acque potabili ed irrigue”.

Più che i primi, siamo gli ultimi

Potrebbe sembrare, e in buona misura lo è, una notizia buona, ma già il fatto che, come dichiarato da Franco Alfieri, delegato del governatore De Luca all’agricoltura, “siamo la prima regione italiana ad essersi dotata di un regolamento in materia” dovrebbe far pensare. Raramente, anzi, forse mai, la Regione Campania ha dato prova di particolare avanguardia nella produzione legislativa. Ora, una volta tanto, “siamo i primi”. Ma chiediamoci, gli amministratori delle altre regioni italiane sono stupidi? Dovevamo arrivare noi a suggerire la soluzione?

Non è così, ovviamente. Nelle altre regioni mai nessuno ha messo in dubbio l’utilizzabilità delle acque superficiali o di falda ai fini irrigui per il solo superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione, cosa avvenuta, come Il Napolista ha più volte messo in risalto, solo qui in seguito alla vicenda terra dei fuochi.

Nel resto d’Italia, su parere dello stesso Istituto Superiore di Sanità, anche in mancanza di una apposita norma, da sempre le acque irrigue sono valutate in base alla normativa ora adottata ufficialmente dalla Regione Campania: il decreto ministeriale 2 maggio 2006 del ministero dell’Ambiente, che ricalca il precedente D.M. 185/2003, regolamento che definisce i parametri da rispettare per il riutilizzo delle acque reflue ai fini irrigui.

Le conseguenze sul sequestro dei terreni

Ovviamente, i parametri previsti per le sostanze naturali possono essere parametrati, come previsto nel Regolamento della Regione Campania, ai valori di fondo accertati.

Questo regolamento, oltre ad avere un impatto sulla semplificazione burocratica nella richiesta di autorizzazione per eventuali nuovi pozzi irrigui, ha un impatto a dir poco devastante su uno dei capitoli più bui della questione terra dei fuochi: quello dei sequestri dei pozzi irrigui da parte della magistratura. Con questo regolamento si blindano, finalmente, i pozzi irrigui da qualsivoglia ordinanza comunale o sequestro giudiziario che sia, provvedimenti ingiustificati, adottati solo in Campania che hanno non poco contribuito a generare l’allarme che ha coinvolto i prodotti agroalimentari campani.

Non è mai troppo tardi, si potrebbe dire, ma per qualche azienda agricola che ha dovuto chiudere i battenti a causa del sequestro, lo è.

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