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L’altra storia dei cavolfiori con le foglie gialle

L’altra storia dei cavolfiori con le foglie gialle

Il 13 novembre 2013, oltre due anni e mezzo fa, la Procura della Repubblica di Napoli emette un provvedimento di “sequestro preventivo” di tredici pozzi irrigui nel territorio del comune di Caivano.

L’attenzione sui terreni agricoli del comune di Caivano nasce un anno prima, a novembre 2012 quando, a seguito delle segnalazioni preoccupate di gruppi di “ambientalisti” locali, viene “segnalato” un campo di cavolfiori che presenta “anomalie nella vegetazione” (sic!), il famoso campo di cavolfiori con le foglie gialle la cui immagine è diventata una icona del “disastro ambientale” e del “biocidio” della cosiddetta “terra dei fuochi”.

In seguito al riscontro di questa “anomalia nella vegetazione” da parte di personale dell’ASL NA2 nord (non di un agronomo, ovviamente…), con nota del 24/01/13 il Settore Tutela Ambientale comunicava ai comproprietari il divieto di “raccolta e distribuzione sul mercato o di qualsiasi altro uso degli ortaggi presenti”.

Insomma, ragionando così, qualsiasi campo coltivato che presenti “anomalie nella vegetazione” dovuti ad attacchi parassitari, eccessi o carenze idriche, fisiopatie etc. potrebbe essere oggetto di sequestro!

Il 23 febbraio 2013, il Nucleo Investigativo di Polizia ambientale e Forestale del Comando Provinciale di Napoli C.F.S., poneva sotto sequestro il fondo agricolo. Successivamente (non PRIMA!!!) a seguito delle attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica di Napoli, lo stesso Corpo Forestale dello Stato avvalendosi del supporto dei tecnici dell’Arpac (ricordate i “minions” del processo Resit?) effettuava il prelievo di campioni di suolo e delle acque di falda del pozzo irriguo.

A seguito di queste analisi si riscontrava il superamento di non meglio definite Concentrazioni Soglia di Contaminazione.

Seguono ulteriori indagini (il famoso nuovo “sistema investigativo” del Cfs con l’ausilio di elicotteri e geomagnetometri) alla ricerca dei fantomatici “fusti tossici interrati dalla camorra”.

In alcuni punti, ed in particolare in una vecchia vasca di macerazione della canapa abbandonata da decenni, rinvengono dei rifiuti (ohibò!), in particolare sfabbrico, vecchi pneumatici e rifiuti vari. Vengono sequestrati pozzi e campi adiacenti.

Siamo a luglio 2013. A settembre, il 25 settembre, per la precisione, in uno di questi campi, battuti palmo a palmo con un geomagnetometro come quelli che utilizzano gli sminatori, vengono rinvenuti, in mezzo allo sfabbrico, 15 bidoncini vuoti di primer (usato in edilizia prima di stendere l’asfalto sui solai di copertura).

Sui giornali (Avvenire in primis, nel numero del 27 settembre) viene annunciato il ritrovamento di “60 fusti tossici” (http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/scoperti-a-caivano-decine-di-fusti-tossici.aspx).

I “minions” continuano la loro opera. Il 13 novembre, il “colpo grosso”, in una botta sequestrano 13 pozzi ed una quarantina di ettari di terreno (in tutto, saranno sequestrati 21 pozzi e circa 70 ettari di terreno!).

La motivazione? “perché avvelenavano le acque dei pozzi destinate all’irrigazione dei fondi agricoli con conseguente avvelenamento delle colture ivi effettuate destinate all’alimentazione umana”.

Tutto ciò sulla base di analisi fatte eseguire dagli stessi agricoltori da un laboratorio privato, analisi che mostravano superamenti di Concentrazioni Soglia di Contaminazione di alcuni elementi (manganese, fluoruri, solfati, arsenico, tetracloroetilene e triclorometano).

Comincia una battaglia legale di cui si è dato conto su questa testata (https://www.ilnapolista.it/2016/05/storia-terra-dei-fuochi/).

Personalmente, fui coinvolto proprio quel 12 novembre 2013: tra i terreni sequestrati c’era quello di un agricoltore associato ad una Organizzazione di Produttori che ho contribuito a creare.

Denunciai subito l’assurdità del provvedimento

http://video.sky.it/news/cronaca/terra_dei_fuochi_parla_il_tecnico_agronomo/v177899.vid

Ma sarebbe bastato anche solo utilizzare il comune buon senso in considerazione del fatto che i sequestri avvennero sulla base, addirittura, di valori inferiori a quelli previsti per le acque potabili o minerali, il che qualificava le acque, comunque, come non nocive e, di conseguenza, a maggior ragione, idonee all’utilizzo irriguo.

In realtà, l’acqua della prima falda della pianura campana, come tutte le acque di falda delle zone urbanizzate ed industrializzate, presenta delle criticità, a causa delle quali, in diversi punti, il suo stato chimico è definito “scarso”, il che ne pregiudica un utilizzo “pregiato”, vale a dire potabile. La qualità delle acque sotterranee, infatti, può essere influenzata sia dalla presenza di sostanze inquinanti, attribuibili principalmente ad attività antropiche attuali o pregresse, di tipo civile e industriale (es. tetracloroetilene e triclorometano), ed in questo caso lo stato è ”scarso”, sia da specie chimiche presenti naturalmente negli acquiferi (ad esempio, solfati, manganese, arsenico, fluoruri) derivanti da meccanismi idrochimici di scambio con la matrice solida in grado di modificarne significativamente la qualità.

Problematica cui abbiamo già dedicato un articolo(https://www.ilnapolista.it/2016/04/terra-dei-fuochi-silvestro-gallipoli/).

Il sottoscritto fu incaricato di redigere una relazione dall’avvocato del produttore agricolo che avrebbe presentato ricorso avverso il provvedimento di sequestro al GIP e, successivamente, al tribunale del riesame. Altrettanto fecero altri.

Tutti, dico TUTTI, facemmo presente le stesse cose (riporto stralci della mia relazione):

–        il superamento dei limiti della 152/06 indica solo una potenziale contaminazione;

–        nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati

–        si intende per Valore di Fondo (background level), VF, “la concentrazione di una sostanza o il valore di un indicatore in un corpo idrico sotterraneo corrispondente all’assenza di alterazioni antropogeniche, o alla presenza di alterazioni estremamente limitate, rispetto a condizioni inalterate”. I VF possono essere il risultato di vari fenomeni di origine geochimica, chimica e biologica che hanno luogo nella zona; anche la piovosità, eventuali interconnessioni tra acquiferi nonché lievi alterazioni antropogeniche possono influenzare tali valori;

–        la determinazione dei VF assume una rilevanza prioritaria al fine di non classificare le acque di scarsa qualità come in cattivo stato con conseguente attivazione di impossibili misure di ripristino.

Dopodiché passavo ad elencare i lavori scientifici che dimostravano INOPPUGNABILMENTE che i valori di fluoruri e manganese rilevati nel pozzo dell’agricoltore erano di origine naturale (“Modello idrogeologico del sito di interesse nazionale – SIN – Napoli orientale” della dott.ssa Daniela Ludovico; l’articolo scientifico autori Ducci D., Sellerino M. – Natural background levels for some ions in groundwater of the Campania region – 2012 – Environmental earth sciences; studio realizzato per conto del Comune di Caivano “Rapporto sullo stato dell’ambiente 2005”, realizzato con l’assistenza scientifica del CIRAM dell’Università di Napoli Federico II).

–        il parametro preso a riferimento (CSC ex Dlgs 152/06) anche a seguito dei reiterati superamenti dei limiti tabellari nelle indagini di caratterizzazione dei siti, andrebbe rivisto previa determinazione deivalori di fondo da parte degli Enti preposti come avvenuto, ad esempio, in Toscana ove l’ARPAT ha provveduto a definire i VF nel SIN di Grosseto nel documento: “Definizione dei Valori di Fondo per alcuni parametri nelle Acque Sotterranee nel Sito di Interesse Nazionale di Grosseto” in cui, per inciso, viene rilevato un fondo naturale di ben 1,1 mg/l, pari a 1.100,00 mg/l, dico millecento microgrammi/litro, (nel pozzo in questione erano stati rilevati 110 mg/l n.d.r.) senza che nessuno, in una zona prettamente agricola, e concorrente della regione Campania per le verdure invernali ed il pomodoro da industria estivo, abbia minimamente messo in dubbio l’idoneità dell’acqua all’utilizzo irriguo!;

concludevo:

–        i valori riscontrati dei parametri manganese e fluoruri, rientrano non solo nei valori di fondo naturale riscontrati negli studi citati, ma, addirittura, nei parametri previsti per la valutazione delle acque minerali e sorgive (DM 29 D29/12/2003) ad ulteriore conferma che trattasi di valori naturali e non nocivi;

–        l’analisi del rischio, ove effettuata, dovrebbe tener conto del bassissimo, se non nullo, rischio connesso all’utilizzo dell’acqua ai fini irrigui, acqua che, ribadiamo, con gli stessi parametri, potrebbe essere idonea all’utilizzo come acqua minerale;

“Pertanto, si conclude che, in base alla documentazione esaminata l’acqua in oggetto sia, in base ai parametri investigati, non nociva e, dunque, non presenti controindicazioni per un utilizzo irriguo.”

Il 21 novembre il GIP, “visto il parere contrario del P.M.”, “rilevato che la istanza si risolve in una rivalutazione del fumus, basata su una consulenza di parte (valgono solo le loro, evidentemente n.d.r.)” rigetta l’istanza.

Tutte le istanze presentate a GIP e Riesame hanno avuto il medesimo trattamento.

Solo il ricorso alla cassazione, come descritto dall’Avvocato de Scisciolo nel suo articolo, ha permesso il dissequestro di due dei 21 pozzi sequestrati. Gli altri, oggi mentre scrivo, sono tuttora sotto sequestro. Così come resta sotto sequestro (ed incolto) il campo dei “cavolfiori gialli” nonostante sia stato analizzato nell’ambito delle attività previste dal “decreto terra dei fuochi” e non vi siano state rilevate criticità.

Ma la cosa più incredibile è che, nel corso della battaglia legale, il 9 marzo 2016 (DUE ANNI E QUATTRO MESI DOPO I NOSTRI RICORSI) viene fuori una nota Arpac che riporta: ”sulla base di quanto prodotto dalla comunità scientifica (E VE NE ACCORGETE SOLO ORA? n.d.r.) e di quanto predisposto da ARPAC con nota prot. 45101 del 17/07/2015 (OTTO MESI PRIMA! n.d.r.), in relazione ai VALORI DI FONDO, le CSC sono tali da non prevedere la caratterizzazione e l’analisi di rischio sito specifica”.

La Commissione Ambiente della Regione Campania sta mettendo a punto un provvedimento per definire i Valori di Fondo senza avere a disposizione la nota Arpac che dovrebbe essere la proposta da validare.

Da parte mia, vi dico solo che nel pozzo dell’agricoltore erano stati rilevati valori di manganese e fluoruri pari, rispettivamente, a 110 mg/l e 3,14 mg/l. I valori di fondo naturale definiti da Arpac a luglio 2015 (quasi un anno fa) sono, rispettivamente, 835 mg /l per il manganese e 4 mg/l per i fluoruri!

Anche l’Arpac, dunque, oggi concluderebbe che “in base alla documentazione esaminata l’acqua in oggetto è, in base ai parametri investigati, non nociva e, dunque, non presenta controindicazioni per un utilizzo irriguo”.

Ma non lo ha fatto ed il pozzo, come gli altri 18, resta sotto sequestro.

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