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Svezia-Italia e la confusione totale di Giampiero Ventura

L’Italia non ha un carnet di risultati che giustifichino il mantenimento dello status quo: eppure Ventura andrà a Stoccolma senza cambiare nulla, o quasi.

Svezia-Italia e la confusione totale di Giampiero Ventura

Verso Stoccolma

Abbiamo letto i giornali, questa mattina. E abbiamo trovato un po’ di cose sulla Nazionale, com’è giusto che sia in vista della decisiva partita in Svezia. Per farla breve: si parla (ancora) di moduli di gioco da cambiare, di cambiamenti, di inclusioni ed esclusioni dettate dalla partita e dalla contingenza. Comunque, a Stoccolma sarà (dovrebbe essere) 3-5-2. Italia con Barzagli-Bonucci-Chiellini in difesa, Parolo-De Rossi-Verratti a centrocampo, Zaza-Immobile in attacco.

Insigne e Jorginho in panchina, ma non è questo a renderci perplessi. O meglio: non ci renderebbe perplessi se  la Nazionale seguisse un preciso progetto tattico, adattato alla gestione di una rappresentativa ma comunque coerente. Vedasi l’era-Conte: l’Italia ha dei buoni risultati, è giusto che Insigne sia convocato e che rappresenti un’alternativa al tronco dei titolari, per il sistema di riferimento. Ancora di più Jorginho, che è l’evoluzione della specie: il centromediano originario del Brasile non c’entra nulla con lo stile di gioco del ct, quindi niente convocazione. Ci sta bene.

Se però l’Italia prende a non funzionare, non vince e tantomeno esprime un buon calcio, a quel punto le scelte del ct diventano discutibili. Ventura, in pratica, esclude uno dei migliori calciatori italiani (Insigne) e uno dei centrocampisti più performanti della Serie A (Jorginho) in nome di un cambio modulo che si fonda su Barzagli-Bonucci-Chiellini. Ovvero, su un’idea tattica già sperimentata di recente, con esiti non soddisfacenti (1-1 con la Macedonia), riesumata dopo il fallimento contro Spagna e Israele e (soprattutto) anacronistica per concetti di fondo e uomini di riferimento.

Il senso del progetto

Insomma, dopo un anno di gestione Ventura non siamo molto lontani da Euro 2016. Con un anno in più sulle spalle dei senatori, con una mescolanza di idee che porta a pensare a Zaza titolare oltre 365 giorni dopo l’ultima convocazione. Nel senso: l’attaccante del Valencia ha meritato la chiamata, ha disegnato un inizio di stagione eccezionale. E inoltre Belotti non è in forma. Però, ci chiediamo: un calciatore che non ha mai giocato in questa nazionale può avere un impatto reale sul gioco, migliorare davvero la forza di questa squadra?

Ecco, questa è pura confusione, che fa presto a diventare improvvisazione. L’Italia si affiderà a un blocco arretrato super-collaudato, che però non viene più utilizzato per motivi tecnici (Bonucci al Milan, ovviamente) e per motivi di scelta tecnica (neanche lo stesso Allegri schiera più una difesa con tre uomini in linea). A dir la verità, la Juventus non utilizza più neanche Andrea Barzagli: 3 partite da titolare in campionato, altrettante in Champions (un pareggio, una vittoria e una sconfitta). La stessa convocazione di Jorginho sembra una forzatura, una scelta non coerente: il ct ha motivato questa decisione adducendo a un eventuale cambio modulo. Per carità, un’idea anche apprezzabile. Ma se calata in un sistema di concetti e significati reale, verificato, preparato. Quello che sembra mancare da sempre a questa gestione tecnica.

Oltre Insigne

Abbiamo chiarito più volte: non si tratta di Insigne o Jorginho o El Shaarawy in panchina (quello del romanista è un nome a caso, ma non troppo). Si tratta di una gestione che non ha un carnet di risultati tale da giustificare il mantenimento dello status quo. Si tratta di scelte che depotenziano i migliori talenti a disposizione. Ok, l’Italia non è la Spagna, e su questo ci siamo. Non ci illudiamo di poter competere per certi traguardi. Ma di certo si può fare di più e meglio, con Verratti messo nelle condizioni migliori, con Belotti o Immobile schierati nel loro ruolo “vero” – centravanti unico e moderno. Con Insigne in un sistema che lo esalti, noi non vorremmo mai nominare Lorenzo però poi ci accorgiamo che contro il Manchester City (questo Manchester City) ha dimostrato di essere un calciatore credibile a certi livelli.

Ecco, scendere fino a Jorginho sarebbe (quello sì) espressione di partigianeria. In mezzo, però, c’è una Nazionale potenzialmente fresca e competitiva (prima abbiamo parlato di El Shaarawy, ma si pensi a un centrocampo con Gagliardini, Pellegrini e Verratti, a una difesa pure a tre composta da Rugani, Bonucci e Romagnoli) che viene messa in un cassetto per privilegiare un gruppo storico che non ha mai vinto a livello internazionale, e che ormai da tempo non rappresenta più un riferimento. In certi casi, nemmeno per le proprie squadre di club.

Oltre la Juventus

La sensazione è che Ventura sia in confusione, che stia tirando sul passato perché non riesce a fare proprie e a sviluppare idee nuove. O quantomeno di rottura, coraggiose, vicine alle tendenze del calcio internazionale. Non è una questione di blocco-Juve, come magari veicolato spesso nell’opinione comune, quanto di una progettualità solo sbandierata e mai realmente attuata. Anche perché fare il gioco della Juve, andando oltre la superficie, significherebbe non schierare Barzagli. In questo modo, Allegri avrebbe un tornaconto probabilmente maggiore. Invece, toccherà stare in panchina (ancora) ad altri, a una nuova generazione che chiede e merita spazio.

Uno spazio che gli era stato promesso e che in realtà è stato solo ipotizzato. Che in realtà non è ancora mai esistito, mentre la Serie A schiera i giovani (Juve compresa, guardasi Rugani, Bentancur e Bernardeschi) e l’Italia si affida «all’esperienza». Ha detto anche questo, Ventura, al Mattino in edicola oggi. Non ci ha sorpreso nemmeno un po’.

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