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Koulibaly obelisco di Napoli

Pochi nascono campioni, tanti lo diventano, perché il talento è diamante grezzo, è il lavoro a farne un gioiello.

Koulibaly obelisco di Napoli
Kalidou Koulibaly Photo Matteo Ciambelli

Il poeta

Kalidou Koulibaly il totem azzurro, il pilastro, il baobab napoletano, il sentiero nella savana, il tramonto che abbraccia il sapor d’Africa sull’Atlantico e ci riporta alle parole del più grande poeta nato da quelle parti, Léopold Sédar Senghor. «Nella poesia africana l’immagine non è un’equazione ma un’analogia, un’immagine super-reale. Un oggetto non significa ciò che rappresenta, ma ciò che suggerisce,  o ciò che crea. Ogni idea è un’immagine, e l’immagine non è un’equazione, ma un simbolo, un ideogramma»

E Kaliduou ci suggerisce l’immagine della serenità, di quella che conquisti con il sangue agli occhi, con grinta, con fame. Ci vogliamo tutti far proteggere da lui, quando lo vediamo svettare o entrare in tackle come se fosse un leggiadro omino di un metro e venti. Francese di nascita, ha scelto il suo Senegal, si è preso Napoli, voluto da Benitez ma adottato da Sarri che lo ha reso quel che ora è: senza dubbio, tra i più forti centrali d’Europa.

Quando è in giornata

Quando è in giornata è spaventosamente inumano, a volte pecca di superficialità, di “cazzatagine” ma tutti affiderebbero a lui ogni bene da proteggere. Lui sta alla linea difensiva come un’aspirante modella a quella fisica, come un molesto operatore call center a quello dei nostri telefoni di casa. Buttafuori in area, prepotente sui corner, addomesticatore di simulatori cronici, antesignano del doppio passo difensivo, autentico armadio di ebano, di quelli pregiati, intagliati e ricamati col talento e con l’applicazione.

Pochi nascono campioni, tanti lo diventano, perché il talento è diamante grezzo, è il lavoro a farne un gioiello. Lui lo è, cenere plasmata ad immagine e somiglianza di un’idea calcistica rivoluzionaria e pratica, quella sarriana, quella del fraseggio a tutti i costi, del torello sulla sedici metri propria, e Kalidou si diverte con i suoi compagni di reparto, a far trottolare il pallone ad un tocco, due tocchi e via.

Un simbolo di questa avventura record

Il primo anno fu negativo, ma si intravedeva già il potenziale che oramai fa tutta la differenza del mondo in questa squadra che pur non esprimendosi al massimo porta a casa la pagnotta. Lui è, senza ombra di dubbio, un simbolo di questa avventura da record, divenuto ormai a tutti gli effetti il terzo obelisco più famoso della città, dopo quello di San Domenico e di Piazza del Gesù, obelisco di Re Kalidou, in piazza Maurizio Sarri, numero uno. Ha un valore di mercato alto, di quelli che farebbero girare la testa ai patron, ma è sinceramente affezionato al Napoli e alla città, ai rumori, ai sapori del cielo aperto sul mare, ai boati ad ogni suo perentorio intervento.

Koulibaly non è un’equazione ma un’analogia, un’immagine super-reale, ossia una concreta pietra a forma di calciatore, ma mobile e veloce come un un sassolino spinto dal vento. Ad inseguire i sogni, lui ci è nato, ed ora è mano nella mano, con il nostro.

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