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Il nuovo Allan giocatore essenziale (in campo e su Instagram)

Il processo di crescita del centrocampista del Napoli più sicuro nei propri mezzi e persino più pericoloso al tiro

Il nuovo Allan giocatore essenziale (in campo e su Instagram)
Allan

“Non guardare la palla”

“Non guardare la palla” è il titolo di un libro interessantissimo scritto da Ruud Gullit. Sfogliando le sue 324 pagine, si corre il rischio di incappare nella paura che il libro finisca, pagina dopo pagina. Questo libro – che consigliamo vivamente a tutti gli appassionati di calcio inteso come “movimento culturale” – fornisce un’indicazione preziosa per riuscire nel difficilissimo intento di guardare sempre meglio una partita. Nello specifico, e senza voler spoilerare nemmeno una virgola a chi non l’ha ancora letto, basta rifarsi al titolo del libro: “Non guardare la palla”.

Titolo che diventa un consiglio, oltre che una chiave di lettura. Un’indicazione preziosa, appunto. Il “non guardare il pallone” ci permette di osservare ogni dinamica di gioco in maniera oggettiva. “Non guardare il pallone” amplifica la nostra percezione, indipendentemente dagli interpreti in campo. Certo, risulta relativamente semplice osservare i movimenti di Dries Mertens, ora che gioca da gigante; così come è semplice descrivere la manovra a sinistra, quando il tutto si muove in funzione del taglio di Callejon, sul lato opposto.

Ma noi “non guardiamo la palla” e vogliamo complicarci il lavoro. Cerchiamo di sviscerare ogni particolare, per capire effettivamente perché una cosa accade. Sezioniamo la realtà che si manifesta sul campo, come fosse un corpo umano, per capire come funziona, cosa funziona e cosa – magari lo scopriamo – no.

La differenza tra tackle e take on

Tutto si fa molto più interessante se c’è da capire perché Allan è Allan. Oggi, così. Gullit, nel suo libro pubblicato nel gennaio scorso, si chiede poche semplici cose che mi, tra le altre cose, mi inducono a pensare a quanto Allan sia determinante nello sviluppo del gioco che sta caratterizzando una sorta di nuova rivoluzione tattica nel campionato italiano: perché un solo attaccante può essere più efficace di tre? Qual è il segreto profondo del tiki-taka?

Ma soprattutto, perché il miglior difensore è quello che non ha bisogno di ricorrere a un tackle? Ecco, è proprio su quest’ultimo quesito che vi invitiamo a focalizzare la vostra attenzione (“non guardare la palla”, appunto). Allan, rispetto allo stesso punto della scorsa stagione, ha modificato sostanzialmente il suo modo di affrontare l’avversario e la porzione di campo a sua disposizione, adattandosi perfettamente all’impostazione di Maurizio Sarri.

Questa raccolta di skills di Allan è stata pubblicata da un Canale vicino al Man City che analizza i profili che il club vorrebbe acquistare

Se all’undicesima della scorsa stagione erano 20 i tackle e 12 i take on, ad oggi sono 18 i primi e 18 i secondi. Il significato di questi dati sta nell’etimologia dei due termini: un tackle è sostanzialmente l’atto di affrontare il diretto avversario al fine di sottrargli il pallone, un take on è un tentativo di dribbling per superare un avversario. 20 tackle in undici giornate descrivono un giocatore predisposto al duello “a muso duro” (il 48% di questi fu vincente) mentre i 12 take on (55% di questi a buon fine) suggeriscono che Allan preferisce lo scarico del pallone piuttosto che provare la giocata per creare la superiorità numerica.

È cresciuta l’autostima

Il perfetto equilibrio tra i tackle e i take on, quest’anno, ci dicono inequivocabilmente che non solo Allan non ha perso la sua verve aggressiva nel recupero del pallone “dai piedi dell’avversario” ma ha aumentato notevolmente l’autostima nelle sue capacità di dribbling, indipendentemente da chi sia l’avversario di turno (il 67% dei take on provati è stato vincente). Interessante è anche il dato inerente i falli fatti/subiti: 11/13 lo scorso anno, 11/9 in questo campionato. È come se ad Allan non interessasse minimamente “prendere il fallo”, come si suol dire. Preferisce impostare la manovra e creare gioco, nel modo più rapido e pulito possibile.

Recap della stagione 2015/2016: non male

Lo scorso anno, sempre all’undicesima giornata, erano 345 i passaggi. Ad oggi, invece, sono 400. È migliorata anche la qualità dei passaggi: 87% l’accuracy dello scorso anno, 92% quella attuale. Ma non solo. È diminuita la lunghezza media dei passaggi – 16 metri la scorsa stagione, 15 metri in quella attuale –. Attualmente, nella speciale classifica dei calciatori più precisi nei passaggi – tra quelli ad aver giocato in tutte le undici partite –, Allan è primo assieme a Borja Valero. Dietro loro due, troviamo Marek Hamsik (91% di accuracy, per lui).

Tira meglio di Candreva

Inoltre Allan è più pericoloso di Candreva al tiro. Il 5 del Napoli non ha solo lavorato sodo sul modo di attaccare l’avversario e sull’esecuzione dei passaggi ma ha anche rivoluzionato le sue caratteristiche al tiro. La scorsa stagione, alla undicesima, erano 8 le sue conclusioni verso lo specchio della porta (2 da dentro l’area di rigore, 6 da fuori) con un’accuratezza del 40%. Insomma, lo ricordiamo bene, 6 volte su 10, il tiro finiva alle stelle. Quest’anno, la storia è completamente diversa: 11 tiri (3 da dentro l’area, 8 da fuori), con un’accuratezza del 71%. Come se fosse un altro giocatore. Da non crederci. Dicevamo di Candreva (giocatore molto più offensivo di Allan, che opera molto più vicino all’area avversaria: ebbene le sue stats ci dicono che i suoi 16 tiri – appena 5 in più di Allan – hanno un’accuratezza del 33%. Meglio che Spalletti non se ne accorga.

Recap di questa stagione: inserite questo video tra i preferiti di Youtube

Niente frivolezze, nemmeno su Instagram

Una crescita così evidente è difficile da osservare in un giocatore, soprattutto se è già inserito in un contesto di gioco rodato e assimilato. Si presume che i miglioramenti possano essere contenuti per chi, come Allan, sia un effettivo in una squadra non facilmente perfettibile – al momento – come è il Napoli. Invece, il 5 azzurro ci ha stupiti. Ha stupito certamente anche mister Sarri che di numeri si nutre quotidianamente, da decenni. È facile immaginare che sia stato proprio il tecnico toscano ad indicare alla sua mezzala cosa migliorare, su quale fondamentale lavorare sodo. Il gioco affascinante che ci ammalia, di volta in volta, non è figlio dell’improvvisazione, questo ci è già chiaro.

Allan con i nomi dei genitori tatuati sulla schiena

Quello che forse non riusciamo ancora a vedere è il meticoloso lavoro per perfezionare i dettagli, quelli che fanno spesso la differenza tra una sconfitta e un pareggio, tra un pareggio e una vittoria. Tra una vittoria acciuffata per il rotto della cuffia e una per manifesta superiorità sull’avversario. Ma non solo. È anche una questione di empatia tra persone, tra uomini. Sulla schiena, Allan ha tatuati il nome della madre e del padre e la quasi totalità del suo tempo libero è dedicata alla sua famiglia. È indicativo il posting della moglie che ne gestisce i canali social, soprattutto su Instagram: niente cose frivole, solo cose essenziali e importanti davvero. Che poi, è un come dire “non guardare la palla”. Guarda oltre.

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