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Roma-Napoli amarcord: il gol di Paolo Braca, il giocatore rispedito al mittente

Roma-Napoli, stagione 1966/67: gli azzurri sbancano l’Olimpico, ad aprire le marcature è un giovane arrivato da poco dal Giulianova, Paolo Braca.

Roma-Napoli amarcord: il gol di Paolo Braca, il giocatore rispedito al mittente
Da sinistra a destra: Paolo Braca, Romano Micelli, José Altafini

Da Giulianova

Forse il giallorosso era il suo colore preferito, chissà. Da indossatore di magliette a giustiziere di squadre avversarie, la carriera di Paolo Braca, che qualcuno chiamava anche ‘Paolino’ per la non eccelsa statura e per essere piuttosto gracilino, ha avuto una sola, importante, sfumatura cromatica, quella del giallo e del rosso. Con una bella punta di azzurro napoletano, aggiungiamo.

Iniziata la carriera nella squadra della sua città natale, col Giulianova in Serie D, la ‘speranzosa’ ala spiccò il volo verso il grande calcio proprio col Napoli nel campionato 1966/67, il team più ilare e spensierato che potesse calcare i prati verdi degli stadi, una squadra che si divertiva nella vita privata prima di allietare i napoletani al San Paolo. Un primato oggi fortemente minato dagli azzurri di Sarri. Che, in quanto a divertimento, non sono secondi a nessuno. Il piccoletto abruzzese si andò ad inserire nell’allegra combriccola di Pesaola, Sivori, Altafini, Bandoni e Nardin ma non trovò lo spazio necessario per imporsi e restare a lungo alle falde del Vesuvio.

Un buon inizio

Fu preso come ala sinistra di rincalzo ma in quel ruolo era ancora acerbo, come dimostrò il tempo galantuomo. Giocando in quella posizione non spiccò mai il volo perché davanti aveva Orlando, Altafini, Bean e Canè, gente che giocava sempre. Fece, comunque, un filotto di sei partite consecutive, dalla seconda alla settima di campionato, in cui il Napoli inanellò quattro vittorie e due pareggi. Uscì di squadra contro il Bologna quando Pesaola ripuntò tutto sul tandem Orlando-Altafini, in un triste novembre in cui Pascutti condannò il Napoli alla sconfitta.

Con la strabiliante e muscolosa potenza di Orlando, con la tecnica sopraffina di Altafini e con i guizzi di Canè, come poteva trovare spazio il piccolo ‘uccellino’ di Giulianova? Per lui solo 10 presenze a fine campionato ma un solo, importantissimo, gol proprio nella capitale contro la Roma. Fu lui il killer in quella partita dell’ottobre 1966. Fu lui a sbloccare il risultato, su splendida imbeccata di Juliano, con un bellissimo tiro all’incrocio che Pizzaballa vide solo partire.

Catanzaro

Fu poi il suo futuro a dirci la clamorosa verità. Braca, come dimostrò successivamente da ‘bandiera’ del Catanzaro, non era un’ala ma la classica mezzala di una volta, il ragionatore di centrocampo, con fosforo incluso, che tutte le squadre avevano in rosa per far girare il pallone. Con i calabresi iniziò una lunga storia d’amore che durò ben 10 anni, dal 1967 al 1977. Da idolo incontrastato, col Catanzaro arrivò la sua definitiva consacrazione; giocò da regista e ottenne due promozioni dalla B alla A, una volta col ‘mago’ Seghedoni ed un’altra con Gianni Di Marzio.

L’amore per il giallorosso di Calabria nasce quasi per caso, con lo zampino di un destino benigno. Infatti fu quantomeno singolare quello che accadde a Braca prima di andare a prendersi le chiavi del centrocampo di una squadra ‘miracolo’, vanto di una regione intera. Successe che il Napoli non riconfermò il giocatore per la stagione successiva e puntò sul più scavato Barison, con Bosdaves da rincalzo. Nell’estate del 1967 Braca passò alla SPAL, insieme alla meteora Alberto Reif (una sola presenza col Napoli in Coppa Italia), fortemente voluto dal presidente Paolo Mazza, a cui oggi è dedicato lo stadio di Ferrara.

Dopo due partite di campionato il dirigente spallino ritornò sui suoi passi e fece un’altra operazione col Napoli. Chiese ed ottenne Albertino Bigon e Gastone Bean a Gioacchino Lauro e restituì al mittente Paolo Braca. A questo punto il Napoli, pur di farlo giocare, lo girò al Catanzaro in Serie B. Da qui il giocatorino, che aveva trascorso un anno ad imparare alla corte di Sivori, diventò uno dei re di Catanzaro insieme a Palanca, Zuccheri, Silipo, Maldera, Ranieri, Spelta e Mammì.

Paradiso romano

Il sogno dell’ex promessa di Giulianova ha i colori ed i suoni dei putipù e dei triccaballacche dell’Olimpico. In una cornice indimenticabile di uno dei più bei derby del Sud, davanti ad una folla in larga parte azzurreggiante, con decine di pullman partiti dalla Ferrovia, con birra e pacchetto di Marlboro inclusi nel prezzo della trasferta, il Napoli diede una dimostrazione di gioco pratico ed elegante concretizzatosi proprio col gol di Braca al 6′ minuto e, sul finire, col diabolico pallonetto di Sivori che beffò il portiere giallorosso Pizzaballa. Classico punteggio, 2 a 0 e non si discute.

Era la terza vittoria consecutiva del campionato, altre ne dovevano arrivare ma, vuoi mettere, far gioire migliaia di napoletani in trasferta? Balli e canti mutuati dai dischi dell’epoca fino a sera, o’ ciucciariello salì in Paradiso. E lui, Paolino, quel gol in diagonale lo sogna ancora.

 

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