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Il nuovo Mertens compie un anno: domenica sono 200 partite con la maglia del Napoli

Da ottobre scorso, abbiamo scoperto un aspirante top player, un centravanti vero e decisivo. Il campo ha parlato, presentandoci un nuovo Mertens.

Il nuovo Mertens compie un anno: domenica sono 200 partite con la maglia del Napoli
Mertens / Foto Matteo Ciambelli

Before and after

Abbiamo parlato tanto di Dries Mertens, lo facciamo da un anno e praticamente non ci siamo mai fermati. Il problema è che il belga offre sempre argomenti nuovi, è una fonte inesauribile di spunti e discussioni e analisi. Quella di oggi prende spunto da un tweet di un giornalista belga, tale Kristof Terreur. Che non fa altro che mettere insieme due foto e un po’ di cifre. Solo che queste cifre sono talmente eloquenti da aprire un mondo.

La 200esima di Mertens con la maglia del Napoli è un evento che va celebrato, assolutamente. Però, immaginiamo un universo parallelo in cui Milik non subisce la rottura dei legamenti del ginocchio e allora Mertens resta sospeso nella nuvola soffice del suo status indecifrabile. Quello cucitogli addosso prima da Benitez e poi da Sarri, quindi non era una questione di tecnici. Era proprio lui che dava quest’impressione. Mertens, prima del fatidico 19/10/2017, era uno che entrava e risolveva la partita. Anzi, che faceva meglio giocando così piuttosto che iniziando dal primo minuto. Al di là della collocazione tattica, era questa la sua condizione.

Com’è andata

Poi, come dovrebbe sempre succedere nel calcio, è successa una cosa. È successa una cosa di campo. Milik, l’abbiamo detto sopra. Ma c’è anche la questione Gabbiadini, un errore del Napoli nella valutazione della sua consistenza come prima punta. Come tutte le squadre del mondo, il Napoli l’anno scorso era partito con due uomini (teoricamente, potenzialmente) in grado di giocare da prima punta. Milik e Gabbiadini, anzi Gabbiadini e Milik secondo le gerarchie iniziali. Solo che il ragazzo di Calcinate fatica, ci ricordiamo tutti l’infinito dibattito sulle colpe di Sarri, sulla mancanza di mordente del ragazzo, sulla fiducia e sul mercato.

Bene, a quel punto sappiamo com’è andata. Sappiamo com’è andata a finire. Sappiamo come sta andando. Ce l’ha spiegato il signor Kristof Terreur con un tweet. Ce lo ha raccontato Genova, ennesima perla di una collana che va allungandosi, e impreziosendosi. E, infine, ce l’ha spiegato Sarri nel postpartita di Marassi: «Il mio unico merito è quello di aver fatto giocare Mertens in quella posizione. Poi lui è un giocatore straordinario, è un attaccante vero. Il controllo di stasera è straordinario, mi ritengo fortunato a poter avere un fuoriclasse così. Anche dal punto di vista fisico è un ruolo perfetto per lui. È uno scattista, però ha bisogno di recuperare più volte durante la partita. Quindi, meglio da attaccante che da esterno».

Il campo ha parlato

Sopra abbiamo scritto: è successa una cosa di campo. È quello il punto, che possiamo dare per consolidato dopo un anno e otto giorni. Le prestazioni, il gioco e i numeri ci hanno detto che fino a un anno fa ci eravamo sbagliati, tutti. Mertens compreso, che però è quello che ha meno colpe – perché un calciatore non può decidere da solo dove farsi giocare. Mettendo insieme gli astri e le competenze, aggiungendo la forza di una squadra che funziona bene, Mertens è diventato un fuoriclasse. Ovvero, ha migliorato il suo status, trasformandosi da dodicesimo uomo in aspirante top player. Qualcuno dice appena sotto a Messi e Ronaldo, ma i paragoni a certi livelli sono inutili, oltreché stupidi.

La cosa di campo che è successa è quella che ha spiegato Sarri con il discorso sulla struttura fisica. È una situazione tattica che esula dallo stantio, ripetitivo, ormai anacronistico discorso sul Falso Nueve. Alfonso Fasano, qualche tempo fa, ha provato a scriverne su queste pagine. Ne riportiamo un passo, giusto per cercare di capire cosa e come è diventato Mertens:

Mertens, oggi, è un puro finalizzatore. Un calciatore alla ricerca del gol, al più dell’assist vincente. Un giocatore che galleggia, letteralmente, sulla linea della trequarti avversaria e si propone come ricevitore per un passaggio basso, interno o laterale, da trasformare poi in una giocata risolutiva (un assist, una conclusione).

Oggi e domani

Partendo da questi presupposti, il futuro è incognita e certezza, insieme. Nel senso che magari ora pensiamo che il campo ha parlato, ed è tutto finito, e Mertens è un grande centravanti e continuerà così. Potrebbe andare diversamente, per esempio potrebbe andare peggio. Ma anche meglio, perché il gioco continuerà ad evolversi e il Napoli continuerà a crescere intorno a questa nuova fisionomia. Attorno a questa nuova figura, concepita tra fortuna e laboratorio tattico. Attorno alla convinzione che le intuizioni e il lavoro possono portare decisamente lontano.

Un anno dopo, Mertens centravanti è una splendida scommessa vinta. Un azzardo che ha pagato, pieno e cavallo sul 14 rosso. Anzi, sul 14 azzurro. Sarà bello capire e scoprire dove questa evoluzione potrà portare, dopo la partita numero 200. È il discorso di prima, Mertens e il Napoli che sono cambiati insieme e possono ancora cambiare. Per il meglio, magari. Ancora più su. Sarebbe una storia fantastica, immaginiamo: “Il centravanti inventato e…”. Il resto mettetecelo voi, a piacere.

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