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Lega Serie A: tra il nuovo statuto e le perplessità sul quorum dell’assemblea

La Lega ha accettato la nuova governance di tipo manageriale, ma sopravvivono i rischi del commissario ad acta e il disaccordo dei club sul processo di voto in assemblea.

Lega Serie A: tra il nuovo statuto e le perplessità sul quorum dell’assemblea

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La Gazzetta dello Sport scrive dell’evoluzione in seno alla Lega Serie A, con la possibile nomina di un commissario ad acta. Il problema sta nell’approvazione, da parte dell’assemblea, del nuovo statuto. Che potrebbe, in qualche modo, riscrivere completamente il regolamento, tra l’altro attraverso idee e principi di una figura indipendente.

Anzi, secondo la Gazzetta è proprio questa l’arma a disposizione di Tavecchio per «convincere i club a votare una bozza “digeribile” da via Allegri». Prosegue la rosea: «La Lega all’unanimità aveva votato le linee guida che prevedevano una trasformazione manageriale, con presidente e a.d. autonomi e un consiglio di Lega a sette membri (di cui tre indipendenti) e più centrale rispetto all’assemblea. Ma i problemi sono sorti nella riscrittura dettagliata del testo».

Il problema principale riguarderebbe il quorum necessario per le elezioni. Al momento si utilizza il concetto di maggioranza qualificata, ovvero 14 voti necessari per le approvazioni delle istanze. Per uscire dall’impasse in cui la Lega è scivolata negli ultimi anni, il consiglio federale avrebbe voluto imporre la maggioranza semplice. Una scelta che, però, poteva comportare la minoranza dei grandi club in seno all’assemblea.

Secondo quanto riportato da Calcio&Finanza la nuova governance di tipo manageriale è stata approvata all’unanimità dalla Lega. Se resta però aperto il contenzioso sul quorum elettivo, c’è la speranza (come scritto anche dalla Gazzetta) che la Federcalcio possa concedere la deroga alla Lega. Che vuole mantenere la politica della maggioranza qualificata. In questo modo, scrive C&F, «se la maggioranza assoluta dovesse essere inserita nello statuto lascerebbe la Lega in ostaggio dei piccoli club (compresi quelli che in Serie A sono di passaggio), mettendo in minoranza le big. Che, anche grazie a bacini di tifosi considerevolmente più importanti, contribuiscono in misura maggiore all’economia del calcio italiano».

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