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L’oltraggio ad Anna Frank non è paragonabile ai cori sul Vesuvio

Il Napolista ha da sempre denunciato il razzismo nei confronti dei napoletani. Ma la critica alla disparità mediatica di trattamento è profondamente distante da noi

L’oltraggio ad Anna Frank non è paragonabile ai cori sul Vesuvio

Le reazioni

Ieri i principali mezzi di informazione italiani hanno dedicato l’apertura ad un fatto orribile: alcuni ultras della Lazio hanno fatto stampare e diffuso (e non per la prima volta) dei fotomontaggi che ritraggono Anna Frank con la maglietta della Roma.

La reazione indignata, tuttavia, non è stata l’unica.

A Napoli una parte dell’opinione pubblica si è sentita denigrata dalla levata di scudi da parte dei mass media, sottolineando che la stessa indignazione non viene mostrata ogni domenica di fronte ai cori razzisti nei confronti dei napoletani.

 

Per limitarmi ad alcuni dei commenti all’articolo del Napolista sul tema, mi è toccato leggere frasi come

“scusate, ma i campi di concentramento non li ha sofferto anche il nostro popolo? E il genocidio delle nostre genti vale meno di quello ebreo o palestinese?”

“a Fenestrelle e in altri luoghi li abbiamo patiti anche noi. Ma noi non annoveriamo tra le nostre fila potenti speculatori, capaci di orientare anche la sensibilità delle masse.”

“Qui ci si indigna per un atto compiuto da quattro gatti e non per le offese sistematiche e diffuse contro il popolo partenopeo, avallate anche dalle istituzioni che non muovono un dito per contrastare tale fenomeno. Perché ci si preoccupa tanto di non ferire la sensibilità degli ebrei, mentre si accusano i napoletani di vittimismo? Forse perché i primi annoverano tra le loro fila i più potenti speculatori del mondo?”

Un sentimento antisemita nemmeno troppo strisciante

C’è un sentimento antisemita, nemmeno troppo strisciante, che si unisce al più stereotipato dei vittimismi napoletani. Il mix è devastante.

Ora, diciamo che nel mondo in cui vorrei vivere non ci sarebbe bisogno di spiegare perché una reazione di questo tipo non sta né in cielo, né in terra. Ma purtroppo viviamo in quest’altro, di mondo, e allora procediamo a spiegare l’ovvio.

Innanzitutto, esiste una gradazione del male. Ce ne dovremmo rendere conto tutti i giorni, ma evidentemente siamo obnubilati. Un omicidio involontario è meno grave di uno volontario. Un pluriomicidio è meno grave di una strage. Al culmine di questa atroce scala del male c’è il genocidio. Tra i genocidi perpetrati nella storia dell’umanità, infine, per dimensioni, cinismo, pianificazione e modalità di esecuzione, l’olocausto è la vetta massima che il male abbia mai toccato.

Il simbolo del male assoluto

Per ricordarci del male assoluto abbiamo studiato, documentato, scritto dei libri, eretto monumenti, indetto giornate della memoria e scelto dei simboli.Anna Frank è uno di quei simboli. Rappresenta l’innocenza spezzata e calpestata di migliaia e migliaia di bambini, ci ha raccontato attraverso il suo diario chi era e ci ha fatto immaginare chi sarebbe potuta diventare, se i nazisti non glielo avessero impedito.

Profanare l’immagine di Anna Frank per insultare in modo razzista i romanisti, dunque, è un orrore ed è sacrosanto che i mass media e le istituzioni (del calcio innanzitutto) reagiscano all’orrore.

È l’unico orrore che si verifica negli stadi italiani? No, ma è il più grave.

La memoria dell’olocausto e l’antisemitismo meritano più rispetto del razzismo nei confronti dei napoletani e dei meridionali? Sì, senza dubbio. I due fenomeni sono oggettivamente imparagonabili.

Il Napolista da sempre in prima linea per denunciare il razzismo

Questo significa giustificare il razzismo che non sia antisemita? No, tutt’altro.

Il Napolista è sempre stato in prima linea nel denunciare episodi di razzismo e nello stigmatizzare il modo pessimo in cui il calcio italiano non reagisce di fronte a quanto si ascolta negli stadi di tutta Italia. Continueremo a provare schifo per chi invoca l’eruzione del Vesuvio, per chi ci chiama colerosi e per chi ci discrimina. Questo non ci impedisce, proprio in base al fatto che esiste una gradazione del male, di approvare l’indignazione per la foto di Anna Frank e di inorridire a nostra volta.
Speriamo, anzi, che questo episodio meschino serva a portare alla ribalta il problema delle curve italiane, luoghi dove prosperano gruppi che professano valori antisociali, si commettono atti illegali e si stringono legami con la criminalità organizzata (vedi caso Juventus-ndrangheta, di cui il Napolista ha parlato nel vuoto pneumatico generato dal silenzio). Accade anche nelle curve del San Paolo, ma a Napoli non lo si dice mai.
Di solito delle questioni di violenza e razzismo negli stadi ci si libera dicendo che si tratta di pseudo-tifosi e che il calcio non è quello. Io la penso diversamente. Il calcio è un fenomeno complesso di cui, insieme ai calciatori milionari, alle televisioni, allo star system, fanno parte a pieno titolo anche gli ultras che stampano l’immagine di Anna Frank con la maglietta della Roma.
Se non vogliamo che sia così, non possiamo limitarci a negare l’evidenza, dovremmo prendere provvedimenti. Ed è già molto tardi.
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