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«Lucio Dalla avrebbe riso degli insulti dei bolognesi ai napoletani»

L’edizione bolognese di Repubblica intervista Tobia Righi storico manager di Dalla: «Lucio avrebbe spiegato loro perché ai napoletani bisogna voler bene»

«Lucio Dalla avrebbe riso degli insulti dei bolognesi ai napoletani»

Ogni anni rinnova l’abbonamento per Lucio

Riportiamo l’intervista pubblicata ieri dall’edizione bolognese di Repubblica a Tobia Righi storico manager di Lucio Dalla. Abbiamo così appreso che ogni anno acquista l’abbonamento del Bologna per Lucio, se lo erano promessi quando lui era in vita. L’intervista è di Luca Baccolini.

Tobia Righi ha visto con Lucio Dalla abbastanza Bologna-Napoli da scordarsi sia il primo sia l’ultimo. Ma su una cosa lo storico collaboratore di Lucio non ha mai perso un colpo: ricordarsi di rinnovargli sempre l’abbonamento. Il quinto, dalla sua scomparsa, lo ha pagato per sicurezza a metà agosto, fila 8 posti 18 e 19 della Tribuna Platino. Nessuno sconto. L’abbonato è come se fosse in carne e ossa. Non è una commemorazione, ma una promessa che si fecero, giurando eterna fedeltà al seggiolino, nella vita e nella morte.

Righi, tra tutte le partite quella col Napoli assomiglia di più al derby di Lucio. Peccato non ci sia più tanta propensione a una sintesi di sentimenti tra le tifoserie.

«Capto una rivalità nuova, che mi fa sorridere perché avrebbe fatto sorridere anche Lucio. Quando vedevamo il Napoli, negli ultimi tempi, per loro non si parlava certo di Champions. Invece ora trattiamo gli azzurri come la Juve. Perché li temiamo».

Si ricorda i fischi a “Caruso”, trasmessa al Dall’Ara in memoria di Lucio. Alla curva l’idea non piacque molto.

«A Dalla sarebbe venuto da ridere anche in questo caso. E avrebbe spiegato coi suoi modi perché ai napoletani bisogna voler bene. Ne avrebbe convinto più di uno, secondo me. Ma mi son fatto un’idea precisa di tutti questi insulti che si sentono».

Ce la spieghi.

«Ho visto decine di partite col Napoli. Là han giocato Pivatelli, Mialich, Nielsen, Clerici, Savoldi. E mai il Vesuvio e la sua lava erano stati evocati. Solo da tre-quattro anni a questa parte. Il motivo è semplice: è una moda. Qualcuno ha sentito il coro a Verona, o a Torino con la Juventus e l’ha copiato pari pari. Il bolognese, preso singolarmente, non è così becero. Ma quando gli metti di fronte una squadra che vince sempre…».

Impotenza contro le grandi?

«Sul campo l’abbiamo dimostrata. Ma non scordiamoci che dieci-dodici anni fa il Napoli era messo peggio di noi. Poi hanno trovato De Laurentiis».

E noi Saputo.

«Sempre in gloria stia. Anche se non si fa vedere. I soldi mi sembra siano arrivati comunque. Magari spesi male, ma ci sono».

Ma il bolognese, che lei conosce così bene, non vorrebbe vedere un presidente in carne e ossa ogni tanto?

«Vado allo stadio dal 1945. Mi ricordo bene i presidenti che compravano le squadre per avere il nome sui giornali. Ora si può fare il presidente anche di nascosto o da lontano, curando il business sul territorio. Sempre che a Saputo questo stadio glielo lascino fare. Altrimenti non ho capito perché abbia preso il Bologna».

E lei allo stadio ci va volentieri anche senza Lucio?
«La nostra generazione ha ormai ottant’anni e passa. Vediamo giovanotti che anziché incitare la squadra tengono in mano il telefonino. Ne ho visti alcuni che guardavano la partita così, col campo lì davanti. Forse si va allo stadio per noia. Io di sicuro no. Soffro come sempre. Anche nel non poter telefonare a Lucio per dirgli cos’han fatto Bologna e Virtus».

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