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Le estati sanremesi di Pesaola. “Io, zio Bruno e quella telefonata di Maradona”

Pesaola riposa al cimitero di Sanremo, al fianco della sua Ornella. ll nipote ricorda le estati in Liguria e quella sera in cui suonò il telefono a casa

Le estati sanremesi di Pesaola. “Io, zio Bruno e quella telefonata di Maradona”

Una promessa d’amore

Era una promessa d’amore. E l’ha mantenuta. “Voglio stare con te anche nell’eternità” disse Ornella prima di spirare, nel 1986. E così è stato. Da due anni ormai riposano insieme, lì nel cimitero comunale di Valle Armea, sulla collina appena fuori Sanremo. Fosse stato per lui, Pesaola si sarebbe fatto seppellire a Napoli, non importa dove ma a Partenope, lì dove ha vissuto per la maggior parte della sua vita, parentesi calcistiche a parte. Vi arrivò da giocatore, poi, una volta smessi i panni di atleta, da giovanissimo mister, lasciò la Scafatese che allenava, per correre al capezzale di un Napoli “incasinato” e pieno di faide interne. Era il 1962.

Da quel momento ha capito che la sua panchina era quella che dava le spalle alla tribuna centrale del San Paolo. Ci ha fumato camion di sigarette, ha portato a spasso il suo cappotto di cammello negli anni belli e spensierati di Sivori e Altafini, ha sbraitato nel dopo Vinicio quando la squadra aveva alti e bassi, ha baciato la collanina col crocefisso prima che Ferrario tirasse i rigori e salvasse il Napoli dall’onta di una retrocessione all’inizio degli anni ’80.

Peppino Gagliardi

A Bologna è stato un mito, costringeva i giocatori in rossoblù ad ascoltare il “nostro” Peppino Gagliardi prima di entrare in campo, a Firenze ha vinto uno scudetto con una squadra fatta di giovani, i viola ye-yè, camicie coloratissime a fiori, jeans attillati e basettoni, ha svernato in Grecia e quando non gli potettero dare più il Napoli si accontentò di allenare il Campania. Pur di stare nella città che lo ha amato e che lui ha amato. Più della sua Argentina. Se in Italia ci fosse la mentalità che esiste in altri campionati, si veda l’Inghilterra, il Portogallo e diversi altri, dove fanno statue anche ai giocatori ancora in vita, a Napoli avrebbero dovuto fargli un monumento. Magari nelle vicinanze dello stadio. Chi più di lui?

Pesaola non ha mai baciato la maglia, queste sono cose del calcio moderno. Lui la maglia l’aveva scolpita sulla pelle di gaucho, non aveva bisogno di dichiarare amore verso niente e nessuno. Perché chi si ama veramente ha bisogno solo di guardarsi negli occhi. Le dichiarazioni, in special modo quelle odierne, lasciano il tempo che trovano.

Pesaola e Peppino Gagliardi

Il calcio di oggi chissà se gli piace

Bruno Pesaola, il “Petisso” per tutti, riposa in pace e guarda il nostro calcio da lassù. Il calcio di oggi, chissà se gli piace, chissà cosa avrebbe detto, con quella sua voce cantilenante e scanzonata, del mercato, dei prezzi che girano, delle tv che portano lontano gli spettatori dagli stadi, del ritiro estivo del Napoli, dei roghi che bruciano sul Vesuvio e della sua città, combattuta tra sindaci e governatori. Perché noi, anche con i suoi 92 anni di oggi, lo avremmo ascoltato in religioso silenzio, con l’anima predisposta a credere a una persona vera e sincera. Anche se avesse farfugliato qualcosa, accanto alla badante che lo accudiva, preso dagli acciacchi degli ultimi tempi che ne minarono la salute.

Il cimitero comunale di Sanremo, dove oggi Bruno giace accanto alla sua Ornella Olivieri nella cappella di famiglia, è il nuovo luogo di riposo dei defunti della città del Festival dopo che il vecchio e fatiscente “Monumentale” è stato chiuso per consentire l’intervento di rimozione delle parti in amianto che rivestono molte cappelle. Il cimitero, secondo solo a quello di Staglieno a Genova per importanza e imponenza, rappresentava un patrimonio storico-architettonico, di memoria collettiva per la Liguria tutta. Il cimitero di Valle Armea, invece, è proprio dietro le colline liguri, tra tanto verde. Nella foto Pesaola è in piedi, vicino alla sua panchina, al San Paolo, periodo salvezza del Napoli, 82-3. E non poteva essere altrimenti.

Pesaola col nipote Alessio Celona

A Sanremo prima dei ritiri estivi

Si racconta che il “Petisso”, prima dell’inizio di ogni ritiro estivo con le sue squadre, sia stato un habitué delle estati sanremesi, amava venirci e trascorrere il tempo lungo e lento delle vacanze e della bella stagione in compagnia della sua famiglia, con Ornella e il figlio Diego. La sua dimora era in Via Duca degli Abruzzi, era lì che Pesaola godeva del suo piacevole soggiorno in Liguria. Era lì che la famiglia della moglie passava a salutarlo e ad ascoltarlo confabulare davanti ad una bibita, ad un whisky e alle immancabili Muratti.

Oggi in città ci sono ancora alcuni dei suoi parenti e proprio con uno di essi ho iniziato a sentirmi dopo che Il Napolista ci ha messo casualmente in contatto. Alessio Celona è un organizzatore di eventi, ha contatti con tantissimi locali della zona a soprattutto è il figlio di Adriana, la sorella di Ornella, quindi  nipote di Pesaola. Con lui ho fatto una chiacchierata sulle estati sanremesi del “Petisso”.

Allora, Alessio, dove andavate al mare con zio Bruno?

Eravamo soliti frequentare la spiaggia dello “Giunchetto”, sulla splendida baia tra Bordighera e Ospedaletti, uno dei luoghi più belli della Riviera ligure di ponente. Un bel bagno, poi iniziavano le famose partite a carte. Con papà lo zio giocava a Belotta ma faceva anche delle interminabili partite di scopone scientifico. Partite che spesso non finivano a mare ma continuavano a casa nostra.

Raccontami un aneddoto curioso….

Beh, quello legato a Maradona è clamoroso. Era il 1986, eravamo a casa all’ora di cena, squilla il telefono. Rispondo io e dall’altro capo del telefono sento: “Sono Diego Armando Maradona, c’è Bruno?”. Rispondo “Eh, sì…” e attacco credendo ad uno scherzo. Un minuto dopo squilla di nuovo il telefono e stavolta, con una voce meno veloce di prima, risento “Guarda, sono Maradona, mi puoi passare Bruno Pesaola, per favore?”. Riconosco la voce, mi sento un cretino e passo la cornetta allo zio. Devo dirti che, nonostante appartenessero a due epoche diverse, c’era un bel rapporto tra i due. Ricordo che lo zio andò anche al suo matrimonio, una settimana in Argentina, tutta a carico del “Pibe de oro”…

A Sanremo Pesaola frequentava luoghi in particolare?

Come sai, lo zio era un nottambulo. Usciva di casa alle 23 perché poi avrebbe tirato tardi tutta la notte. Di solito veniva al ristorante che gestivo con la mia famiglia, “La Risacca”, proprio in Piazza Bresca, dove c’è la vita notturna sanremese. Il nostro locale era proprio accanto al “La Pignese”, un posto molto rinomato e frequentato dai vip. Zio Bruno andava via quando stavamo per chiudere, alle 4 di mattina. Insomma le stesse abitudini che aveva quando a Napoli andava alla “Sacrestia” o al “Sarago”.

Chi veniva a trovarlo solitamente?

Uno dei più assidui era Salvatore Carmando, i due avevano legato molto e quando erano insieme bastava guardarli per mettersi a ridere. Poi di giocatori ne sono passati a decine, chi era in vacanza qui sapeva che Bruno era in città e veniva per un saluto. Quando, però, scoccava l’ora del ritiro gli si illuminavano gli occhi, lasciava zia Ornella a godersi qualche altro giorno di mare e si tuffava nella sua attività di allenatore.

E tu a Napoli ci sei mai stato?

Certo, in circostanze diverse ma ci sono stato e capisco l’amore che lo zio aveva per la vostra città. Ci venivo spesso quando Bruno aveva la casa a Casamicciola, anche lì bagni e giocate di carte. Ischia è davvero bella. Purtroppo manco da Napoli dal giorno dei funerali, ero con Diego, e mi ha colpito molto la commozione che era palpabile nello splendido chiostro di S.Chiara.

Finisce qui la chiacchierata informale con Alessio Celona, nipote di sangue di Bruno Pesaola, uno zio speciale a cui ha voluto veramente bene.

Passano pochi minuti. Squilla il mio telefono. È Alessio. “Ho una foto al mare con lo zio, che faccio te la invio?”. “Certo, che aspetti?” rispondo io.

Forse anch’io un giorno andrò a Sanremo e su quella tomba voglio deporre un fiore. E dirgli là, quel ‘grazie’ che spesso gli dico quando vedo come si è ridotto il calcio oggi e per tutto quello che ci ha insegnato.

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