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Complimenti a Zidane, allenatore pragmatico che sceglie sempre la strada per vincere

Zidane è il contraltare assoluto di Guardiola: il catalano è l’innovazione tattica, Zizou è la gestione dei campione e dei momenti. Che vince.

Complimenti a Zidane, allenatore pragmatico che sceglie sempre la strada per vincere

Il lavoro di Zidane

Il Real Madrid ha vinto la Liga cinque anni dopo l’ultima volta. I nomi degli allenatori di stanza al Bernabeu in questo lustro dovrebbero servire a chiarire subito la forza del lavoro di Zidane. Mourinho, Ancelotti, Benitez. Un totale di sei Champions League vinte in carriera, tecnici che non sono riusciti a portare negli ultimi cinque anni il Real Madrid in cima alla Spagna. Mourinho, appunto, c’era riuscito nel 2012. Per poi andare a sbattere contro il muro della Champions. Quella Champions vinta da Ancelotti.

Ma pure Zidane ha vinto la Champions, lo scorso anno. Anzi, ha vinto tutte le competizioni che ha iniziato meno la Copa del Rey 2016/2017. È stato eliminato dal Celta Vigo, a gennaio. Nessuno si è strappato i capelli, o meglio: allora se li strapparono, ma oggi sorridono di gusto. Perché Zidane ha vinto la Liga 2017, la Champions, la Supercoppa Europea e il Mondiale per Club 2016. Ed ha tenuto una media punti superiore a tutti anche durante la Liga 2015/2016.

Zidane è bravo. Semplicemente. E il motivo l’abbiamo trovato/spiegato pure noi, nell’analisi tattica di Real Madrid-Napoli. Lo facemmo già nel titolo (“Il Real ha vinto perché è più forte. E perché ha giocato sui punti deboli del Napoli”). Lo facemmo nel testo, scrivendo così:

Zidane è stato bravissimo a preparare bene la partita, e i suoi giocatori sono stati altrettanto bravi a mettere in atto il suo piano di gioco, anche a risultato momentaneamente negativo. È la forza delle squadre più forti, che hanno grande qualità e sono pure organizzate. Non vincerebbero la Champions League, sennò.

Premia la squadra che ha saputo leggere meglio i momenti di gioco, sfruttare le qualità proprie e le problematiche dell’avversario. E che ha saputo pure giocare la partita su queste problematiche. Un atteggiamento di umiltà che definisce la grandezza di chi abbiamo affrontato, ma anche la dimensione riconosciuta del Napoli.

Vincere

Zidane interpreta il ruolo di allenatore in maniera diversa rispetto a come interpretava quello di calciatore. Una condizione particolare, soprattutto a livello psicologico. Se Zizou, in campo, era l’archetipo tecnico e mentale del trequartista, criterio estetico eventualmente indifferente alla funzionalità, Zidane in panchina è sostanza senza orpello. È lo sfruttamento di tutte le armi a disposizione per vincere.

Il bel gioco del Real, seppure esistente, è quasi sepolto sotto la sostanza della ricerca della vittoria. Nel senso: una squadra che vince la Liga e arriva per due volte consecutive in finale di Champions non può giocare male. È un discorso di organizzazione, non di bellezza. Il Napoli, per questioni di necessità derivante dalle caratteristiche, approccia al calcio secondo l’idea del risultato che arriverebbe solo attraverso una certa estetica del gioco. Fatte le dovute proporzioni, come il Barcellona di Guardiola o l’Olanda del 1974 o l’Ajax di Van Gaal.

Il Real, invece, arriva al risultato attraverso la forza della propria forza. La consapevolezza, per dirla senza fare ripetizioni poco musicali. I valori dei calciatori, inscatolati in un sistema semplice ma che allo stesso tempo sa esaltare le qualità del singolo. E, soprattutto, ha la capacità di trascinare ogni squadra nella partita che serve al Real. Dopo il vantaggio di Insigne, i ritmi si alzarono e il Napoli fu costretto sulla difensiva.

Dopo il 2-0 dell’Atletico nella semifinale di ritorno, il Real ha contenuto la foga dei Colchoneros e ha gestito il possesso palla. Certo, è una squadra che soffre. Che può soffrire. Contro il Bayern, contro Simeone. Ma ha il talento per uscire sempre indenne. Il talento dei piedi, il talento della testa. Merito delle certezze quasi asettiche di Zidane. Della sua capacità di saper pure leggere l’avversario, quindi il modo migliore per affrontarlo. Vi aspettavate potesse diventare un allenatore così?

Com’è Zidane

Zidane tecnico, e pure vincente, è una storia di calcio moderno. Diversa da Sarri, per intenderci. Diversa da Allegri o da Mourinho. Carriere, piccole o grandi, costruite dal basso o dal medio livello. Doti mostrate e svelate piano piano. Zidane è il contraltare assoluto di Guardiola. Stessa formazione, concezione del gioco completamente diversa. Una carriera fantastica in campo, da leader tecnico riconosciuto. L’ingresso nello staff tecnico, la rivelazione del talento. E poi l’esplosione, partendo dalla seconda squadra.

Solo che da una parte c’è la sperimentazione tattica, il feticismo dell’innovazione (Guardiola); dall’altra c’è la gestione attraverso il carisma, un approccio tatticamente rilassato e monto mentale, di comprensione mista a fermezza. Non ci sarà niente di tatticamente indimenticabile, forse, nella carriera di Zidane come allenatore. Ma intanto ci sono già una Champions (più una finale), una Liga e altri trofei laterali. Per alcuni potrebbe bastare già così. Zidane allena da un anno e mezzo. È bravo. Semplicemente.

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