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De Laurentiis si è liberato del Novecento, se lo facesse anche Napoli

La manageriale Juventus è inciampata negli ultras (categoria novecentesca). De Laurentiis li ha ignorati, è contemporaneo. Così come dovrebbe essere la città

De Laurentiis si è liberato del Novecento, se lo facesse anche Napoli
Aurelio De Laurentiis (Ciambelli)

Loro, con i record, lo stadio, il logo

La gestione della sicurezza della doppia Napoli-Juventus come se fosse un G8 e l’indagine sui (presunti) rapporti illeciti della società bianconera con i suoi ultras sono le facce della stessa medaglia.
La Juventus dei record, che vince con le grandi e le piccole, che ha travolto il Barcellona di Messi, che ha il suo stadio modernissimo e redditizio. Quella che tutti definiscono l’unica società italiana con uno standing internazionale (e per molti aspetti lo è). Attenta ai minimi dettagli, incluso l’aggiornamento del proprio logo/stemma storico con uno fighetto più adatto ai social e ai giovani hipster di tendenza (ma avranno i loro validi motivi per farlo e quindi questo sfottò è anche rispettoso della strategia che guida queste scelte).

La “mentalità europea”

Beh, questi campionissimi che curano anche l’esultanza dei loro giocatori dopo i gol e a fine partita con coreografie da playstation (e anche qui bravi loro) si comportano con il tifo organizzato come se nulla fosse accaduto nel calcio negli ultimi vent’anni. Dei manager così in gamba da ricostruire in tempi record una società sportiva finita in serie B dandole la famosa “mentalità europea”, si calano le braghe con gli stessi capi ultras che ricattavano le società sportive nel secolo scorso (si, era il secolo scorso), quando lo stadio era la fonte di entrate principale e bisognava tenersi buoni i tifosi.

Il tifoso è solo quello dello stadio?

Un’epoca nella quale “il Tifoso” era fondamentalmente quello che andava allo stadio e si faceva le trasferte, perché non c’erano molte  possibilità di vedersi partite in televisione. Ma oggi, anzi da diversi anni ormai con una crescita esponenziale, l’offerta di calcio in tv è quasi quotidiana. Tanto è vero che i calendari si spalmano quasi su tutta la settimana per un semplice motivo: massimizzare i ricavi dai diritti (anche su cellulari, tablet e compagnia bella).
Perché? Perché i soldi veri è da lì che arrivano.
E quindi? Quindi bisognerebbe abbandonare questa categoria novecentesca dell’eroico tifoso da trasferta, sostituendolo con il papà che si abbona a Sky o Premium e si gode la partita sul suo divano con i figli, con i ragazzi che vanno a vedersela al pub e in pizzeria o con quelli con l’arteteca che preferiscono lo streaming sull’iphone. Sono questi “i Tifosi” oggi che fanno girare i soldi veri. Ed è principalmente a questi che le società dovrebbero essere attenti.

Le logiche preistoriche

Ma la Juventus (con la stragrande maggioranza delle società di calcio italiane, va detto) preferisce prostrarsi a logiche preistoriche, benedicendo i propri giocatori e tecnico a dar confidenza a questi tifosi con i gradi di nobiltà, ai quali si concede tutto il possibile. Per tenerseli buoni.

Cosa ha fatto De Laurentiis

E, invece, che cosa ha fatto sin dal primo giorno Aurelissimo De Laurentiis che, ricordiamo, ha preso una società fallita dal tribunale ed avrebbe sicuramente avuto convenienza a stringere accordi con gli ultras? Ha deciso di ignorarli, non riconoscendoli come interlocutori istituzionali, rappresentanti di categoria. Se ne è letteralmente fottuto. Così come ha fatto con tutti i giornalisti sportivi (o pseudo tali) di carta stampata tv e radio varie (che infatti lo odiano).
E cosa è successo? Niente. I giocatori del Napoli non sono più andati ospiti nei programmi sulle emittenti private più o vicine agli ultras, né a feste, inaugurazioni, etc etc. perché sono dipendenti della SSC Napoli e non possono più andare in giro a regalare la propria immagine. Inoltre non ha più dato corsie preferenziali per assicurarsi pacchi di biglietti con i quali fare business e così gli ha tolto l’acqua, il “potere”. Trasformandoli, in sintesi, in una minoranza autoreferenziale.

Il tifo organizzato lo contesta

Certo, quel che resta del tifo organizzato lo odia e lo contesta (basti pensare al comico striscione pro Ferlaino esposto in curva col Real Madrid non appena Sergio Ramos ha infilato la seconda capocciata), ma lui ha avuto l’incoscienza del neofita di tagliare questo nodo gordiano senza stare a farsi troppe pippe mentali.

Ed ha avuto ragione al 101%. Così si fa e dovrebbero fare tutti. E quando in questi giorni la Juventus è arrivata a Napoli, si è finalmente potuto vedere il re nudo: gli juventini non se li è filati nessuno. Sono passati i tempi di quelli che mettevano le bombe sotto casa di Ferlaino.

Domenica ci sono stati “solo” tifosi che da casa loro o dagli spalti del San Paolo hanno riempito Higuain di fischi e pernacchie per 90 minuti. In piena libertà ed autonomia di pensiero. Tifosi che magari allo stadio ci vanno 2-3 volte all’anno e per il resto si stravaccano sul loro amato divano. Questi non hanno la fede? E chi l’ha detto? Sono meno tifosi di quelli con l’abbonamento in curva? Ma fatemi il piacere.

I rami secchi dei luoghi comuni

Stiamo finalmente sfrondando i rami secchi dei luoghi comuni che ci portiamo sul groppone da troppo tempo e che hanno fatto da ammortizzatore sociale ed intellettuale per troppe persone che ancora campano spiegandoci come sono i napoletani. Anzi, “il popolo napoletano”: questa è una di quelle espressioni che mi fa uscire pazzo, quasi come “intellettuale” e “borghese”. Continuare ad adoperarle nel 2017 vuol dire essere fortemente rincoglioniti o gravemente in malafede.

Massimiliano Virgilio mesi fa scrisse per il Corriere del Mezzogiorno la sua riflessione sul fatto che Napoli oggi dovrebbe essere analizzata con criteri nuovi, contemporanei invece che con quelli che da Matilde Serao in avanti hanno riempito tonnellate di carte e convegni: il ruolo della borghesia cittadina, la Napoli delle periferie e quella di Posillipo, gli operai e gli avvocati,… la zeppola fritta e quella al forno. Era un pezzo formidabile che spazzava via in un colpo solo tutta questa anticaglia retorica da troppo tempo usata come collutorio per sciacquarsi la bocca su editoriali e in tavole rotonde. La cosa divertente è che tutti gli altri intellettuali (mi è scappato, chiedo scusa) chiamati a dire la loro sull’analisi della città avevano scritto esattamente le cose asfaltate dal pezzo di Massimiliano Virgilio che è rimasto – inutile dirlo – voce isolata in quel dibattito. Ecco, spero che il Napolista invece lo riprenda e ne faccia un manifesto al quale dovremmo tutti giurare lealtà. Con tanti cari saluti al popolo e agli intellettuali napoletani.

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