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Mbappé e Jardim, due storie e la grande bellezza del Monaco

Due facce del Monaco, benchmark di gestione sportiva ed economica: il 18enne che infrange tutti i record, il tecnico prima difensivista e oggi solo d’attacco.

Mbappé e Jardim, due storie e la grande bellezza del Monaco

Recordbreaker

Kylian Mbappé ha 18 anni, è un calciatore del Monaco col destino scritto da top player e oggi ha un articolo sul Telegraph che parla solo di lui. Lo definiscono «il giovane che infrange record su record». Non hanno tutti i torti. Mbappé è il sesto calciatore ad aver realizzato almeno un gol nelle sue prime quattro partite in Champions League. L’ultimo ad esserci riuscito è stato Diego Costa. A 26 anni compiuti. Mbappé festeggerà a dicembre 2017 il 19esimo compleanno.

Parliamo di un fenomeno assoluto, dal punto di vista tecnico e (già) narrativo. La somiglianza con Henry, con la sua storia e le sue doti, aiuta sicuramente a definire i contorni di una storia fantastica. E del grande lavoro del Monaco, che ha iniziato a inserirlo l’anno scorso per poi ultimare il lancio in grande stile in questa stagione da favola. Esterno di fantasia o seconda punta, a seconda delle necessità e dell’interpretazione dell’allenatore. Jardin, oggi, lo vede accanto a Radamel Falcao. Attaccante di movimento, uomo di raccordo su tutto il fronte offensivo con la batteria di esterni del Monaco. Bernardo Silva, Lemar, Mendy, Sidibé (o Touré). Tutti giovani, tutti fortissimi.

Ma la stella polare è lui, il recordbreaker. Che mette insieme 40 gol realizzati in 39 partite iniziate da titolare in coppia con Falcao. Che ha già esordito nella Nazionale di Deschamps, senza passare nemmeno per la France Espoirs, il modo suggestivo e romantico che utilizzano oltralpe per definire l’Under 21. Era in campo nel 4-0 che l’Under 19 ha rifilato all’Italia nella finale dell’Europeo di categoria. Luglio 2016. Ora è titolare inamovibile di una squadra che giocherà con pieno merito la semifinale di Champions League.

Una volta era un difensivista

Il secondo grande centro di merito del Monaco siede in panchina. Leonardo Jardim, 42enne portoghese. Portoghese e giramondo. Una carriera strana, passata a doversi stracciare da dosso le etichette. E con un buon risultato, verrebbe da dire. Arriva al Monaco dopo l’esonero di Ranieri, anno 2014. Ultimo domicilio: Sporting Lisbona, però prima un anno all’Olympiakos. E, udite udite, sbarca nel Principato con le credenziali dell’allenatore difensivista. Se non proprio speculatore, quantomeno equilibrato ed equilibrista. Realista, si dice e si scrive. È così che porta il Monaco fino ai quarti di finale, sarà eliminato dalla Juventus dopo due partite con un solo gol.

Oggi è tutta un’altra storia. Il Monaco gioca il calcio più offensivo d’Europa, ha segnato 90 gol in 32 partite di Ligue 1; 28 gol in 12 partite di Champions League; altri 23 tra Coupe de Ligue e Coupe de France. È stato lui stesso, in molte conferenze stampa, a chiarire che il suo Monaco segue e seguirà la strada dello spettacolo. Senza indugi, senza ripensamenti. Lo capisci dal modulo: quattro difensori con i terzini sempre pronti a spingere; due mediani davanti la difesa; i quattro uomini offensivi, Falcao-Mbappé (con Germain prima alternativa) e due esterni a scelta in una gamma piena di grandissimi talenti.

Il resto del lavoro è nel lancio dei giovani, nello sviluppo del talento. Il Monaco ha un’età media complessiva di 25,3 anni. Più di un punto percentuale sotto quella del Napoli, tanto per intenderci. Ha una politica di reclutamento mix: da una parte i giovani acquistati da altri club francesi (Lemar, Sidibé, Bakayoko), dall’altra i talenti cresciuti in casa (Mbappé, ovviamente, ma anche Touré). Più i residui dei primi grandi investimenti della gestione Rybolovlev: Moutinho e Falcao, più Bernardo Silva. Che però appartiene già alla seconda ondata, dopo la cessione di James Rodriguez che ha segnato il “ravvedimento” del club a una politica di mercato più realistica.

Agitare, far esplodere

Il Monaco è un cocktail di grandi storie, grandi intuizioni, grandi talenti. Tutto tenuto insieme da una gestione tipicamente europea, prima basata su grandi investimenti che non hanno portato risultati tangibili, poi ripiegatasi sul player trading.  I 160 milioni investiti nella campagna trasferimenti del 2013 – gli acquisti di Falcao, Moutinho e James Rodríguez – sono diventati 186 totali tra il 2014 e il 2016. In questi due anni, il Monaco ha incassato 271 milioni di euro per la cessione dei suoi calciatori. Ed ha nettamente migliorato i suoi risultati.

Ora come ora, con il primo posto in campionato e l’incredibile traguardo delle semifinali di Champions – raggiunte, tra l’altro, dopo aver eliminato squadre più rodate come Man City e Borussia Dortmund – fanno del club monegasco un vero e proprio benchmark di gestione sportiva. Che coniuga talento, estetica del gioco, risultati economici e rendimento in campo. Vedremo se a fine anno riuscirà a incasellare anche uno dei trofei per cui è ancora in corsa. Ha già perso la prima finale stagionale (Coppa di Lega, 1-4 contro il Psg), ma la strada è ancora lunga. E le occasioni sono tante, per un’esplosione che sia immortalata anche con una meritata incisione in un albo d’oro.

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