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Napoli-Real e il “secondary ticketing”: cos’è, come funziona e com’è possibile

Analisi su uno dei temi più caldi rispetto a Napoli-Real Madrid. In Italia, il problema è marginale fino a eventi di questo tipo. E non è colpa dei club.

Napoli-Real e il “secondary ticketing”: cos’è, come funziona e com’è possibile

Ne parlano tutti

A 24 ore dalle resse fuori le ricevitorie per Napoli-Real Madrid, uno degli argomenti più gettonati è il secondary ticketing. Ovvero, il fenomeno per cui i biglietti di Tribuna (Nisida, Family e Posillipo) per Napoli-Real Madrid, così come quelli di curve e distinti, sono stati e sono in vendita su circuiti paralleli a quello ufficiale di Listicket. Viagogo e Ticketbis, per esempio. Ne abbiamo già parlato ieri (qui), in un pezzo che teneva a sottolineare l’ineluttabilità della cosa. E che, in qualche modo “scagionava” il Napoli da quella che era l’unica colpa di cui il club partenopeo non si è reso protagonista in questa settimana di passione. E di disorganizzazione.

Ne hanno scritto, oggi, anche Calcionapoli24 e Calcio&Finanza. Si parla del Napoli che farà in modo da condannare tutti i cambi nominativo (in Italia avremmo il biglietto personale e non cedibile), oppure del nemico sconosciuto all’Italia che non riempie gli stadi. Insomma, una novità che in realtà non è una novità. Che ci ha fatto sempre compagnia, solo che non ce n’eravamo mai accorti. L’abbiamo scritto in qualche modo anche noi, ieri. Mostrandovi gli screenshot di Ticketbis per Napoli-Sampdoria dell’8 gennaio.

Come funzionano questi siti/circuiti

Il fenomeno è internazionale. Anzi, mondiale. E, soprattutto, interdisciplinare. Coinvolge tutti i settori dello spettacolo e tutte le discipline sportive. Il basket Nba, i concerti, la Champions League. Nulla è escluso dalla rete del secondary ticketing. Che fa rabbia, e non potrebbe essere altrimenti: dopo pochi minuti dall’apertura della vendita delle Tribune, il 29 dicembre, i ticket erano già spariti. Salvo ricomparire sul web a prezzi pure decuplicati.

In Italia, uno dei primi casi più pesanti, in questo senso, è stato quello dei Coldplay. Per il calcio, lo schema di funzionamento è esattamente lo stesso. Agenzie con software predisposti attendono l’apertura della vendita online, concludono automaticamente l’acquisto sopravanzando anche i controlli captcha e i biglietti sono rapidamente su siti internet dedicati a prezzi gonfiati.

Nel caso del Napoli, la vendita online non era ancora iniziata. Eppure, alcuni biglietti erano già in bella mostra su Viagogo e Ticketbis. Difficile pensare a una vendita fisica del titolo o a un passaggio sottobanco del club (anche perché, come abbiamo scritto ieri, su questi siti si trovano biglietti per partite la cui vendita non è ancora stata aperta dai club, come Juve-Porto o la stessa gara di andata del Bernabeu), più probabile immaginare una connivenza con alcuni utenti. Che poi, in realtà, sono strutture predisposte secondo la logica vera e propria, originaria e legale, del secondary ticketing.

Vuoto normativo

Questo gruppo di aziende, almeno in Italia, agisce in un vuoto normativo: non è illegale, quindi è consentita, l’intermediazione tra persone che decidono deliberatamente di mettere in vendita i titoli già acquistati. Di mezzo, una commissione sulla transazione avvenuta tra questi due utenti. Che, nel migliore dei casi, corrispondono a persone fisiche che hanno dei problemi a partecipare a un evento. In altri casi, fanno riferimento ad agenzie d’appoggio che acquistano i titoli in stock. Neanche agiscono illegalmente Di questi soggetti abbiamo già scritto sopra.

Altre inchieste

Repubblica ha dedicato un articolo a questo fenomeno nel marzo scorso. Leggiamo:

A confermare che la pratica è legale, è stata anche la Corte di Cassazione, che con la sentenza 10881 del 2008 ha spiegato come “chi acquista e poi rivende a proprio rischio non compie alcuna attività di intermediazione, neppure atipica”, almeno finché non viene dimostrata la provenienza illecita del bene.

In Inghilterra la rivendita dei biglietti per le partite di calcio è connessa al consenso delle società. In Italia tutto avviene al buio della Lega, in una terra di mezzo: non essendo vietato – secondo la dottrina massimalista del diritto – è quindi concesso. Speculazione, niente di più, dicono loro.

In Inghilterra, come spiegato da Calcio&Finanza, il problema è più concreto. La percentuale di riempimento degli stadi al 95% fa sì che le società siano almeno conniventi con questo tipo di pratiche: «Perchè rinunciare ad un margine superiore per un prodotto che sul mercato della domanda e dell’offerta (non ci interessa qui stabilire i confini della legalità ma solo la dinamica del prezzo) finisce per valere di più di quel che lo si fa pagare? […] Vi sono poi dei siti che riescono ad entrare in possesso di biglietti anche molte settimane prima del match. Ma come è possibile se i biglietti sono in vendita solo 4 settimane prima a livello ufficiale? Lo scorso anno mi è capitato di acquistarne un paio a 135 sterline l’uno su uno di questi siti a nome di due amici che volevano vedere Liverpool – Newcastle calendarizzata ad inizio aprile. Data dell’acquisto online: fine gennaio».

«Come è possibile che questo accada? E’ presto detto. Molti titolari di membership card (spesso abbonati di lungo corso della squadra) mettono a disposizione di questi siti le loro disponibilità in termini di acquisto dei biglietti (solitamente 4-6 a partita) ed i biglietti stessi vengono preventivamente messi in vendita online. Questo naturalmente non accade per tutti i tipi di squadre (per la Championship o le leghe minori è facile trovare i biglietti al botteghino il giorno della partita) ma soprattutto per quelle più gettonate».

Non è colpa dei club (in Italia)

Come abbiamo visto, il fenomeno è quindi più radicato lì dove ci sono grande richieste di partecipazione. Concerti, partite di cartello con stadi pieni. Il Napoli – esattamente come la Juventus, e come tutti gli altri club italiani – è innocente perché non connivente. O meglio, non volutamente connivente: semplicemente, non può fare nulla per evitare questo tipo di pratica. In Inghilterra, come abbiamo spiegato, è diverso. Ma è una differenza che nasce da un mercato che, a sua volta, è ancor più radicalizzato sulla logica della (altissima) domanda e dell’offerta).

Un po’ come spiegato, nel finale del pezzo di Repubblica, da Giulia Chiari, regional manager per l’Europa di Ticketbis: «Dovremmo aprirci al prezzo dinamico. È assurdo imporre un prezzo fisso a ogni evento. La soluzione è quella di piegare la legge della domanda e dell’offerta alle necessità dei potenziali acquirenti. Questo siamo noi, veicolo di un più moderno modo di intendere il mercato. Del resto, chi ha mai accusato Ryanair o altre società che praticano vendite online, di fare bagarinaggio di biglietti? Abbiamo un’idea paludata del mercato, in America il secondary ticketing è molto più utilizzato che da noi, molto più conosciuto. E molto più compreso».

Come detto prima, il Napoli non può fare granché. Se non controllare a tappeto il post, ovvero che si rispettino i principi del biglietto nominale. Che esiste solo in Italia, e permetterebbe un controllo reale sulla compravendita dei biglietti, senza passare per soggetti terzi. È quello che il club ha promesso, è quello che dovrebbe fare. Non c’è altro modo, non c’è altra via.

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