ilNapolista

Il funerale di Pietro Savastano alla Vela gialla: Gomorra è fiction, il degrado è reale

Si è affermata una narrazione tossica di Napoli, si procede per sterili contrapposizioni (Saviano versus de Magistris). La realtà più complessa, lo si capisce anche facendo la comparsa.

Il funerale di Pietro Savastano alla Vela gialla: Gomorra è fiction, il degrado è reale
Pietro Savastano poco prima di essere ucciso: il finale della seconda serie di “Gomorra”

Il cinema per Sergio Leone

Il grande Sergio Leone sosteneva che un film per essere un bel film dovesse avere un inizio, uno svolgimento e una fine, poi se riusciva anche a veicolare un messaggio positivo era tutto valore aggiunto.

Fedele all’insegnamento del Maestro, trovo stucchevole questa eredità del Novecento che porta molte persone a confondere verosimile con vero e le pone alla continua ricerca del Nemico anche nella visione di un film o di una fiction.

Chi è il nemico? Quello che non rientra nei propri canoni – spesso semplici – interpretativi della realtà.

Poi, per restare pienamente nel Novecento, il popolo della rete, ma non solo quello, ha bisogno di reiterare continuamente la dicotomia che è stata alla base di tutte le tragedie del secolo breve, quella amico/nemico e quindi, per il popolo non solo va individuato con chiarezza il nemico di turno, ma va anche contrapposto all’amico di turno svelando in questo modo un’altra sciagura del Novecento: la necessità di riconoscersi in un leader a cui si perdona acriticamente tutto e l’dea che una parte sia il tutto.

Queste insieme di sciagure poi si coniugano con una distorta visione della napoletanità che oscilla da un vittimismo acritico alla esaltazione, acritica anch’essa, dell’armonia del presente.

Tutto è un duello, de Magistris versus Saviano

Abbiamo quindi una serie di coppie: Luigi de Magistris versus Roberto Saviano, Maurizio de Giovanni ancora versus Roberto Saviano, I Bastardi di Pizzofalcone versus Gomorra la serie. A queste coppie si aggiungono poi, senza bisogno di versus, Aurelio De Laurentis il pappone e Matteo Renzi l’abusivo che rappresentano il male assoluto e i nemici principali del popolo, politico o sportivo senza che però nessuno del popolo si prenda la briga di misurare la propria reale rappresentatività.

Questa lunga premessa mi serve a introdurre meglio il ragionamento che volevo proporre ai miei 25 lettori i quali conoscono bene il mio impegno costante contro i luoghi comuni che circolano su Scampia, la mia lotta contro il degrado delle periferie attraverso la bellezza quale unica via d’uscita per superare i mali che affliggono la nostra amata città e il nostro quartiere.

I miei 25 lettori sanno anche che ho sempre difeso la mia autonomia di giudizio e ho – parafrasando un grande poeta – sempre marciato in direzione ostinata e contraria per cui quando mi hanno proposto di fare la comparsa in Gomorra la serie, da estimatore dei romanzi del ciclo de I bastardi di Pizzofalcone, ma anche dei Noir americani e latini, per contraddire i miei compagni benpensanti ho subito accettato con entusiasmo.

Abbiamo girato la scena del funerale di Pietro Savastano alla Vela gialla.

Sul set, la prima cosa che mi ha colpito è il fatto che una storia verosimile fosse ambientata in uno scenario reale di totale degrado. Il contesto – reale – della serie – inventata – rende il degrado dello scenario una realtà assolutamente possibile: guardi lo squallore che ti circonda e pensi che è un caso che Savastano è il personaggio di una fiction televisiva. Per dirla alla Sergio Leone, il prodotto è ben fatto e – creando un moto di indignazione per lo squallore della location – dà un messaggio positivo: la camorra si sconfigge con lo Stato, con le istituzioni che funzionano, offrendo una prospettiva di lavoro dignitoso e un ambiente a dimensione umana non un ambiente per topi.

Oltre agli attori, la scena del funerale ha visto l’impiego di 280 comparse, quasi tutte del quartiere, per cui la narrazione della camorra paradossalmente è una delle poche occasioni di lavoro, occasionale, parziale e, che dir si voglia, legale.

Potremmo discutere a lungo sulla differenza di contenuti tra Gomorra libro, Gomorra film e Gomorra la serie ma, al di là di ciò, io penso che su Gomorra la serie si scrivano numerose sciocchezze sempre per la mancata distinzione tra ciò che è verosimile e ciò che è vero.

La narrazione tossica della città

Oramai si è affermata una narrazione tossica della città attraverso cui si tenta di affermare una visione falsa, totalizzante e unilaterale della realtà, spesso non rendendosi conto che la realtà fattuale è composta invece da un insieme di parzialità che spesso sono anche in contrapposizione tra loro.

Quando Roberto Saviano afferma che Napoli è solo Gomorra e che in questi anni nulla è cambiato, falsifica la realtà allo stesso modo di quelli che affermano che Gomorra è una sua invenzione. Nella realtà quotidiana, Napoli è ancora anche Gomorra ma è anche l’Officina della legalità di Ciro Corona, la palestra di Gianni Maddaloni, un popolo in cammino e così via.

Così come anche quelli che affermano che la Napoli vera è quella de I bastardi di Pizzofalcone mentono sapendo di mentire. Quella è la Napoli verosimiile dei salotti bene dove per ragioni di bellezza scenica si sposta il palazzo dello Spagnuolo dalla Sanità a Monte di Dio.

Città europea e mediterranea

Anche quelli che affermano che, grazie a Luigi de Magistris, finalmente abbiamo recuperato l’armonia perduta, mentono sapendo di mentire; viceversa quelli che sostengono che con la sua gestione si è fatto qualche passo avanti rispetto al passato ma la strada del cambiamento è ancora lunga, affermano il vero.

La realtà, probabilmente, è che Napoli è una città unica, sfaccettata, dai mille colori, dove convivono contemporaneamente e simultaneamente l’ordine e il disordine, la legalità e la malavita, le eccellenze produttive e il lavoro nero, il degrado e la bellezza.

Napoli è l’unica città al contempo europea e mediterranea, una città dove nella stessa dimensione spazio/temporale convivono insieme l’inferno e il paradiso, la grande bellezza e il grande degrado.

Io li ho visti entrambi.

L’impatto della serie Gomorra sul territorio

Infine, se si analizza l’impatto sulla realtà territoriale di Gomorra la serie, emergono alcune riflessioni a mio avviso estremamente interessanti.

La produzione della serie ha realizzato alcuni interventi di bonifica territoriale e ha sostenuto finanziariamente la realizzazione di quattro corti realizzati da I figli del Bronx – realtà produttiva di Scampia che è cresciuta anche grazie alla serie – e trasmessi da Sky per testimoniare al pubblico televisivo l’altra faccia di Gomorra; l’uso di risorse umane e logistiche presenti sul territorio ha creato un ritorno di reddito, seppur piccolo, sul territorio stesso e, infine, l’uso che alcuni personaggi della fiction hanno fatto della loro notorietà per affermare messaggi di legalità. Si pensi solo all’impegno pubblico di Chanel e Genny Savastano a supporto di una serie di iniziative per la legalità e lo sviluppo.

Ritornando alla lezione sul cinema di Sergio Leone, possiamo affermare che Gomorra la serie ha passato l’esame, io mi sono divertito a fare la comparsa. Inoltre penso che più persone perbene affermiamo che Gomorra è una semplice fiction e che la realtà è un’altra cosa e più faremo il bene della città.

Poi, nel frattempo che i rivoluzionari presenti tra i miei 25 lettori faranno la rivoluzione, parafrasando la solitudine di un riformista di Federico Caffè, potremmo insieme impegnarci tutti per combattere il degrado delle Vele, degrado che non è una fiction ma la vita reale di un pezzo di questa città. Buona visione di Gomorra e de I bastardi di Pizzofalcone.

Le parole di Izzo

In conclusione, adoro i mafia movie e nonostante ciò non sono diventato un camorrista. Il mai abbastanza rimpianto Jean-Claude Izzo, autore della Trilogia di Marsiglia, a chi gli rimproverava un eccessivo pessimismo nelle sue storie affermava una cosa bellissima, che lui rappresentava la realtà così com’era e secondo lui quella realtà faceva schifo e nulla ci impediva di lottare per cambiare. Sul set di Gomorra ho capito anche che, una fiction è verosimile e può piacere o non piacere ma siamo sempre nell’ambito della critica cinematografica, invece, le Vele di Scampia fanno parte della realtà e fanno schifo.

Piuttosto che contrapporre serie televisiva a serie televisiva, dovremmo chiedere la rimozione di tanta bruttezza come il Comune si è impegnato a fare e continuare in tutti i quartieri degradati dove vivere nella legalità costa fatica, penso all’insieme delle periferie da Barra al Rione Traiano, passando per la ex Stalingrado di Napoli, San Giovanni a Teduccio.

Sono convinto che se riuscissimo a rammendare le periferie, tutte, sarebbero felici anche gran parte dei figuranti della serie che, nelle Vele, oltre a fare le comparse, ci vivono e lottano anche per eliminare le tante Vele, quelle famose e quelle che, spesso, si rimuovono fino al prossimo innocente ammazzato, nella realtà, non nella fiction.

ilnapolista © riproduzione riservata