Quattro vittorie consecutive, un calcio da favola e un allenatore che oggi è più di governo e meno di lotta. Ovviamente la mentalità non può dipendere solo da lui.

C’era una volta il problema del centravanti
C’era una volta il problema del centravanti. Il Napoli che, nella vulgata dominante, ha rischiato per ben due volte di girare a vuoto perché armato di un fucile caricato a salve. La prima, ormai è preistoria, risale alla partenza di Gonzalo Higuain che sta per partire in direzione Doha. E che ha rilasciato interviste in cui ha ricordato quella finale di Supercoppa e quel gesto in risposta a Rafa Benitez. Con la sua partenza, che ha ancora strascichi nell’ambiente Napoli, sembrava che gli azzurri fossero destinati a una magra stagione lì davanti. E invece il Napoli e Sarri hanno trovato Arkadiusz Milik scoperta del direttore Giuntoli cui a questo punto andrebbe concesso più di qualche elogio.
I gol di Milik
Milik ha segnato quattro gol in sette partite di Serie A. Poi si è infortunato con la Nazionale e per la prima volta nella storia del calcio un infortunio è stato addebitato a una società. Immaginate cosa sarebbe successo se Gigi Riva fosse stato oggi un calciatore del Napoli. Con lo stop forzato di Milik, è ripartito il coro della lamentazione. Che adesso è sospeso. Sono tutti a leggere la classifica: Napoli squadra con più gol realizzati (37) e Mertens a quota dieci reti, alla pari di Gonzalo Higuain.
La toppa Mertens
Mertens il falso nueve. La toppa. Che ha la miglior rapporto della serie A tra minuti giocati e gol realizzati. Ci aveva visto giusto Maurizio Sarri: Dries Mertens poteva giocare in quel ruolo. Doveva crederci e il belga ci ha creduto. Ha segnato quattordici gol, ha già battuto il suo record stagionale di tredici. Sembra il centravanti ideale di questa squadra che gioca come si fa a calcetto. Palla a terra, spesso di prima, ricerca del compagno libero e dello spazio in cui avanzare geometricamente. Sarebbe interessante disegnare un grafico delle azioni del Napoli di Sarri. Che, come ha spiegato Alfonso Fasano, da qualche partita ha cominciato a giocare di più al centro. Lo scorso anno si agiva soprattutto a sinistra.
Il ritorno in conferenza stampa
Napoli che ha vinto la quarta partita consecutiva. Tre a zero all’Inter. Due a uno al Benfica. Cinque a zero al Cagliari. Cinque a tre al Torino. Due partite consecutive segnando cinque reti. Del gioco hanno parlato in tanti. C’è poco da aggiungere. In pochi, però, si sono soffermati sulle parole di Sarri a fine partita. Un Sarri profondamente cambiato rispetto a quello di un mese fa. Oggi è un leader consapevole della forza del proprio gruppo. È persino tornato a tenere la conferenza stampa alla vigilia della partita. Non è più l’allenatore malmostoso che non perdeva occasione per rinsaldare la sua immagine agli occhi del corpaccione della tifoseria che vede in De Laurentiis l’origine dei mali del mondo.
Il nuovo Sarri
Sarri ha parlato, e a lungo, di mentalità vincente. Quando qui se ne discettava, le reazioni erano rabbiose: dateci un centravanti, altro che mentalità vincente. Per settimane, anche Sarri è parso attestato su questa posizione. Ora è cambiato. E ha parlato come mai aveva fatto prima. Ha evidenziato come non sempre il migliore vinca. Non conta il potenziale che hai, ma quanto di quel potenziale riesci a esprimere. Sarri ha parlato come se stesse a un convegno di cultura sportiva. Peccato che tutto si perda. Che siano momenti che fuggono. Non ci sono polemiche e quindi quasi nessuno ne parla. Concetti non semplici. Ostici. Anche fastidiosi.
Sarri di governo
Sarri ha battuto sul tasto della mentalità vincente. Ha preso spunto dai tre gol incassati dal Torino in una partita dominata. «Dobbiamo rendere i risultati all’altezza delle prestazioni». E ha espresso un concetto che andrebbe scolpito nel cielo di Napoli. «Dipende da quanti sacrifici sei disposto a compiere per arrivare a vincere». E ha aggiunto, con apprezzabile realismo, che in fin dei conti nemmeno lui ha mai vinto niente. Un altro Maurizio Sarri. Un Sarri non più di opposizione ma di governo. Sarri che evidentemente è consapevole della forza di questa squadra. Sa di avere tra le mani un gruppo importante. Almeno dal punto di vista mediatico, la sua è una consapevolezza tardiva. Ma di certo non fuori tempo massimo.
Il calcio meraviglia
Sarri ha tracciato la linea. Ora bisogna percorrere il cammino. E tenere la barra dritta anche quando emergeranno difficoltà. Ovviamente è umano ripararsi dietro alibi. Ma è quell’umanità che ci impedisce di competere per la vittoria. Sarri ha creato una squadra che gioca un calcio meraviglioso. Si sprecano i paragoni. Gli avversari si dissolvono in campo. Manca un passaggio fondamentale. E Sarri ha mostrato di averlo capito. Non era successo prima. Non con questa intensità. Sarri e il Napoli stanno procedendo nella stessa direzione e i risultati si vedono.
Bartali è nato a trenta chilometri da Figline Valdarno
Ovviamente, non tutto può ricadere sulle spalle di Sarri. Se il Napoli non ha una mentalità vincente è perché la società non ha una mentalità vincente. Tutti insieme dobbiamo crescere. Quello spalla a spalla di cui parlava quel tale. Oggi Sarri può riuscire laddove ha fallito Benitez. Perché Sarri non è un corpo estraneo. Si è conquistato la stima del pubblico. E dei giocatori. La strada è sempre la stessa. È quella salita che ogni volta guardiamo e facciamo finta che non esista. Sarri è un grande amante del ciclismo. Suo padre ha corso. Ne sa tanto, Sarri, di cultura sportiva e sacrifici. E ora, come direbbe lui, gli è venuto gusto per quella salita. Qui non aspettavamo altro, signor Sarri. Decida lei come salire. Se come Indurain. Come Hinault. Come Pantani. O, se vogliamo andare più indietro, come Charly Gaul. Sennò dobbiamo guardare a Gino Bartali che nacque a Ponte a Ema, a trenta chilometri da Figline Valdarno.