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Il Napolista diviso su Mertens: ora chi lo toglie dal centro dell’attacco?

Il nerd Fasano contro Gallo il vecchiaccio, la forza dei numeri e le suggestioni dell’emotività e del lavoro: due visioni, sul Napoli e Sarri e Mertens (e Milik, e Pavoletti, e Insigne).

Il Napolista diviso su Mertens: ora chi lo toglie dal centro dell’attacco?

Il Napolista e il “problema” Mertens. Due voci dissonanti sul futuro del folletto belga, ormai a suo agio nel ruolo di centravanti.

Il nerd (ovvero, i numeri e il Napoli che cresce). Di Alfonso Fasano

Mertens

Ci siamo sentiti, io e Massimiliano, appena dopo la partita. Io gli ho chiesto se si fosse divertito, mi aspettavo un sì entusiasta. Cioè dai, 5-3 in casa e Mertens che fa quattro gol, e il quarto è quel pallonetto: ti devi divertire per forza. E invece no. Mi risponde con una voce seria, quasi rassegnata. «Ora Mertens diventa un problema». Cosa?

Me lo faccio spiegare, lo spiegherà anche a voi. Dice che adesso non lo togli più dal campo, che sette gol in due partite (e dieci in campionato, e 14 in stagione) significano che non andrà più fuori, né tantomeno tornerà a giocare nel suo ruolo di esterno offensivo. Perché ora è un centravanti. ed è lui il centravanti del Napoli. Ascolto, assimilo, cerco di capire. Sono in assoluto disaccordo. Glielo dico, gli spiego le mie visioni. «Facciamo un pezzo, io contro di te!». Eccolo qua.

Mertens, la grandezza, le alternative

Insomma, non sono d’accordo con lui per un motivo semplice, chiaro, preciso: Mertens, Insigne, Milik e il secondo attaccante del Napoli (Gabbiadini? Pavoletti? Chiunque?) dovranno imparare a gestire questa situazione di abbondanza. E noi con loro. Siamo a pieno titolo una grande squadra, il nostro prossimo match di Champions si giocherà al Santiago Bernabeu perché ci siamo guadagnati non solo il diritto di giocarlo, un ottavo di finale, ma ci siamo arrivati da primi del girone. Siamo a un punto dalla Roma e dai noi stessi dell’anno scorso, pur avendo perso il nostro Cristiano Ronaldo, Messi, il nostro unico fuoriclasse. Abbiamo costruito una squadra ricca di alternative in tutti i ruoli. E ora, non dobbiamo avere paura di questo. Di questa grandezza.

Lo so, sono uno che parla molto di tattica. Chi ha avuto il coraggio di leggere i miei pezzi, può dirlo. Io vado di matematica, di calcolo, cerco di dimostrare tutto attraverso dati oggettivi. Massimiliano mi definisce un nerd, un secchione al’americana, porto anche gli occhiali e le magliette coi supereroi. La definizione è azzeccata, pregnante. Proprio in virtù di questo, credo che anche il Napoli debba continuare così, con questa ricerca del bello a partire da automatismi quasi aritmetici. E, insieme, credo che una squadra di calcio sia tanto più grande quando riesce ad adattare se stessa, questo tipo di meccanismi “tecnici”, a situazioni diverse. Quando hai diversi modi per vincere le partite.

Accettare la scontentezza

Certo, mi si può dire di ridurre tutto ai minimi termini. Di non pensare all’impatto emozionale, al fatto che un eventuale rientro di Milik potrebbe “scontentare”, in una botta sola, Mertens e Insigne. Il Mertens “centravanti” e l’Insigne esterno che si ritrova un concorrente ingombrante. Eppure, io credo che la crescita del Napoli debba partire proprio da qui. Come è stato fatto per il centrocampo, che ora Allan e Zielinski si alternano e quasi non te ne accorgi. Che oggi Jorginho gioca una partita sontuosa e non te l’aspettavi perché pensavi che, ormai, solo Diawara può essere il regista di questa squadra. Che Chiriches, gol a parte, gioca in maniera diversa da Koulibaly ma il Napoli non perde in efficacia difensiva (fino a che non si addormentano tutti, come oggi, ma succede anche con Kalidou in campo).

Ecco, anche in attacco dovrà essere così. Dobbiamo sapere di avere due se non tre opportunità diverse, i calciatori che le rappresentano devono saper accettare una turnazione, i tifosi non devono lamentarsi ogni volta che oggi ha giocato uno piuttosto che un altro. Insigne dovrà accettare la panchina, Mertens dovrà tornare a fare l’esterno, e, quando serve, dovrà farsi trovare pronto a fare la prima punta. Di nuovo. Miik dovrà aspettare per tornare in squadra in pianta stabile, Gabbiadini (ma la stessa cosa vale per Pavoletti, qualora fossero fondate le voci di un trasferimento certo) dovrà aspettare il suo momento. Che arriverà, com’è arrivato per Diawara, Zielinski, Rog. Per Maksimovic, che tutti danno titolare a Firenze. Sarebbe la stessa cosa: ora, come lo togli a Chiriches?

Lo togli, perché le grandi squadre fanno così. Come abbiamo imparato a fare in altre zone del campo, dovremmo fare anche in attacco. Ce ne siamo accorti quest’anno, quando abbiamo perso Higuain e abbiamo segnato comunque di più. Non è l’attaccante, a farli, ma il gioco. E il Napoli gioca in undici, più quelli in panchina. Impariamo a farlo senza pensare alle conseguenze, o alle coscienze altrui. Per me, un nerd della tattica, si chiamano alternative. Un altro modo per dire “mentalità vincente”.

Il vecchiaccio (ovvero, Pelé e Sampaoli). Di Massimiliano Gallo

Mertens

Quando si parla di tattica, di passaggi completati, del calcio interpretato con i numeri, c’è una parte di me che immediatamente pensa a Pelè in Fuga per la vittoria, quando prende il gessetto e disegna lo schema vincente: date la palla a me e io scarto tutti e segno. Ultimamente, in soccorso a Pelè è intervenuto anche Jorge Sampaoli che un giorno, da allenatore del Cile, perse 3-0 con l’Uruguay nonostante un possesso di palla del 73%.

Sampaoli rispose così in conferenza stampa. “Una sera andai in un bar con una donna. Parlammo tutta la notte, flirtammo, le offrii molti bicchieri. Poi, alle cinque di mattina, all’improvviso arrivò un ragazzo, la prese per un braccio, se la portò in bagno, fecero l’amore e se ne andarono via. Ma non importava, per la maggior parte della serata era stata con me”. Maschilista, ma rende l’idea.

Il calcio freddo

Pelè e Sampaoli mi vengono in mente ogni volta che mi confronto con Alfonso rappresentante di quella che potrei definire la generazione del calcio freddo. Alfonso con disarmante semplicità e un bel po’ di superiorità mi ha spiegato che, quando rientrerà Milik, Dries se ne tornerà bellino bellino all’ala sinistra, in rotazione con Insigne. E magari a suffragare la tesi è pronto a fornire numeri, slide, percentuali, precedenti, comparazioni.

Tutto bello ma la domanda, terra terra, è: ora chi glielo dice a Mertens che deve tornare a sinistra? Siamo così sicuri che Sarri toglierà a cuor leggero un centravanti che ha segnato dieci gol in serie A e 14 in stagione? Al momento, in serie A, solo Icardi, Belotti e Dzeko hanno segnato più di lui. Parliamo di un calciatore che ha segnato tre gol a Cagliari, quattro al Torino non al Canicattì. Oggi ne ha segnati tre in nove minuti. Sette gol in due giornate come non accadeva da Nordahl. Ed era da quarant’anni, da Beppe Savoldi, che un calciatore del Napoli non segnava quattro gol in una partita di serie A. Altri quattro, Mertens, li ha realizzati in Champions.

Teoria e pratica

Oggi Mertens ha segnato un gol che se lo avesse segnato Totti qualche tempo fa, se ne sarebbe parlato giustamente per settimane. Così come se lo avesse segnato Higuain. E se Sarri avesse scoperto un centravanti? Insomma, la pratica conta. Non solo la teoria. In teoria il Napoli aveva un problema in attacco. Con questo refrain ci hanno ammorbato per settimane. Sarri frigge il pescecon l’acqua. Acqua miracolosa, aggiungo. È la classica vita percepita di cui si parla in psicoterapia. La vita vissuta dice altro. Dice Napoli miglior attacco della Serie A. Dice sei gol in più rispetto allo scorso anno. Dice che Mertens ha segnato gli stessi gol di Higuain con la Juventus. Dice che questo calciatore cresce partita dopo in partita in questo ruolo.

Lo so che Mertens non può segnare tre gol ogni domenica. Però c’è una cosa che il calcio di oggi tende a dimenticare. Che la differenza la fa il lavoro, il talento non esiste. Lo ha detto in settimana a Repubblica Oscar Schmidt oggi premiato a Caserta. Il calcio di oggi risente troppo dalla Playstation. Nella vita ci si migliora. Se si ha entusiasmo e la forza di mettersi in gioco, nessun obiettivo può esserci precluso. Nella conferenza stampa post Napoli-Torino, Sarri ha rilasciato dichiarazioni importanti sulla mentalità. Una è «Bisogna capire quanto sei disposto a sacrificare per vincere?». È questa la domanda. Una domanda che probabilmente Mertens si è posto. E sta rispondendo in allenamento e in partita.

Crescere

Parliamo di un calciatore che ha tratti da centravanti, movenze infinitesimali che richiamano anche mostri sacri del passato. Talvolta viviamo sotto i nostri delle trasformazioni di cui dobbiamo solo prendere atto. Quando il bambino cresce, nella culla non entra più. Forse Sarri ha contribuito a far crescere Mertens come nemmeno il belga si sarebbe mai aspettato.

Questa è la definizione che la Treccani dà di intelligenza: Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento. A occhio, Sarri non mi sembra uno stupido. 

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