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Lettera al tifoso ignoto, impropriamente definito occasionale

Qual è la differenza tra un tifoso doc e un “tifoso nuovo” ovvero chi si è avvicinato al Napoli solo dopo il fallimento del 2004?

Lettera al tifoso ignoto, impropriamente definito occasionale
Antonio Juliano a Napoli con la maglia della Nazionale - Archivio Carbone

“Il Milite Ignoto è un militare morto in una guerra il cui corpo non è stato identificato e che si pensa non potrà mai essere identificato. La sua tomba è una sepoltura simbolica che rappresenta tutti coloro che sono morti in un conflitto e che non sono mai stati identificati. Tombe di questo tipo sono in genere scenario di cerimonie ufficiali in cui, nell’anniversario della fine di una guerra, si commemorano tutti i morti di quella guerra”

Wikipedia

Rileggendo questa didascalica definizione del “milite ignoto” mi sono chiesto se mai ci sarà la possibilità di commemorare il “tifoso ignoto”. Colui che, identificato stupidamente come “occasionale” da chi non ha memoria, non può permettersi, per ragioni economiche, di andare allo stadio oppure, per limiti di età e/o impegni lavorativi, non può più frequentare con assiduità il teatro dei suoi beniamini ma possiede una passione e una fede per la sua squadra sicuramente più identitaria di tanti avventori degli ultimi anni. Quella generazione di tifosi nati, dopo il fallimento del 2004, unitamente al Napoli Soccer e che forse ha bisogno di un confronto sul tema.

Il “tifoso ignoto” non ama dibattiti offensivi né tantomeno violenti, lui che è stato abituato alla discussione, sebbene urlata, critica con gli altri militi al bar del quartiere. E siccome “Ritorno al passato” altro non è che un immaginifico sguardo sul presente con gli occhi del passato, una fantasia settimanale (o quasi) in cui un personaggio, forse dimenticato, del calcio in bianco e nero diventa protagonista del football odierno, il “tifoso ignoto” ha preferito scrivere una semplice lettera al “nuovo tifoso”.

Buona lettura

«Caro tifoso nuovo, innanzitutto ti scrivo così come un padre si rivolge ai propri figli, con la consapevolezza di essere percepito come “superato” ma comunque, nonostante non lo si ammette mai, ascoltato. Credo che, indipendentemente dalla diversa visione che abbiamo del tifo, io debba comunque ringraziarti perché senza di te quello stadio oggi sarebbe comunque vuoto e i nostri amati calciatori non riceverebbero il tuo appoggio, i tuoi cori e i tuoi incitamenti.

Ma ritengo che tu debba rivedere un attimino la tua idea di “occasionale” utilizzata in maniera dispregiativa per identificare “quel tifoso” che, attraverso un sistema di simboli:

  • non può ammettere che un proprio beniamino sia una pippa
  • non era presente allo stadio in quel triste Napoli-Cittadella o, peggio ancora, nella trasferta di Gela
  • non accompagnò Montervino e Montesanto a comprare i palloni per iniziare la preparazione post fallimento
  • non conosce i cori del momento (anche perché, pur aumentando al massimo il volume del televisore, non si riesce a percepire neppure una parola)
  • stimi il “pappone”
  • abbia l’abbonamento a Sky o comunque si sia dotato di efficiente “pezzotto”

Io sono di una opinione diversa: per me l’occasionale va individuato nelle sue reazioni emotive che, ora come 50 anni fa, sono sempre le stesse. E sempre opposte rispetto a quelle del tifoso doc che

  • quando perde il Napoli non vede più una trasmissione sportiva alla tv e forse non compra neppure il giornale il giorno dopo perché non vuole dare la soddisfazione a coloro che commentano di godere della sconfitta
  • non impara a memoria i cori ma urla come un dannato trasformandosi in un essere intrattabile
  • condiziona l’humus settimanale della famiglia e del gruppo di lavoro in base ai risultati della propria squadra
  • apprezza il presidente perché è consapevole che, escludendo il settennato maradoniano, mai abbiamo avuto un periodo così costante di risultati positivi (si sparavano fuochi di artificio quando, arrivati al sesto posto in classifica, ci qualificavamo per la Coppa Uefa)
  • non avendo l’abitudine a giocare la “bolletta” non vive quel conflitto di interessi qualora si affrontino Juve-Roma o Milan-Inter o comunque altre due squadre del campionato. Perché il tifoso doc, se potesse, farebbe perdere sempre entrambe!
  • può permettersi di dire (o scrivere sui social che, quando si parla di calcio, altro non sono che la trasposizione nel mondo 2.0 del mitico “bar dello sport”) che Reina colleziona papere da circa un anno ma nessun altro, con residenza fuori dalla provincia (quindi neppure i casertani, i beneventani e men che meno i salernitani e gli avellinesi), deve ammetterlo

Caro amico sono queste le vere psicopatologie del tifoso doc: quelle basate su principi che affermano il piacere della vittoria calcistica sull’altro come affermazione tecnico-tattica sportiva o come valorizzazione del proprio Sé-culturale.

Senza arrivare a quella forma regressiva di sadismo che mira all’umiliazione di tale cultura attraverso quell’universo simbolico-identificativo con cui esprimere la propria identità e forza.

Va bene cantare “…un giorno all’improvviso …” ma forse vale pena studiare e conoscere la storia della SSC Napoli a partire dalla sua fondazione (1926) e citare a memoria tutte le coppie di attacco della propria squadra e non solo quella composta da Varricchio e Berrettoni.

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