Corradini ha segnato due gol col Napoli: uno in quel Napoli-Fiorentina 3-2 e un altro nel rocambolesco 2-2 di Udine.
Spesso la gioia e le emozioni che possono dare un pari conquistato quando nessuno ci crede più può superare quello di una vittoria facile e scontata. Insomma, non è una questione di numeri, di punti conquistati meritatamente o meno, il calcio è un sentimento e come tale risponde ai battiti del nostro cuore. E se il nostro ‘muscolo cardiaco’ ci dice che puoi fare salti di gioia e saltellare per la casa dopo che la tua squadra è riuscita a pareggiare una partita che sembrava persa piuttosto che esultare dopo un vittorioso 5 a 0, noi lo dobbiamo ascoltare. I suoi battiti pulseranno fino ad arrivare alle soglie della felicità. Cosa può esserci di più orgasmico? Forse solo l’idea che puoi ribaltare una partita ed andare dallo 0 -1 al 2- 1 o dallo 0-2 al 3-2. Pensavo questo quando ho rivisto recentemente Giancarlo Corradini, sei campionati col Napoli a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, 173 presenze e 2 gol. Due reti in due finali convulsi nello stesso campionato, a braccetto con Diego Armando Maradona e l’allegra combriccola del secondo scudetto, anno di grazia 1989-90.
La prima volta accadde al San Paolo, 17 settembre 1989, Napoli sotto di due reti contro la Fiorentina nel primo tempo. Quel giorno Roberto Baggio, che era già fenomeno, fece il fuoriclasse e in 10 minuti tramortì il Napoli con serpentine e dribbling da KO. Due a zero per la Viola. Nel secondo tempo entra in campo un barbuto Maradona al posto di Mauro e dà la carica. Autorete di Pioli e rimonta possibile, poi Careca sfonda come solo lui sapeva fare e a due minuti dalla fine Corradini segna il 3 a 2 per gli azzurri. Entusiasmo dei tifosi alle stelle, anzi sotto una buona… stella, quella che darà al Napoli il triangolino tricolore. Eh, sì, perché se devi vincere un campionato lo si capisce anche da questi episodi, vero teorizzatori del concetto “la Juve vince anche quando non gioca bene”?
L’anno che apre la nuova decade, quello degli stadi nuovi, del campionato del Mondo “Italia 90”, è iniziato da poco. E’ l’ora di pranzo di domenica 14 gennaio e una fetta dello stadio Friuli è già pieno della folla di napoletani che lavora nella città friulana. Camerieri, ambulanti, stagionali, commercianti non aspettano altro, il Napoli sa che a Tarvisio c’è un club che risponderà presente come sa che verranno anche dal confine austriaco e da tutto il Nord per seguirlo. Lo sponsor ‘Mars’ campeggia sulle maniche lunghe dell’azzurro, il cielo sopra Udine è ballerino con sferzate di pallido sole ma anche ventate glaciali. Un gelo che cala sui tifosi ’emigranti’ quando il napoletano De Vitis, prodotto del vivaio partenopeo, al ‘3 incorna e beffa il povero Giuliani. L’Udinese prende coraggio, attacca, crea e va vicino al raddoppio. Il Napoli, dal canto suo, non dorme ma soffre maledettamente l’agonismo e il dinamismo della provinciale guidata dall’ex Marchesi, un signore della panchina. Batti e ribatti, Renica si fa male e gli subentra Corradini. La difesa viene risistemata da Bigon che ha già i suoi problemi in attacco e a centrocampo per le contemporanee assenze di Careca e De Napoli. Al minuto ’86 il peperino Mattei indovina l’angolo più lontano e porta la squadra friulana sul doppio vantaggio. Partita persa? Come si possono recuperare due reti nei tre minuti che mancano al novantesimo? Ce lo chiedevamo quando le nostre orecchie erano attaccate ai transistor delle radioline o quando, da qualche macchina che sfrecciava, lo stereo sentenziava “Udinese 2 Napoli 0”. Vabbè, è persa, la rassegnazione prese il sopravvento ma non avevamo fatto i conti con i due folletti napoletani, Maradona e Zola, e l’elfo, il signor Corradini da Sassuolo.
Successe che Diego, il primo folletto, batte una punizione a sorpresa, il secondo folletto, il futuro ‘magic box’ Zola, viene atterrato in area e l’arbitro decreta il calcio di rigore. Manca un minuto alla fine. Sul dischetto ci va sempre lui, il primo folletto. Pallone da una parte e Abate (il papà del biondino dl Milan) dall’altra. Eh, sì, perché se devi vincere un campionato hai bisogno anche di quelli che ti inventano qualcosa, vero teorizzatori del concetto “la Juve ha più fuoriclasse di tutte?”. La rimonta appare difficile, attraverso le radio non sai effettivamente come sta giocando la squadra, speri solo nel miracolo del recupero. Non la spegni perché la fede non te la fa spegnere, diventi un pellegrino e in quel momento ti vedi al cospetto di San Gennaro e cominci a pregare tutti i santi che consideri amici. Allora arrivò la signora Palla della Disperazione che dai piedi di Alemao, con un lancio di 30 metri, giunse a Fusi che, dalla sinistra, crossò per la testa di Zola, sì, il piccoletto sardo. Schiacciata di testa, miracolo di Abate che ribatte ma l’elfo Corradini, che fulmine di guerra non era mai stato ma aveva intelligentemente seguito l’azione, si avventa sulla palla e la ribatte in rete. Due minuti due gol, infarti e defibrillatori a volontà tra i tifosi partenopei dopo un pareggio acciuffato per i capelli. È il minuto ’92, la gente incredula guarda gli orologi, sa che l’arbitro Pairetto aveva dato solo due minuti di recupero. La folla di camerieri, ambulanti, stagionali e commercianti alza poi lo sguardo e vede Corradini correre come impazzito per il campo. E capisce che non è un sogno. Era un cuore Toro, Giancarlo, ma quando fece quella ‘doppietta’ diventò anche cuore… napoletano.