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Ciampi puntò su Napoli ai tempi dell’acqua marrone

Un appello per ricordarlo: intitoliamo a Ciampi uno spazio importante della nuova Città della Scienza.

Ciampi puntò su Napoli ai tempi dell’acqua marrone

Non per il sottile piacere di smentire qualcuno, ma per amore della verità: Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente del Consiglio, ebbe l’idea di sfidare il mondo, e principalmente i napoletani, decidendo di avanzare, a Tokyo, la proposta di far svolgere a Napoli il G7, viaggiando in aereo da Pisa a Napoli. Lo rivelò a chi scrive e ad altri due cronisti aggiungendo perché aveva deciso di giocare così di azzardo: «Il Mezzogiorno merita maggiore attenzione e se si decide di organizzare un evento significativo al Sud la scelta non può che cadere su Napoli. Non resteremo delusi». E’ vero anche che il primo politico ad esserne informato fu Antonio Bassolino, in quei mesi ancora mezzo romano e mezzo napoletano, che lui aveva invitato a palazzo Chigi per avere una puntuale ricognizione dei problemi della città e delle inadempienze dei poter locali. A prendere nota del tristissimo elenco, chiunque altro avrebbe desistito, ma il livornese gentile ma coriaceo si rafforzò nel suo convincimento e disse a uno dei suoi più fidati collaboratori: «per vincere una partita così difficile bisogna rischiare e giocare d’anticipo, conoscendo i napoletani dico che si può fare».

Palla al centro e tutti in campo: Napoli fu come scossa da un soprassalto di orgoglio e decise di schierarsi – nel senso che non intralciò il manovratore come avviene di norma – e la città fece squadra con le truppe corazzate del prefetto Improta (il suo contributo è stato dimenticato troppo in fretta ma lui riuscì a vincere anche la battaglia dei sanpietrini rintracciando e mobilitando gli ultimi scalpellini capaci di lavorare la difficilissima pietra) e del sindaco Bassolino che a dicembre aveva vinto le elezioni e si dedicò all’ardua impresa di mettere pezze sul tessuto cittadino profondamente degradato. Ricordate? Era il tempo dell’acqua marrone e del latte inquinato e per i media nazionali e internazionali era un gioco obbligato sbattere ogni giorno Napoli in prima pagina. C’era di che passare la mano, ma il presidente Ciampi utilizzò le critiche per sferzare la città: durante una cena privata a casa di amici napoletani disse che la città avrebbe trovato in se stessa la forza per reagire e stupire tutti.

Antonio Bassolino, nella bella intervista rilasciata a Francesco Durante, ha fatto bene a rimarcare un aspetto al quale pochi fanno riferimento: Ciampi non assistette all’epilogo della storia e si tirò fuori quando le critiche si trasformarono in elogi dando vita al cosiddetto rinascimento napoletano, con una enfasi che gli eventi successivi smentirono ma che allora fu giustificata dall’entusiasmo e dai buoni propositi che il G7 innescò. Cedette il passo a Silvio Berlusconi che prese il suo posto a Palazzo Chigi e rifiutò l’invito a partecipare almeno all’avvio dei lavori.  Gli onori non gli importavano, gli piacevano i fatti e il “fatto” di Napoli fu davvero una impresa eccezionale perché consentì alla città di risalire la china del baratro in cui era precipitata e di rialzare la testa riconquistando anche fuori dai confini la credibilità perduta. E qui il cronista ricorda la frase bellissima che “incorniciò” l’operazione-G7: «Napoli – disse il paladino dell’euro – ha dimostrato di volere affrontare i suoi problemi, altre volte li ha nascosti». Come, purtroppo, ha ripreso a fare.

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Ciampi a Scampia, nel 2007. Nanopress.

Se tanto mi da tanto, definire Ciampi un livornese napoletano è esatto perché la seconda patria si è aggiunta alla prima quasi sovrapponendosi ad essa, ma potrebbe essere riduttivo perché Ciampi è stato un cittadino a pieno titolo perché le benemerenze guadagnate sul campo non si limitano al miracolo di aver portato qui i grandi del mondo. Ciampi ha davvero amato Napoli, ma suo modo, sottovoce. Una sola volta calcò i toni e tutti lo considerammo un campanello d’allarme. Parliamo del severissimo discorso tenuto nel giorno dell’inaugurazione di Città della Scienza. Era l’estate del 2003, Ciampi era presidente della Repubblica, il G7 e i suoi clamori erano lontani nel tempo e Napoli  era di nuovo adagiata in uno stato di torpore inerziale. Ciampi ne era consapevole e utilizzò una circostanza così significativa come l’apertura della cittadella della scienza e del futuro per una invettiva pari, per potenza oratoria e drammaticità dei toni, a quella di papa Woytila che parlò dall’alto di una delle collinette di rifiuti di Scampia: stessa forza morale, stesso amore per la città, uguale fermissima condanna dei ritardi e delle inadempienze della classe dirigente.

Ricordando quell’evento, ci sentiamo di lanciare un appello: la nuova Città della Scienza che sta (ri)nascendo sulle macerie della prima barbaramente incendiata (da chi? E perché?) non dimentichi di ricordare Carlo Azeglio Ciampi intitolando a lui uno degli spazi più significativi.

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