ilNapolista

Chi è Serena Salvione, la manager che venderà il brand Napoli in Oriente

Nata ad Amorosi, sua madre è grande tifosa del Napoli. Salvione è juventina. Ha lavorato con Juve e Nba, ha una società a Londra.

Chi è Serena Salvione, la manager che venderà il brand Napoli in Oriente

Mentre a Napoli in tanti danno lezione di economia aziendale ad Aurelio De Laurentiis, con gran seguito della truppa di piccoli e medi imprenditori che da sempre irrobustisce i muscoli della città, la Gazzetta dello Sport ci informa che da settembre il Napoli potrà contare sulla collaborazione con una manager giovane (secondo i canoni italiani) eppure già di lungo corso nel calcio e nello sport pur avendo solo 36 anni. È Serena Salvione, campana (di Amorosi, provincia di Benevento), laureata in Economia aziendale (lei sì, non gli editorialisti di quotidiani in crisi) alla Bocconi con una tesi sullo sport, che ha creato una società di marketing specializzata a Londra – Football Capital Marketing – ha lavorato a lungo con la Juventus e quattro anni fa balzò agli onori delle cronache perché “ingaggiata” dall’Nba per vendere il marchio nel mondo. Ha lavorato anche con L’Oréal e MasterCard. Una professionista. Qualcosa di interessante su di lei potete trovarlo qui. Altre notizie le potete rintracciare sul web, è cresciuta con una madre grande tifosa del Napoli e col poster di Maradona in cucina – come ha detto a Io Donna -, ahinoi forse per ribellione è diventata juventina e col tempo ha coronato il suo sogno di lavorare col club del cuore.    

Con lei il Napoli di Aurelio De Laurentiis proverà a capire le potenzialità del brand in Oriente e anche in India. Insomma tutto il contrario di quel che viene detto in città da professionisti del nulla. Certo il mercato orientale non è fondamentale come far tornare a Napoli la sede della società, ma si fa quel che si può…

Di Serena Salvione si trova su Youtube un video di un convegno organizzato a Treviso un paio di anni fa. Convegno in cui Salvione racconta la sua storia, appunto la madre grande tifosa del Napoli, la sua passione per la Juventus, il coronamento del sogno di lavorare nel club bianconero che la assunse nonostante lei andò via a metà colloquio per pregressi e annunciati impegni di lavoro. «Avevo avvisato, in quel periodo lavoravo a Milano. Non avrei avuto più di un’ora per il colloquio. Più tardi ho saputo che proprio quella mia decisione convinse la Juventus ad assumermi, avevo dimostrato fermezza».

Salvione racconta come dopo anni alla Juventus, in cui si è occupata di vendita prima e di gestione poi degli sponsor, cominciò ad avvertire l’esigenza di lavorare all’estero e di aver quindi colto con grande entusiasmo la possibilità di farlo con l’Nba, «una scuola di marketing sportivo a livello mondiale».

Serena è grande appassionata di sport e da piccola pensava di fare la giornalista sportiva, poi comprese che la sua strada sarebbe stata un’altra e, dopo aver studiato Economia, trovò il modo per lavorare con la sua passione.

Al convegno, ovviamente, Salvione – come le altre relatrici – si sofferma sulle difficoltà della donna quando si lavora in determinati settori o quando raggiunge o sta per raggiungere determinate posizioni. «Ci sono ruoli – spiega – in cui una donna non accede, ad esempio la team manager perché deve essere a contatto diretto con la squadra. Ma – prosegue – difficoltà ne ho incontrate anche nel mio ruolo gestione degli sponsor perché le attività di sponsorizzazione prevedevano rapporti con i giocatori, ed io ero sempre l’unica donna in aereo, l’unica donna in albergo, l’unica donna alle riunioni. Dove vestirmi come un uomo, rinunciare al tacco. Poi una volta, ad esempio, andammo a giocare in America, entrò la massaggiatrice New York Red Bulls e noi eravamo con gli occhi da fuori. Una massaggiatrice da noi non l’abbiamo mai vista».

Sempre al convegno, Salvione evidenzia le difficoltà culturali che incontra una donna, difficoltà legati a stereotipi maschili. «Non c’è tranquillità, c’è una maggiore pressione psicologica, dove prestare attenzione a quello che dicevo a dove guardavo. Quelli che chiamiamo stereotipi, che tendiamo a sottovalutare, sono fortissimi. Non solo nello sport, nel mondo business in generale. È il paradosso di un sistema che invece reclama le donne perché in alcuni ruoli sono più brave, più flessibili, hanno caratteristiche meglio rispondono alle esigenze della società. Il sistema sa che sei più brava ma fallisce quando poi deve difenderti».

ilnapolista © riproduzione riservata