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Maurizio Sarri, un anno dopo. Oggi il suo Napoli è una certezza

Il Napoli torna al lavoro, agli ordini di Sarri: un allenatore arrivato tra mille scetticismi e che oggi è il principale punto di forza insieme con Higuain

Maurizio Sarri, un anno dopo. Oggi il suo Napoli è una certezza

C’è un uomo che domani ricomincerà a lavorare. Si tratta di Maurizio Sarri che osserva e ascolta tutto quel che accade intorno al Napoli in questi giorni di mercato. Lui resta in silenzio, tanto ha già fatto tutto. Gli è stato rinnovato quel contratto che invece in tanti fanno fatica già solo a considerare, basta pensare alle situazioni di Higuain e Koulibaly. Anche con Sarri c’era stata qualche scaramuccia, il rapporto con De Laurentiis sembrava logoro e invece all’improvviso è tornato il sereno. Rinnovo, riconoscimento (pure economico, of course) del lavoro fatto e via, di nuovo e ancora insieme per una seconda stagione.

È una novità, per Sarri, la seconda stagione in una squadra. O meglio, una quasi-novità. Gli è successo in tutto due volte nella carriera a livelli medio-alti, diciamo dalla Serie D in su: con la Sansovino (2000-2003) e con l’Empoli (2012-2015). Per il resto, solo esperienze brevi. Un anno e poi via. Al Napoli non poteva essere così: troppo bello, troppo sorprendente il suo primo anno perché rimanesse anche l’ultimo. Magari senza quella Champions conquistata con un campionato a vista scudetto se non fosse stato per la Magna-Juve. Sarri ha colpito tutti per il suo lavoro in campo, forse anche sé stesso. Si è meritato la sua chance a livelli alti, se l’è giocata alla grande e ora è al top. No, non poteva salutare così, senza averci provato con la sua creatura più bella.

Scrivere queste parole un anno dopo la depressione post-Lazio e post-Dnipro è stranissimo. Farlo mentre a Napoli, ancora, si respira un clima di sfiducia è una consolazione mentale. Non è cambiato niente nonostante sia cambiato tutto. L’anno scorso di questi tempi (caro Nicolas Higuain, leggici) il Napoli era una barca in mare aperto, senza ormeggi né condottiero. Allora sì, senza progetto e apparentemente senza capo né coda. Quinti in classifica, la qualificazione in Europa League come gol della bandiera dopo una stagione che fu contraddistinta da aspre polemiche e da traguardi svaniti sul traguardo. C’erano solo i calciatori, vittime pure loro di una annata balorda. Deprezzati e senza mercato, secondo alcuni, i più catastrofisti. La verità stava nel mezzo, quasi come al solito. Non erano brocchi, solo sfiduciati.

Sarri ha convinto tutti delle loro potenzialità attraverso la cosa più semplice: il lavoro sul campo, con la palla e con la testa. Ha convinto anche sé stesso e lo ha fatto rinunciando anche alle proprie idee. Il passaggio dal 4-3-1-2 al 4-3-3, interpretato da tutti come il momento della svolta senza capire che, forse, la novità era nell’atteggiamento mentale, nella fiducia e nell’organizzazione, piuttosto che in un modulo. Certo, c’entra anche quello ma è secondario, come tutti gli allenatori di calcio sostengono. Forse era anche una questione di condizione fisica, non ottimale all’inizio e poi letteralmente straripante fino a febbraio.

Ora il Napoli riparte da Sarri. Volessimo ascoltare quel che si dice e si scrive, il tecnico è l’unica certezza che ha il Napoli. Vista da fuori, la situazione è questa. Ma è già tanto, tanto di più rispetto a dodici mesi fa. Quando c’erano i calciatori che De Laurentiis, smentendo tutti, decise di non vendere. Sarri era una scommessa. Anzi, di più: un azzardo. Oggi è il tecnico a impersonare il progetto tecnico. Al punto che è il suo rapporto con Higuain uno dei punti di forza di coloro i quali scommettono sulla permanenza di Gonzalo. Il progetto-Napoli firmato Sarri è imperniato su Higuain e ha avuto in Higuain il suo attore protagonista.

Certo, Sarri non è perfetto. E non perchè non abbia vinto il campionato, ma perché alcune sue peculiarità dovranno quantomeno ammorbidirsi in vista di una stagione, la prossima, che deve essere quella della sua conferma definitiva nell’olimpo dei grandi allenatori. Con una Champions da giocare, serve innanzitutto “riuscire” a ruotare gli uomini, senza distinzioni troppo forzose e forzate tra titolarissimi di mazzarriana memoria e le riserve. Come per i calciatori, anche per il modo di giocare: forse, per una stagione logorante e in cui non si potrà sempre andare a mille all’ora, servirebbe preparare alternative per quelle partite in cui il gioco sembra ristagnare, in cui gli avversari o la scarsa vena ti rendono impervia la strada del gol. O, almeno, la strada del gol che tu conosci.

Piccoli difetti di fabbricazione facilmente superabili e di sicuro infinitamente meno preoccupanti rispetto alle nubi che si erano addensate sul Napoli un anno fa. In dodici mesi è cambiato tutto. Anche se nessuno sembra accorgersene in questi strani giorni di calciomercato. Da sabato, Sarri tornerà in cattedra. E il Napoli a lavorare sul campo. Ogni tanto guardiamoci indietro e godiamoci i miglioramenti. 

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