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Higuain, hai tradito l’idea della maglia. Le bizze di Maradona erano altro

Higuain non solo se ne vuole andare, ma vuole andare alla Juventus. Il paragone con Maradona proprio non regge.

Higuain, hai tradito l’idea della maglia. Le bizze di Maradona erano altro

Tu dai il culo a un giocatore, stravedi per lui, ti fai costantemente in vena, notte e giorno, giorno e notte, te lo sogni, lo stropicci come fosse il tuo bambino, magari volendo straparlare – ma neanche tanto – lo fai (ri)diventare un campione assoluto, al punto che il mondo ne riconosce l’assoluta primazia. E lui, dopo che Napoli ha aperto le sue meravigliose gambe pronta a farsi possedere con tutto l’amore che ha, cosa fa? Se ne vuole andare. Ma non andare e basta. No, cazzo. Vuole andare da quelli che non hai mai sopportato, gli usurpatori d’ogni felicità calcistica, i maledetti dalla letteratura giudiziaria inquieta, quelli che la Nike si rifiuta di mettere le tre stelle sulla maglia.

Adesso ha poca importanza che Gonzalo dica una cosa. Qualsiasi cosa. Il patto è tradito. Di bello, c’è che nel calcio è cambiato tutto, davvero tutto, ma una cosa è rimasta inflessibilmente ferma su se stessa, come il semaforo di Prodi raccontato da Guzzanti: l’idea della maglia. Alla quale, se possibile, affezionarsi, amarla se davvero necessario, ma in mancanza di slanci sentimentali peraltro non richiesti, almeno rispettarla. È un fatto di educazione prima di tutto e poi di minima fedeltà aziendale, al punto che nelle aziende serie se ti comporti in maniera infedele – trattando con la concorrenza in presenza di un contratto – non solo ti licenziano, ma ti fanno anche male con una causa milionaria.

E cosa prevede l’educazione? Prevede che io tifoso possa farmene una ragione attraverso i comportamenti da professionista del mio campione. Quelli che Gonzalo Higuain ha tenuto in campo, senza sbavature o capricci da primadonna. Perché non essere conseguenti? È del tutto lecito che il campione non si renda conto di quanto è amato, anche se la consapevolezza di sé è una delle migliori virtù dell’uomo. Difficile sostenere che non se ne sia reso conto a Napoli, terra che non perdona se si agitano i sentimenti. Massimiliano Gallo ha citato una stagione in cui il mitico Diego tenne tutti sulla corda fino a settembre inoltrato, per poi presentarsi a Napoli. Ma il Pibe abituò alla “corda” tutti i suoi tifosi (e anche noi cronisti) in maniera scientifica, nulla era mai scontato, solo l’apparizione della madonna pellegrina dal tunnel del San Paolo riportava le cose a una certa qual normalità.

Adesso il problema non è più Gonzalo Higuain, lui ormai è marginale, la questione è interamente in carico ai tifosi. Se tornerà il 25, segno non di un ravvedimento ma più semplicemente della fermezza del presidente, da quel momento comincerà un tormento necessario. Una seduta psicanalitica continua, un combattimento interiore di ogni tifoso con se stesso. Per non perdere l’amore, che nella sua pienezza originaria è comunque tradito, per non buttarla in vacca appena Gonzalo sbaglierà una palla semplice (e magari anche una difficile), per restare saldo con il principio sacro che il bene della squadra, del Napoli, è superiore a tutto. Anche alle cadute di stile (a essere buoni).

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