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Ma cos’è l’amore, Gonzalo?

Tante domande in una sola, per Higuain. Da chi si sente tradito e da chi lo aspetta, sul campo, per giocarsi di nuovo la felicità.

Ma cos’è l’amore, Gonzalo?

Tutte le notizie del calcio mercato sono ipotesi di una storia futura, anche se non troppo lontana, anzi prossima, dietro l’angolo. Non riesco a non farmi illusioni e di fianco, fuori al finestrino, c’è il paesaggio che scorre. Ci sei tu che in molteplici ipotesi di una storia già scritta, te ne vai.

Nella prima, ho visto fuori al finestrino che anche tu eri su un treno. Nella velocità che passa tra due treni in corsa, i nostri sguardi si sono incontrati; stavi attaccando, avevi lo sguardo sul cellulare, c’era scritto “chiamata terminata” e sotto “Mister”. Avevi detto di stare tranquilli, ti saresti presentato a Dimaro come la luce che riscalda i cuori e prepara alla battaglia. Hai alzato gli occhi e mi hai visto, un istante, niente di più, e la tua barba si è fatta nera, i tuoi occhi malinconici hanno maledetto la vita e da bravo borghese hai capito che funziona così, bisogna sempre migliorare. Il tuo viaggio prosegue, i nostri sguardi hanno avuto quel momento, quella frazione in cui nell’universo chissà cos’è successo. Poi, è andata così. Ti stai tormentando nella tua prima classe? Io mi sto chiedendo di nuovo se sarò in grado, ancora una volta, di rialzarmi, di ricominciare da capo. Tu sei cupo mentre ti servono succo di pomodoro da condire, la parte nera dell’anima è quella che fa invecchiare, perché è quella che appartiene alla terra, è l’atavico ricordo degli atomi e dell’inanimato. E’ quella che rende belli.

Nella seconda ero in un taxi, tu uscivi da un palazzo di cristallo, l’inferno era fuori. Attaccavi la stessa telefonata mentre tuo fratello ti passava una valigetta e si sistemava il portafogli, dovevate correre a prendere l’aereo per Ibiza. Mi hai visto, il mio taxi era fermo al rosso. Sorridevi, stavi per andare in vacanza, mi hai fatto il segno della vittoria e poi hai chinato il capo per entrare in macchina. Il semaforo è diventato verde e il mio taxi è partito. L’autista mi ha chiesto sfinito, per l’ennesima volta, dove dovevo andare. Non lo so Gonzalo, non lo so.

Nella terza ero in aeroporto, ti ho visto davanti a me nella fila, ero indeciso se chiamarti. Ho sentito che dicevi a qualcuno a telefono che ti sentivi colpevole, ma cosa avresti dovuto fare? Chi avrebbe rinunciato a questa occasione e in nome di che? Poi ho sussurrato il tuo nome, quando ho capito cosa stava succedendo, tu ti sei girato, ma sono sicuro che non mi avevi sentito. Eri lì imbambolato a fissarmi, e anche io ero immobile. La signorina insisteva, sei dovuto andare. Al mio turno mi hanno chiesto il biglietto. Non ce l’avevo.

La quarta ipotesi l’ho sognata. Mi sono svegliato che non respiravo. La mia ragazza mi ha chiesto se era sempre per lo stesso incubo. Sì. Vincevi la Champions, il campionato, la Coppa Italia e facevi trentasette gol. A Torino usciva tra il tripudio della folla Higuain : dica trentasette. Il Napoli era sesto, Hamsik restava da solo nello spogliatoio a piangere, poi si asciugava le lacrime e usciva ad affrontare la D’Amico: «Questa è una grande squadra, io ne sono il capitano. Resto. La società ha un progetto. Andiamo avanti, Mi spezzo ma non mi piego, ho scelto la fedeltà e questo mi rende una nota a margine della storia. E’ Achille il protagonista, non è mai stato Ettore. Ma io so cos’è l’amore di chi crede alle favole, io so che un giorno chiuderò il borsone e regalerò la mia maglia per l’ultima volta. Uscirò dallo stadio e mi siederò ad una scrivania, a gestire tutto quello che ho guadagnato. Non mi sveglierò di soprassalto sognando l’urlo del San Paolo, ma lo vivrò sempre, ogni domenica e me lo porterò in pace nel cuore per sempre. Come qualcosa che ho costruito». Tu uscivi dallo spogliatoio degli ospiti e vi siete guardati. Per un attimo i vostri sguardi si sono incrociati. I tuoi occhi e quelli del capitano, i tuoi e i miei, i tuoi e i nostri. Sapevi che stava mentendo, che si sveglierà sognando la vittoria, con accanto l’amore.

Ma cos’è l’amore, Gonzalo? Se trovassimo questa risposta, Gonzalo, potremmo creare una nuova religione, potremmo rispondere alla domanda di Pilato: “Cos’è la verità?”, il popolo voterebbe per noi e Barabba andrebbe a morte. Ma Barabba è vivo e la verità è che non siamo soddisfatti, non siamo felici.

Te ne vai, Gonzalo. Che tu sia felice o meno, che tu abbia dei dubbi o meno, che tu abbia dei tormenti o meno, che tu creda nel tuo futuro o meno, io ti auguro il meglio, e te lo auguro perché tu venga al San Paolo a giocartelo per cinque centesimi, io me lo sono giocato per molto meno.

Cos’è l’amore, Gonzalo? E’ crederci sempre? E’ andare avanti? E’ passione?

No, Gonzalo, non lo so. So che cambiano le lettere. E’ Ossessione.

La prima volta che parlai di te, parlai di occhi, del tuo sguardo. Oggi è l’ultima. Forse.

Cos’è l’amore, mi chiedo ancora. Non lo so Gonzalo, io ti ho amato, ho urlato il tuo nome e ho vissuto per i tuoi occhi e parliamoci chiaro, nessuno sguardo è sincero, o meglio, nessuno sguardo è interpretabile. Hai scelto la strada del successo e chi mai potrà condannare sinceramente questa strada? A chi non potremo dire “Scagli la prima pietra, chi tra voi non ha mai peccato o chi è sicuro che non peccherà mai”? Secondo Troisi, Giuda mise a posto la famiglia. Ci sto.

Cos’è l’amore, Gonzalo? Siamo forse noi, qui a scrivere di te, o sei tu che te ne vai incrociando i nostri sguardi? O è entrambe le cose?

Non lo so Gonzalo.

So che ci vedremo sul campo, a giocarci la felicità per cinque centesimi, non il tuo ingaggio, non la clausola, non il mio stipendio, ma cinque centesimi o meno. Questo un uomo può dire, perché questo ogni uomo ha vissuto almeno una volta nella vita.

Ci vediamo sul campo.

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