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Ulissi, il ciclista che il papà juventino chiamo Diego Armando in onore di Maradona

Ulissi, il ciclista che il papà juventino chiamo Diego Armando in onore di Maradona

Il Giro d’Italia ha dato il via alla stagione del grande ciclismo su strada. E il primo grande protagonista è un ciclista italiano e juventino, che però si chiama Diego Armando. E non per uno sbaglio o per qualche altro tipo di legame con un parente o un amico che porta questo nome. No, è esattamente come pensate. Diego Ulissi, 26enne del team Lampre-Merida (è nato nel 1989, altro indizio non da poco), si chiama così proprio in onore di Maradona. 

È lui stesso a confessarlo in un’intervista a Diariovasco, concessa durante la Vuelta al País Vasco del 2012. In cui parla del padre, juventino pure lui, e della sua passione per Maradona nonostante la fede bianconera. Dice parecchio anche su quella che, allora, è la squadra di Antonio Conte ed è un passo dal vincere il primo scudetto di una serie ancora aperta. 

Ne è passata di acqua sotto i ponti, da allora. Per il calcio, ma non solo. Nel frattempo, Diego (Armandosi è perso per strada) Ulissi è cresciuto ed è diventato «una de las estrellas del futuro», e citiamo un articolo in spagnolo pubblicato già due anni fa dagli spagnoli di El Confidencial. La conferma su quanto gli spagnoli ci vedano giusto e bene arriva dalla prima tappa italiana del Giro d’Italia 2016, che dall’estremo Sud o quasi (la zona di Praia a Mare, provincia di Cosenza) è ripartito dopo il prologo con bagno di folla in Olanda. 

Ulissi ha vinto qui la sua quinta tappa, e l’ha fatto da dominatore: a 9 km dall’arrivo, un attacco imperioso che ha stroncato tutti i concorrenti. E ha sorpreso chi si occupa di seguire il ciclismo e quindi l’evoluzione dello stesso Ulissi che neanche nei trionfi giovanili aveva mai mostrato questo tipo di prepotenza. Paolo Marabini racconta così l’ultima parte della tappa sulla Gazzetta dello Sport (riconciliandoci pure con la splendida letteratura giornalistica del ciclismo): «La chiave del suo coraggio si chiama Valerio Conti, il romano che s’immola pancia a terra a favore del capitano con una tirata di 5 chilometri: otto minuti a tutta, che aumentano il vantaggio del gruppetto di testa e lo protano all’attacco del Fortino – la rampa decisiva, 1800 metri al 7,7% e punte in cima del 18% – con 34 secondi di vantaggio. Li scatta la seconda chiave. Poche rampe e Ulissi se ne va, quando il countown della tappa segna -9,2 chilometri al traguardo. È qualcosa di nuovo, perchè il livornese – che da junior vinse due Mondiali su strada per poi passare pro a soli 20 anni – non s’era mai inventato, tra i grandi, una roba del genere: semmai prediligeva un attacco più vicino all’arrivo, una volata tra pochi intimi».

La vittoria di Ulissi è la prima azzurra al Giro d’Italia. E apre un bel balcone con vista su Rio 2016. Sempre sulla rosea lo celebra Luca Gialanella in un editoriale. In cui scrive, riferendosi anche alla Nazionale: «La vittoria di Ulissi è un gran segnale per il ct Cassani in vista dell’Olimpiade di Rio, che ha un tracciato durissimo. Diego era già nei cinque top nella mente del ct, e questa prestazione lo proietta di diritto come terzo titolare dopo Nibali e Aru. […] Ora, però, Ulissi non si deve fermare. Non si deve accontentare. Deve continuare a farsi guidare da quello spirito feroce, da grande agonista. E lasciarsi alle spalle tutti i dubbi e i pensieri che troppo spesso ne hanno annebbiato il talento». Del resto, ha il nome e le referenze storiche giuste per poterlo fare con tutta tranquillità.

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