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La storia di Torino-Napoli, dal dopoguerra fino alla fine del Grande Torino

La storia di Torino-Napoli, dal dopoguerra fino alla fine del Grande Torino

Il romanzo dello scudetto nell’anno di grazia 1946 annovera tra le sue pagine un Torino-Napoli passato alla storia per il punteggio e per essere stata una delle gare più belle di quell’anomalo campionato dell’immediato dopoguerra. Prima di quella partita gli azzurri avevano già inanellato una serie di precedenti non incoraggianti contro i granata, diciamo pure che pareggiare sotto la Mole Antonelliana, quando non si parlava ancora di “Grande Torino”, era quasi un miraggio. Tre reti a zero  nel 1938-39 con  Raf Vallone e il papà di Marisa Allasio in campo, 6 a 2 nel 1940-41 con Ossola già protagonista, 5 a 3 nel 1941-2 col grande Bodoira in porta, Ellena, Menti II, Gabetto, Ferraris II e Ossola a formare l’ossatura dello squadrone che da lì a poco avrebbe ucciso i campionati. Come la Juventus odierna. Per gli azzurri arrivò la serie B, altrimenti nel successivo campionato gli scommettitori potevano anche non quotare la partita. Ammesso che esistevano i ‘bookmakers’. Poi la guerra. I bombardamenti. Le macerie.

Il Napoli si fa un torneo cadetto col povero “Pippone” Innocenti alla guida della squadra fino alla sospensione dell’attività calcistica per gli eventi bellici. Poi una serie di attività non ufficiali, fatte su campi di fortuna, qualche partita per allontanare gli orrori della guerra fino alla presidenza di Russo che prende in mano, insieme a Cuomo, Muscariello e Musollino, le redini della società. Nasce poi un torneo molto sui generis, con due gironi all’italiana, Nord e Centro Sud, squadre di A e B aggregate secondo criteri di risparmio ‘energetico’. Il Napoli, con l’uruguagio Sansone come allenatore e Andreolo in campo a dirigere il traffico e a dare bordate, il giovane Di Costanzo e la novità albanese Lushta, i rientri di Sentimenti, Berra e Busani, domina il suo girone. E’ primo col Bari ma ha un quoziente reti più favorevole, va a giocare contro gli squadroni del Nord. Nel girone finale vince il Torino, il Grande Torino, il Napoli quinto è il primo dei transpadani anche se esiste ancora un divario enorme col calcio che si fa al Nord. E’ il campionato della ricostruzione, pensate che il torneo partì esattamente 6 mesi dopo Piazzale Loreto, la Liberazione, il conflitto alle spalle, la difficile opera di rimettere in sesto un paese che, dovunque ti giravi, mostrava le ferite delle operazioni belliche.

Il 12 maggio del 1946, 70 anni fa, gli azzurri le buscano per 2 a 0, unica sconfitta in casa della stagione, doppietta di Gabetto, il bello del Toro, capelli impomatati, la riga al centro, nelle foto il sorriso di chi non sa che sarebbe morto dopo pochi anni in un tragico e fatale incidente aereo di cui ancora oggi, e a ragione, si parla. Superga, maledetta collina, maledetta amichevole portoghese. Nel ritorno, in un afoso 30 giugno, il Napoli si presenta a Torino con qualche velleità, vuole difendere la supremazia di squadra più forte del sud. Il tempo, però, di accomodarsi in campo che il Torino gli rifila sette polpette. Finisce 7 a 1, quaterna di Castigliano, doppietta di Loik e Mazzola, Baldi segna la rete della bandiera. Ma ricordiamola, ancora una volta, quella squadra da favola, quell’incipit che fa così : Bacigalupo, Ballarin, Piacentini, Rigamonti, Maroso, Santagiuliana, Castigliano, Loik, Gabetto, Mazzola e Ferraris II. Mancano due super eroi, Grezar e Ossola, uno è squalificato, l’altro è infortunato. Al Napoli non bastò un team discreto, fatto di buoni giocatori quali Sentimenti II in porta, uno dei migliori portieri dell’epoca, una difesa che in casa non faceva passare anima viva con Pretto e Berra, Rosi e Pastore, una mediana col campione Andreolo, supportato da Baldi e Di Costanzo, un buon attacco con Barbieri, Busani (nella foto sotto) e Verrina.  In quella gara gli azzurri furono annientati sebbene la stampa del Nord avesse dipinto il match diversamente dando, pensate, delle chance di scudetto agli azzurri. La matematica non li condannava, lo squadrone granata sì.

Un aneddoto molto curioso di questa partita viene riportato da un settimanale del tempo, “Goal”. Ebbene la rivista racconta di come Ferrero, presidente del Torino, si presentasse in mattinata a casa di un Valentino Mazzola apatico e convalescente e, buttando letteralmente in aria i suoi impacchi vegeto-minerali, lo caricasse su un taxi, lo portasse allo stadio e lo spedisse in campo per far vincere il Torino e  sfidare quel sole spaccasassi che faceva capolino nella città sabauda. Con un campione del genere sul rettangolo di gioco si capì da subito come sarebbe finita. Il Napoli, che si era illuso di non trovare Mazzola in campo, dopo 15 minuti aveva già preso tre reti. Busani, però, come un antesignano Higuain, non ci stava e si rimboccò le maniche cercando di caricare i compagni, ormai sul punto di spegnersi. E fu luce. Baldi, centravanti improvvisato, mise alle spalle di Bacigalupo la palla dell’1 a 3 e dopo pochi minuti Maroso fece fallo da rigore proprio su Busani. Poteva essere il 3 a 2 che avrebbe riaperto la partita ma Andreolo, da cui tutti si aspettavano una staffilata al fulmicotone, si fece parare il debole tiro dal portiere della nazionale. Scampato il pericolo, i granata misero il piede sull’acceleratore e col loro mirabile gioco offensivo chiusero la pratica con altri 4 gol e videro avvicinarsi il giorno dello scudetto.

Il Napoli, poi, continuò a perdere al Filadelfia. Nel 47-48 subimmo ancora una scopola per 4 a 0 per la prima di campionato con una squadra molto più debole di quella che aveva subìto 7 reti due anni prima. Chiellini dovette inchinasi quattro volte a raccogliere il pallone in rete ma aveva compagni dai nomi che nessuno ricorda più, tali Nespolo, Spartano, Ganelli e Di Benedetti.

L’anno della tragedia di Superga il Napoli era in serie B e il 4 maggio 1949 era un giorno di metà settimana, tra la vittoria in casa contro la Pro Sesto per 2 a 0 e quella col Vicenza per 1 a 0. Non fu un bel campionato, quello. Dovevamo essere la corazzata della categoria ma arrivammo solo sesti, il torneo sarebbe stato vinto solo l’anno successivo. Quando ritrovammo le maglie granata di fronte, nel torneo 1950-51, il Torino non faceva più paura. Furono due pareggi, 0 a 0 a Torino e 1 a 1 in casa. Ormai l’alone leggendario che aveva magnificato quella squadra di fenomeni era definitivamente sfumato. Il Napoli fu sesto mentre il Torino si salvò malinconicamente per il rotto della cuffia. Il mito era finito ma, ahinoi, quante persone avrebbero voluto che quella favola non fosse finita mai. In fondo quei “signori del calcio” erano più simpatici delle squadre con le maglie a strisce. Milan, Juve o Inter, non fa differenza. Comandavano allora e comandano ancora oggi.

(foto archivio Morgera)

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