Bella era bella, non c’è dubbio. Il nasino all’insù, gli occhi profondi e scuri, contornati sempre da un po’ di rimmel, un piccolo neo sotto le belle labbra che ammiccavano spesso a un sorriso. I capelli vaporosi e sempre in ordine su un viso che poteva richiamare una giovane Claudia Cardinale o una turbatrice di uomini come Stefania Sandrelli in un film degli anni del boom. E poi una grande eleganza a soccorrerla anche quando, probabilmente, era in casa col marito: il “Petisso”. Chissà che movenze doveva avere la signora Ornella Olivieri quando da via Giacinto Gigante scendeva a fare la spesa o ad accompagnare il figlio Roberto a scuola, al Pontano, quarta ginnasiale, capocannoniere nel torneo studentesco. Unico difetto, tifoso del Milan e “imparziale” quando il Napoli gioca con i rossoneri. La giovane sanremese non era stata “Miss Novara” per niente, da quelle parti sono sempre nate bellezze mozzafiato e lui, che Adone non era, l’aveva conquistata. Era un angelo dalla “faccia furba”, un tipino che te lo raccomando. Non portava più i baffetti ma già gli scorreva sangue napoletano nelle vene. Si dice che fu una bella ed avvenente matrona romana a convincerlo a tagliarsi i baffi, a 23 anni, quando iniziò a frequentare anche Amedeo Amedei, il fornaretto, che poi rivide a Napoli e con il quale non andò sempre d’accordo.
Bum bum bum un colpo al cuore, love story cominciata tra la Liguria e il Piemonte, lui che veniva da Buenos Aires aveva capito l’Italia alla Roma e adesso si vedeva catapultato tra gli azzurri (una premonizione?) “scudati” perché Silvio Piola lo aveva voluto a tutti i costi dopo un lungo infortunio alla Roma che ne aveva messo in pericolo la carriera. Pesaola fece benissimo al Novara, il pericolo di tornare in Argentina fu definitivamente scongiurato quando iniziò poi a frequentare la bellissima Ornella una donna di cui si innamorò perdutamente. E fu proprio lei a suggerirgli di preferire la nostra città al Milan, di accettare Napoli, all’epoca aveva il fratello che lavorava a Pozzuoli alla Siae che le raccontava delle bellezze del golfo di Partenope. Detto e fatto. Firma sul contratto, viaggio di nozze e ritiro del Napoli dove lo aspettano Jeppson e Vitali, gli altri due acquisti laurini.
Una vita insieme che purtroppo li portò anche sui giornali per le minacce subite all’inizio del 1968 quando a casa sua arrivarono lettere anonime di dubbia provenienza. Fu solo allora che Ornella dichiarò a malincuore: “Basta, lasceremo Napoli, ci stabiliremo a Sanremo” col Petisso che le fece eco: “Mi allontano da questa città con lo stesso dolore col quale lasciai anni orsono la mia famiglia e il mio paese ma non ce la faccio più, ho i nervi a pezzi”. Fu forse questo uno dei motivi per cui Pesaola accettò le lusinghiere offerte della Fiorentina con cui andò a vincere uno scudetto? Una bella rivincita per Bruno al quale, durante l’ultimo campionato da allenatore a Napoli, avevano scritto di tutto allo stadio. “Pesaola vattene!” e “Pesaola via” erano due degli striscioni che apparvero al San Paolo in quel brutto anno. Annus horribilis. Il suo cuore diventò di pietra, non si aspettava questo da una fetta del pubblico napoletano. Ma poi capì. E comprese che quegli pseudo tifosi erano semplicemente manovrati da qualcuno cui non stava più bene la sua presenza a Napoli.
Poi la brutta scoperta, una malattia che portò via, nel 1985, la sua bellezza mentre, pensate un po’, Bruno Pesaola accendeva sigarette sulla panchina del Campania. Da allora in poi del calcio allenato non ne volle più sapere. Un fardello che solo la tempra e gli occhioni, adesso più malinconici, del Petisso potevano sopportare, fedele nei secoli anche in un mondo, il calcio, dove le tentazioni sono all’ordine del giorno.
Trenta anni senza la donna della vita sono tanti, per compagnia solo una fedele badante. Maggio 2015, un anno fa. Negli ultimi giorni di vita, dopo aver evitato decine di buche che portavano diritto al cielo, tra corse in ospedale e lavaggi, infermieri che si affezionavano e lo coccolavano, visite degli amici di sempre ai quali non faceva mai mancare una delle sue battute, la richiesta di notizie sul suo Napoli, iniziò un calvario di parole, una sorta di delirium tremens in cui Ornella era di nuovo protagonista. Era al Fatebenefratelli. La invocava, la chiamava. “Perché non mi fai venire da te, brutta che non sei altro, perché non mi liberi da questi dolori? ti prego, fammi venire da te, stupida, cosa ci faccio io qui?”. Erano di questo tono, più o meno, le richieste e le preghiere che faceva alla sua Ornella. Pochi giorni ancora e la cosa si avverò. Il cuore di Bruno Pesaola smise di battere il 29 maggio dell’anno scorso. Faceva quel tipico caldo partenopeo di quando il campionato finisce e a Napoli inizi a girare senza giacca, magari in polo, e i tifosi cominciano a tormentarsi sul mercato che verrà, il gioco dell’estate. Bruno, però, la nostra bella stagione da secondo posto non l’ha vista, non ha conosciuto Sarri, non ci ha detto cosa pensava del gioco espresso dagli azzurri nel campionato appena concluso. Se ne è andato in punta di piedi, senza far rumore, con Canè, Montefusco, Rivelino e Abbondanza a portare la bara, lì, al chiostro di Santa Chiara in una chiesa dove le nostre lacrime erano appena velate dagli occhiali da sole. Adesso Bruno ed Ornella sono insieme veramente e ci ritornano in mente le parole dell’ex Miss Novara quando affermò che si sarebbero definitivamente stabiliti a Sanremo. Ora sono là, nella città dei fiori dove il Petisso’ le lancia una rosa e le chiede: “Signorina, vuole ballare con me?”.
(immagini Archivio Morgera)