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I cinque calciatori che non festeggiavano in campo, ovvero chi è incerto sul suo futuro a Napoli

I cinque calciatori che non festeggiavano in campo, ovvero chi è incerto sul suo futuro a Napoli

Nella notte perfetta del Napoli, c’è un pelo nell’uovo che in qualche modo va tirato fuori. Non vogliamo farne un caso, attenzione: è solo una constatazione, è solo cronaca. Però, quello che è successo, è abbastanza indicativo rispetto ai programmi futuri della squadra, anche al mercato. Sì, perché nelle bellissime immagini della festa in campo, con i calciatori del Napoli a esultare per una Champions meritatissima e un secondo posto bellissimo, mancavano cinque calciatori. Mancano anche nella foto: sono Christian Maggio, Ivan Strinic, Manolo Gabbiadini, Rafael e Gabriel.

Noi partiamo dal presupposto che la loro assenza dai momenti trionfali sia, in qualche modo, umanamente comprensibile. Forse non giustificabile, soprattutto da un punto di vista strettamente professionale. Con i compagni si festeggia, non è certo colpa loro se il tuo allenatore ti ha fatto star fuori. Però, d’altra parte, c’è un comprensibile scoramento. Perché non è facile partecipare a una festa quando, praticamente, non sei stato invitato. Questi ragazzi, professionisti perfetti lungo tutto l’arco del campionato – mai un mugugno, mai una presa di posizione pubblica se non attraverso il filtro sempre poco chiaro degli agenti e delle loro interviste -, hanno deciso che quella gioia non era la loro. Che le poche partite in campo, per loro, hanno un peso maggiore rispetto al contributo umano. Il famoso “fare gruppo”, per intenderci, che invece ha portato dentro la festa calciatori utilizzati ancora meno. Come Chalobah, Grassi, Regini. Lo stesso Valdifiori, partito coi galloni da titolare e poi retrocesso a Jorginho di scorta. E ancora Chiriches, prima (e affidabilissima) riserva degli eccezionali Koulibaly e Albiol. Tutti erano lì, tranne quei cinque. E vorrà dire pure qualcosa, da oggi e per tutta la sessione di mercato che va a cominciare.

Ripetiamo, non c’è giudizio da parte nostra. Hanno fatto quello che più ritenevano opportuno. Comprensibile, soprattutto, quando ti chiami Manolo Gabbiadini, Christian Maggio e Ivan Strinic. Il portiere di riserva, in questo caso doppio, ha invece una dimensione diversa. Perché essere il dodicesimo è uno stile di vita e un modo di essere calciatore, e non è facile diventarlo già a 23 anni (Gabriel) o a 26 dopo essere stati titolari nel Napoli, nel Santos e nella nazionale brasiliana (Rafael). Tornando ai giocatori di movimento, dicevamo della comprensibilità di questo gesto. Se ti chiami Gabbiadini, e hai praticamente buttato una stagione (e un Europeo) per una convivenza tattica insostenibile (c’è bisogno di scrivere ancora di Higuain?) e per un infortunio che ha in qualche modo pregiudicato ancor di più le già minime speranze di turnover; se ti chiami Maggio, vieni da sette stagioni al Napoli durante le quali non sei mai sceso sotto le 22 presenze, se non per infortunio, e ti ritrovi a giocare otto spezzoni di gara in tutto; se ti chiami Strinic, calciatore di riconosciuto livello europeo (33 presenze con la Croazia, 39 in competizioni internazionali di club) e ti ritrovi a partire in ogni caso dietro Faouzi Ghoulam, fino a mettere insieme non più di 13 partite in tutte le competizioni. 

Li possiamo bacchettare col cervello, possiamo stigmatizzarne la scelta. Possiamo perfino essere severi con una professionalità forse inferiore a quella di chi, pur avendo giocato poco e niente, ha preferito (ancora) il “fare gruppo” anche nel momento della gioia. Però, non possiamo condannarli. Soprattutto se dimentichiamo per un attimo che loro sono prima calciatori e poi uomini. 

I programmi, dicevamo. Questo è un discorso ipotetico, aleatorio. Però, ripensare al fatto che proprio loro non fossero in campo a fare fesra fa capire quanto non sentano loro questa qualificazione alla Champions. E quindi, come sia non proprio azzardato pensare a un loro prossimo addio. A una loro cessione, magari anche clamorosa (Maggio, dopo otto stagioni e a 34 anni compiuti) o comunque remunerativa ma tecnicamente azzardata (Gabbiadini). Il Napoli dell’anno prossimo non può permettersi di partire con dei musi già lunghi per il passato. Perché la stagione prossima ventura dovrà essere all’insegna del turnover per forza (c’è la Champions, vivaddio), e ogni esclusione o inclusione dovrà essere sempre priva di preconcetti. In una direzione, quella dell’allenatore verso i giocatori (anche qui, sul Napolista, ci siamo spesso interrogati sull’eccessivo legame di Sarri con i suoi titolarisimi); ma anche nell’altra, dai calciatori verso il tecnico. Bisogna ripartire sereni, tutti in campo insieme per trasformare la festa di ieri sera in qualcosa di ancora più grande. Chi non se la sente, avrà avuto i suoi motivi. E noi vogliamo in qualche modo starci, senza giudicare. Così come però faremo con il board del club (De Laurentiis, Giuntoli, Sarri) nel momento in cui dovesse decidere di dare via uno o tutti i cinque desaparecidos di ieri sera. Giusto così, per entrambi. 

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