ilNapolista

Insigne non è Totti ma nemmeno Juliano era Rivera

Insigne non è Totti ma nemmeno Juliano era Rivera

In un ipotetico sondaggio, se dovessero chiedere ai tifosi se preferiscono la moviola in campo o l’eliminazione dei procuratori punteremmo decisamente sulla seconda ipotesi. Almeno qui a Napoli, ma crediamo anche altrove. L’avvento dei procuratori è uno degli aspetti che ha contribuito a modificare il calcio. Ovviamente ci sono procuratori e procuratori, come in ogni ambito della vita, generalizzare è sempre una facile scorciatoia però capita spesso che le loro dichiarazioni siano fuori luogo e fuori tempo. L’ultimo, cronologicamente, ad essersi distinto per intempestività è stato uno dei due assistenti di Lorenzo Insigne: Fabio Andreotti non nuovo a dichiarazioni che finiscono col diventare controproducenti per il suo assistito.

Nel bel mezzo della tempesta Totti, e all’indomani del 6-0 del Napoli al Bologna con tripletta di Mertens, Andreotti ha preso la parola (ed è già un errore) e si è lanciato in un paragone che oggi può solo danneggiare Lorenzo: “Vuole diventare il Totti del Napoli”. Seguito dalla classica frase che suona più o meno: ma i matrimoni si fanno in due. Quando un procuratore interviene, il pensiero del tifoso e dell’appassionato parte in automatico: “bussa a denari”. Nulla di male ovviamente. Ma in questo caso hanno gioco facile coloro i quali – e sono la stragrande maggioranza – ribattono: “Sì ma ne deve mangiare pane Insigne per diventare come Totti”.

Paragonare Insigne a Totti nel momento in cui il capitano della Roma è probabilmente la persona più popolare oggi in Italia non è stata una genialata. È un confronto che, fatto oggi, non può che sminuire la figura di Insigne. E quindi il suo procuratore in qualche modo lo ha danneggiato, di certo non lo ha aiutato. Anche perché a Napoli, come peraltro in qualsiasi piazza italiana, i tre gol di Mertens al Bologna a risultato acquisito hanno riacceso la discussione sulla concorrenza tra i due e portato acqua al mulino dei sostenitori del belga. Che è un gran bel giocatore, che quest’anno ha dimostrato grande professionalità: è rimasto in silenzio pur essendo diventato di fatto un panchinaro. Che però è meno utile di Insigne. Mertens è un ottimo calciatore, un punto di forza del Napoli che avrebbe certamente meritato di giocare di più in campionato quest’anno, di partire più volte titolare, ma che nell’equilibrio della squadra non offre le stesse garanzie di Insigne. Né la stessa continuità, come ha dimostrato anche nei due anni precedenti. E come dimostra anche il suo impiego in Nazionale, quel Belgio che è tra le favorite del prossimo Europeo.

Insomma Insigne non è titolare per caso. Insigne ha giocato un formidabile campionato. Ha segnato 12 gol – non gli era mai successo in serie A – ha servito otto assist vincenti, nella speciale classifica è secondo dietro ad Hamsik. È stato protagonista indiscusso della vittoria 4-0 a Milano contro il Milan, ha sbloccato le gare interne contro Juventus e Fiorentina, ha segnato un gol che è un’opera d’arte al Torino. Senza dimenticare che ha riconquistato la Nazionale. È un patrimonio del Napoli che il Napoli ha fatto progressivamente crescere, da Mazzarri a Benitez fino a Sarri. Un calciatore che a 22 anni ha disegnato una punizione mostruosamente bella contro il Borussia Dortmund in Champions League. Ma anche un calciatore che sconta l’essere napoletano. Deve giocare sempre al massimo. A lui, in quanto napoletano, non gli si perdona nulla. Ed è per questo che le parole del procuratore sono sbagliate, perché lo ha schiacciato su un paragone oggi improponibile per chiunque e che non contribuisce a rasserenare né lui né l’ambiente.

Insigne non è Totti. Ma nemmeno Juliano era Rivera, né tantomeno il suo concorrente diretto De Sisti. Eppure era la nostra bandiera. Eppure partecipò a tre Mondiali pur giocando appena sedici minuti (nella finale del 70 contro il Brasile, dieci in più di Rivera). Insigne ha già giocato un Mondiale e ha collezionato più minuti di Juliano nella partita persa contro il Costa Rica. E probabilmente disputerà un Europeo, come Juliano. Insomma: perché continuare nel nostro esercizio di masochismo? Anche Totti a Roma visse il suo periodo difficile. Nella stagione 1996-97 con Carlos Bianchi in panchina; l’argentino voleva cederlo in prestito alla Sampdoria. Si salvò in un triangolare amichevole, il Città di Roma, contro l’Ajax e il Borussia Moenchengladbach, in cui segnò e diede spettacolo. Ma leggete cosa scrisse Palombo sulla Gazzetta: “Totti, per chi non lo sapesse, ha fatto il fenomeno. E’ un giovanottello con i suoi vizi. Ma le virtu’ sono comunque tali da tenerselo stretto. E magari da educarlo”. E ancora: “Totti, fischiato in precedenza al pari di Statuto (i romani di Roma non sono piu’ tanto amati, ultimamente), ha prima creato dal nulla l’azione del 2 – 0 (Totti – Moriero – Delvecchio tutto molto bello) con un lancio proprio solo dei fuoriclasse. Poi ha ultimato l’opera dell’umiliante 3 – 0 con un minishow con pallonetto conclusivo, maradoneggiando”. Anche se era giovanissimo, pure Totti ha avuto i suoi problemi a Roma. Forse Insigne non sarà mai come lui, è molto probabile visto che stiamo parlando di uno dei calciatori italiani più forti di sempre (secondo solo a Piola nella classifica dei gol segnati in serie A). Insigne è un patrimonio di questo Napoli, può diventarne la bandiera. E il primo a tutelarlo dovrebbe essere chi cura i suoi interessi.

ilnapolista © riproduzione riservata