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“Calcio italiano di merda”. Il Napoli reagisca e Napoli cominci ad amarsi

“Calcio italiano di merda”. Il Napoli reagisca e Napoli cominci ad amarsi

Aveva ragione la Gazzetta dello Sport: Gonzalo Higuain è stato squalificato per quattro giornate dopo l’espulsione di domenica a Udine. Una giornata per la doppia ammonizione, tre per le ingiurie e le mani sul petto dell’arbitro e per la tentata aggressione a Felipe. “Una più tre” come incredibilmente anticipato dal giudice Tosel a Gianni Simioli che a RadioMarte ha mandato in onda lo scherzo telefonico. La Gazzetta sapeva tutto con un giorno d’anticipo, come dieci anni fa conosceva 24 ore prima la sentenza sportiva di Calciopoli. In dieci anni, nel rapporto giustizia sportiva-informazione, è cambiato ben poco.

Quattro giornate di squalifica a Gonzalo Higuain sono un provvedimento impossibile da digerire in questo campionato. Torneo che fino a due giornate fa stava filando via più o meno liscio, lungo binari di quella che possiamo considerare una regolarità con fisiologiche cadute. Nelle ultime due giornate, però, il campionato è deragliato. E la posizione di Tuttosport – che oggi si schiera in difesa di Higuain, contro la sua squalifica – è la spia del malessere, è la prova che la regolarità del campionato risulta pesantemente condizionata. Perché a fare la differenza è ancora l’arbitraggio di Rizzoli nel derby Torino-Juventus, è la disparità di trattamento: la mancata ammonizione ad Alex Sandro sul fallo da rigore (che ne avrebbe comportato l’espulsione) e la timidezza dell’arbitro mondiale sulle proteste di Bonucci che lo intimorisce in una maniera immortalata perfettamente dalla foto che da due settimane sta facendo il giro del web e dei giornali.

È la disparità di trattamento il punto. Perché Alex Sandro non viene ammonito e Ghoulam e Koulibaly sì? E, soprattutto, perché Rizzoli accetta di essere sottomesso da Bonucci e Higuain viene squalificato addirittura per quattro giornate? Due pesi e due misure che nel momento decisivo hanno condizionato la regolarità del torneo e trasformato un finale entusiasmante in una corrida in cui rischiano di saltare i nervi a tanti.

Adesso, però, è il momento di non perdere la calma. Il campionato non è ancora terminato e il Napoli ha il dovere di giocarsela fino alla fine e non è una frase di rito. Innanzitutto la società deve presentare ricorso e, grazie anche al clamore mediatico giustamente sollevato,ha buone chance di ottenere una riduzione di una se non di due giornate per il calciatore più forte del campionato. Occorrerebbero presenza e nervi saldi. L’assenza del presidente De Laurentiis (fino a ieri era in vacanza alle Maldive) in un momento topico e in una società che ruota attorno a un uomo solo è in questo frangente inaccettabile. Non servono dichiarazioni roboanti, ce ne vorrebbero di dure e misurate, occorre però la presenza del padre. Che fronteggi e combatta questa disparità di trattamento e tranquillizzi i suoi. Perché c’è una grande stagione – e anche un piazzamento Champions, che sia il primo o il secondo – da proteggere.

Poi ci sarebbero altre cose da dire, ma probabilmente non è questo il momento. Ne possiamo accennare brevemente. Non possiamo dimenticare che le ultime due polemiche ce le siamo costruite in casa: il chilo di Higuain e la polemica, quella sì roboante, nei confronti di Bargiggia con tanto di accenno ai poteri forti che tanto è piaciuto ai tifosi; così come non possiamo dimenticare le sterili polemiche sugli orari delle partite, la penombra, il pallone, che finiscono solo col creare un rumore di fondo di lamentela che somiglia tanto alla formuletta “al lupo, al lupo” e col destabilizzare e indebolire l’intero gruppo come abbiamo visto domenica (a Udine abbiamo perso con merito, va sottolineato); né tantomeno dimentichiamo il “papponismo” che torna a ogni minimo passo falso; così come – sembra fuori tema ma non lo è – non possiamo dimenticare che Napoli troppo spesso viene utilizzata a proprio piacimento e spesso fa comodo tracciare e sponsorizzare l’immagine di una città sempre disastrata. È come se a Napoli mancasse un minimo comune denominatore di appartenenza, ci travestiamo sempre da disperati all’ultima chance e questo – oltre ad essere falso – ci rende decisamente più deboli nei momenti topici. 

Un anno dopo ci ritroviamo più o meno nella stessa situazione che un signore sintetizzò con la frase “calcio italiano di merda”. Ora, più che mai, dovremmo far tesoro della lezione di quel signore e cominciare realmente il nostro spalla a spalla. E iniziare a essere più sicuri di noi, della nostra reale forza. L’ingiustizia delle quattro giornate di squalifica a Higuain deve diventare un punto d’inizio.

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