ilNapolista

Il caso Reina e il ruolo dell’informazione nell’immagine di Napoli e del Napoli

Il caso Reina e il ruolo dell’informazione nell’immagine di Napoli e del Napoli

Uno scambio a colpi di Twitter tra Gigi, un caro amico molto attento alle questioni napoletane, e il giornalista sportivo lombardo Fabio Ravezzani mi hanno portato a riflettere ancora una volta sul ruolo che svolgono i media nella diffusione dell’immagine di una città e dei suoi abitanti.

Il motivo del contendere è il risalto che si dà alle notizie negative su Napoli e il Napoli mentre lo stesso tipo di notizie accadute in altre parti di Italia passa in sordina. Nello specifico mi riferisco all’episodio della rapina al calciatore del Napoli Lorenzo Insigne e agli ultimi casi (non i primi) capitati a Milano al giocatore colombiano del Milan Carlos Bacca e al furto in casa della signora Agnelli a Torino. Il mio amico attraverso Twitter fa notare al giornalista che aspetta con ansia un suo messaggio sui furti a Milano e Torino. Ravezzani invece di riconoscere il problema nella sua interezza, lo differenzia secondo la latitudine geografica affermando che per parlarne aspetta la quarta rapina a mano armata a Milano. In questo modo fa passare il messaggio che a Milano o Torino è un episodio isolato mentre a Napoli è la prassi.

Non sono di quelli che nascondono le verità o non ammettono l’esistenza di problemi, ma non credo sia professionalmente corretto nel giornalismo, così come in altri campi, utilizzare il concetto del due pesi e due misure. I furti e le rapine a danno dei calciatori sono diffuse e all’ordine del giorno da Milano a Napoli passando per Torino e Roma. Mi chiedo il motivo per cui una rapina a Napoli fa notizia e a Milano no. Perché differenziare? Quali sono i motivi per cui un evento negativo a Napoli viene sbattuto in prima pagina e la stessa tipologia avvenuta in altra parte del territorio non fa notizia? Perché sono anni che i media nazionali e, ahimè, buona parte di quelli locali che scimmiottano i “grandi giornalisti” Sky, Mediaset e Rai in una continua ricerca di redenzione da un’inferiorità auto inflitta, alimentano un’immagine negativa di Napoli e dei napoletani?

Sono domande che mi pongo da molto tempo e a cui ho dato una risposta parziale dopo aver visto la puntata del 10 febbraio 2016 de “Lo Stato dell’Arte”, programma di Rai Cultura dedicato ai grandi e piccoli temi d’attualità, intitolata “il Sud è così cattivo come lo disegnano?”.

Il comunicato stampa della Rai recita: “Nei media nazionali, il Sud Italia – il Meridione – è spesso rappresentato come terra della criminalità e del degrado. Questa rappresentazione si limita a cogliere dati di fatto, oppure aggiunge ai fatti un’interpretazione che fa di alcuni problemi locali la chiave di lettura di un’intera area geografica? Il Sud ha nella cultura e nell’opinione pubblica italiana l’immagine che davvero si merita, oppure è oggetto di processi di semplificazione e di caricatura?”

Durante i 25 minuti di trasmissione  sono rimasto colpito dai contenuti, dai toni e dalle informazioni divulgate che dimostrano con dati e fatti oggettivi che c’è una sostanziale disparità di trattamento nell’informazione sulle due parti del paese che si traduce anche in azioni politiche differenti e uno sbilanciamento negativo nella destinazione di risorse, a favore del Nord del paese, sulla base del concetto “tanto al Sud non le sanno utilizzare” quindi tanto meglio non destinarle al meridione e utilizzarle nel Nord produttivo. A questo stato di cose contribuisce il ruolo dell’informazione nel dipingere un Sud “cattivo” e sprecone che non si merita nulla di ciò che ha.

In realtà secondo gli ospiti della trasmissione, Alessandro Laterza, editore e vice presidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno, e Stefano Cristante, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università del Salento, il Sud è vivo, in fermento e produttivo. Ma non se ne parla. C’è un atteggiamento generalizzato da parte della politica e dei media a non evidenziare gli aspetti positivi esistenti nel Mezzogiorno come per esempio nel campo della produzione culturale – dalla narrativa alla musica, dal cinema al teatro – i cui maggiori esponenti provengono tutti dalle regioni meridionali.

L’intervento che ho trovato più interessante, dal momento che sono un sociologo visuale e mi occupo di questi argomenti, è quello di Stefano Cristante, sociologo della comunicazione. Il professore, sollecitato dal conduttore, afferma che gli organi di informazione giocano un ruolo di primo piano nel costruire l’immagine negativa del meridione, mettendo in risalto sistematicamente e quasi esclusivamente notizie legate alla criminalità, alla violenza e alla malasanità in modo da rappresentare il Sud come una zavorra per il resto d’Italia.

Particolarmente interessanti e spunto di riflessione sono i dati raccolti e analizzati da Cristante che, alla domanda su quali siano i motivi per cui il Sud viene dipinto in modo così negativo, risponde con i risultati raccolti investigando sul Tg1 il telegiornale più seguito dagli italiani. Da 35 anni, solo il 9% delle notizie apparse al Tg1 sono dedicate al Sud Italia, parte del paese che conta un terzo della popolazione nazionale. Come se non bastasse la mancanza di attenzione e la sottorappresentazione del meridione, di questo 9% ben il 75% è rappresentato da cronaca e criminalità seguito dal meteo e dal welfare che la maggior parte della volte si traduce in casi di malasanità. Tutto il resto, anche campi in cui il Sud eccelle a livello nazionale e internazionale come per esempio la cultura, non viene raccontato.

Ritorniamo al calcio e notiamo come il discorso sia praticamente lo stesso e valga nell’informazione sportiva. Nei momenti migliori del Napoli o cruciali della stagione appaiono e si pubblicano notizie false o ingigantite che destabilizzano l’ambiente come per esempio malumori o partenze dei giocatori più rappresentativi. Notizie che creano intorno alla squadra del Napoli, e alla città, un’immagine parziale, principalmente negativa, che condiziona anche le scelte economiche e sportive del club. Quante volte abbiamo sentito di giocatori che non sono venuti a Napoli per paura o per l’immagine della città? O la famosa frase presa in prestito da un film “quando un forestiero arriva al Sud piange due volte: quando arriva e quando parte”? Lo sa bene il portiere del Napoli, lo spagnolo Pepe Reina che dopo un anno in Germania al Bayern Monaco è tornato felice a Napoli per una scelta di vita.

Proprio Reina ultimamente è sotto attacco e non credo sia un caso. Il portiere del Napoli attraverso i social e soprattutto Twitter sta dimostrando di amare profondamente la città e la squadra e di difenderla dagli attacchi esterni. Numerosi sono i suoi messaggi in difesa della città o comunque per sottolinearne i lati positivi. A causa anche di un paio di errori nelle ultime partite, dimenticando parate importanti durante tutto il campionato e soprattutto la capacità di guidare una difesa che con il suo ritorno sembra essere rinata, molti addetti ai lavori, ma anche tifosi, accusano Reina di calo di concentrazione, di scarsa forma fisica, di pensare troppo a Twitter e poco alle partite. Dal mio punto di vista, è un caso mediatico costruito a tavolino che rientra perfettamente nell’immagine negativa che si costruisce intorno al Napoli. Se c’è qualcuno che non solo ne parla bene, ma che sta contribuendo in maniera sostanziale a qualcosa di positivo per la città, bisogna screditarlo.

Concludo con un estratto del libro Numero Zero (2015, 58-59) del compianto Umberto Eco:

“Lo so che si è sdottorato sul fatto che i giornali scrivono sempre operaio calabrese assale il compagno di lavoro e mai operaio cuneese assale il compagno di lavoro, va bene, si tratta di razzismo, ma immaginate una pagina in cui si dicesse operaio cuneese eccetera eccetera, pensionato di Mestre uccide la moglie, edicolante di Bologna commette suicidio, muratore genovese firma un assegno a vuoto, che cosa gliene importa al lettore dove sono nati questi tizi? Mentre se stiamo parlando di un operaio calabrese, di un pensionato di Matera, di un edicolante di Foggia e di un muratore palermitano, allora si crea la preoccupazione intorno alla malavita meridionale e questo fa notizia… Siamo un giornale che si pubblica a Milano, non a Catania e dobbiamo tener conto della sensibilità di un lettore milanese. Badate che fare notizia è una bella espressione, la notizia la facciamo noi, e bisogna saperla far venire fuori dalle righe. Dottor Colonna, si metta nelle ore libere con i nostri redattori, sfogliate i dispacci di agenzia, e costruite alcune pagine a tema, addestratevi a far sorgere la notizia la dove non c’era o dove non si sapeva vederla, coraggio”.

ilnapolista © riproduzione riservata