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Perché a Napoli una rapina non è mai solo una rapina?

Una rapina è una rapina, a tutte le latitudini e sotto ogni cielo. Vorremmo non arrenderci all’idea che il cielo di Napoli sia sempre sporco di fango e luoghi comuni.

Perché a Napoli una rapina non è mai solo una rapina?

Una breve rassegna stampa relativa alla rapina a Insigne, tra chi prova a dire (Il Mattino) che una rapina è una rapina, a Napoli come a Calcutta (e il Napolista stavolta sposa la linea di via Chiatamone), e chi come il Corriere della Sera prefigura scenari che si spingono parecchio più in là, con messaggi inviati dalla camorra allo Stato attraverso la rapina al calciatore del Napoli. Dal fantacalcio alla fantacriminalità?

C’entra qualcosa la rapina ad Insigne e la sua presumibile paura con il nuovo governo della Fifa, intesa ovviamente come acronimo e non come orrendo gioco di parole? Magari no, ma entrambi fanno parte dello zibaldone di questo fine settimana strapallonaro, che stasera con Fiorentina-Napoli ci dirà qualcosa di più su scudetto e lotta Champions. (Oliviero Beha, il Fatto quotidiano)

Una rapina è una rapina, a tutte le latitudini e sotto ogni cielo. Vorremmo non arrenderci all’idea che il cielo di Napoli sia sempre sporco di fango e luoghi comuni. (Vittorio Del Tufo, Il Mattino)

Un semaforo rosso e scatta la trappola. A Napoli è così: capita anche altrove, ma non con una continuità tanto disarmante se a finire nel mirino dei delinquenti sono i calciatori della squadra della città. Lorenzo Insigne è l’ultimo di una lunga serie. (Guglielmo Buccheri, La Stampa)

Gli autori della rapina a Insigne non sono dei balordi. Su questo ci si può scommette. E non solo perché un colpo del genere implica una certa «professionalità», il che vuol dire seguire la vittima, aspettare il momento giusto per agire, calcolare i rischi della fuga e cose del genere. (Marco Demarco, Corriere della Sera)

Quello che va segnalato è piuttosto il rischio della narrazione stereotipata: il rischio cioè che da un episodio di cronaca così simile a tanti altri – e che non fa di Napoli una città diversa dalle altre – derivi un florilegio di luoghi comuni dai quali vorremmo invece affrancarci. Che se ne tragga linfa, cioè, per scatenare canèe, e trascinare ancora una volta la città nel gorgo del fango e del tanfo. Qui non ci riferiamo alle speculazioni politiche (eccole, puntualissime: «Napoli è una città fuori controllo», e via banalizzando) ma al danno d’immagine che rischia di tracimare da questi episodi. Gravissimi, intendiamoci. (Vittorio Del Tufo, Il Mattino)

Se ne può dedurre che con molta probabilità la rapina sia stata commissionata per ottenere molto più del Rolex e dei braccialetti con diamanti della moglie del calciatore. Qualcosa che ora è difficile sapere. Ma che dal punto di vista dei boss, potrebbe valere, in prospettiva, molto più degli alti costi immediati. Magari – perché no? – addirittura la ritirata dell’esercito da quartieri come Forcella o la Sanità, dove la presenza delle divise, da alcune settimane a questa parte, di sicuro non gioca a vantaggio degli affari delle bande. (Marco Demarco, Corriere della Sera) 

Superato il momento di choc Insigne decide di proseguire verso Fuorigrotta, dove lascia la coppia di amici, e poi si reca a Frattamaggiore, presso la stazione dei carabinieri dove segnala l’aggressione. Solo dodici ore dopo, ieri mattina, sua moglie Genny tornerà dai militari dell’Arma per formalizzare la denuncia. Indagini a trecentosessanta gradi, sicuramente complicate dal fatto che il calciatore non ha allertato immediatamente dopo aver subito la rapina le centrali operative di polizia e carabinieri.(Giuseppe Crimaldi, Il Mattino)

L’auto si ferma per il semaforo rosso in viale Gramsci. Probabilmente i due rapinatori, in sella ad una moto Aprilia ed entrambi con caschi integrali, li stanno seguendo fin dall’uscita del locale al Vomero. Decidono che quello è il momento migliore per agire. Il rapinatore passeggero sulla moto scende, apre lo sportello lato guida della Mercedes, punta la pistola alla testa di Insigne che rimane come paralizzato. «Dammi tutto». Non manifesta sorpresa nel trovarsi di fronte l’attaccante, il che conferma la pista di una aggressione premeditata. Via il Rolex e i due bracciali, poi i soldi. (Irene De Arcangelis, la Repubblica)

Succede a Napoli e dove se no? Ti puntano la pistola in faccia, portano via Rolex, soldi e qualche monile e poi rendono un tantino soft l’accaduto: «Mi dedichi un gol contro la Fiorentina?». (Angelo Rossi, Il Giornale)

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