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Sarri sta dimostrando che un altro calcio è possibile. Sta riuscendo dove Zeman ha fallito

Sarri sta dimostrando che un altro calcio è possibile. Sta riuscendo dove Zeman ha fallito

Pochi ricordano un passaggio di una telefonata, del giugno 2012, tra Aurelio De Laurentiis e Zdenek Zeman. Il Pescara aveva trionfato da poco, pochissimo e il Napoli si ritrovava tra mani un patrimonio chiamato Lorenzo Insigne che non si comprendeva neppure quanto fosse tale. In quella telefonata si parlò, stando a voci di corridoio, anche di Immobile e di Marco Verratti. E di un arrivederci a presto? Forse. Chissà.

Prologo di ciò che poteva essere e non è stato. Perché la storia è andata diversamente. Perché troppo forte era il richiamo della Roma. troppa la necessità per il Mister di rivedersi in un Enzo Tortora stanco ed emaciato con il suo celebre “Dove eravamo rimasti?” per riannodare il filo di un discorso spezzato per tante ragioni. Nel frattempo, però, Roma è cambiata. La Roma era cambiata, nonostante tutto e Totti. E non era cambiato, a dispetto di quanto Pescara aveva detto, Zeman stesso, ingenuo o megalomane non si sa, travolto al momento del suo personale rilancio (che da solo, caparbiamente, si era costruito) dalla presunzione che come don Chisciotte potesse da solo frantumare una macchina da soldi dall’acronimo della mai tanto rimpianta Germania Orientale. Proprio quello lì, eco dei brerini di turno, con quella sua dichiarazione (“A calcio si vince in un sol modo”) che altro non faceva che accreditare – in piena estasi italica da 3-5-2 – il fatto che un certo tipo di calcio fosse utopico o, comunque, superato. E che un altro calcio fosse impossibile.

Napoli, oggi. Un Lavoratore del calcio, Maurizio Sarri, con la faccia di operaio dell’Alfasud, ex impiegato di banca, per troppi “o’scienziato…” o “mister 33…” incanta l’Italia sul campo, con un 4-3-3 che ricalca quasi ogni canone zemaniano: tagli degli esterni d’attacco, sovrapposizioni dei terzini di fascia, essenzialità degli interni, movimenti senza palla con inserimento, difesa altissima, gioco di prima. Fuori dal campo, invece, è riuscito a far cacare sotto un po’ di gente che:

– a) teme che il Napoli possa vincere lo scudetto con lui in panca e Giuntoli come d.s.; 

– b) Aurelio De Laurentiis, uno che non fa mangiare nessuno del sistema-calcio, possa dettare una via alternativa a certe dinamiche; 

– c) il tricolore possa finire in una realtà che è autosufficiente dal punto di vista economico: soldi veri, amici miei.

E mettiamoci pure che:

– d) troppi nemici delle doppie sedute non hanno amato le dichiarazioni rese dall’ex bancario che sta ridicolizzando il calcio italiano e i suoi c(i)ucci, quando parlava di sosta natalizia troppo lunga o che introdurre il boxing day all’italiana, magari dando spazio alla tanto bistrattata coppa Italia, sarebbe cosa buona e giusta.

Insomma, Sarri, Giuntoli e DeLa stanno allegramente fottendo il sistema, sul campo e fuori. E faranno di tutto per fermarli. Anche creando polemiche fondate sul nulla, vedasi questione-esultanza post-Toro sollevata dall’emittente a pagamento.

Sarri ce la sta facendo. Sta sbugiardando, con il suo calcio, i detrattori di Zeman e sta urlando al mondo che un altro calcio, appunto, è possibile e non utopico. Riuscendo a far convogliare su sé stesso, magari ricredendosi in alcune convinzioni iniziale, anche elementi che inizialmente sembravano ai margini, stringendo un patto d’acciaio con un mai così forte Higuain e rendendo Callejon, inizialmente marginalizzato, elemento a cui tatticamente questo Napoli non può rinunciare. Un po’ come – per chi si ricorda – lo era Sansovini a Pescara o Eto’o per Mourinho. Anzi, di più. Lo spagnolo, rispetto agli altri due, di fatica ne fa anche il doppio.

Io sono zemaniano sempre. Ma zemaniano oltre. E se Zeman oggi non ha il Napoli la colpa è solo sua, della sua scarsa visione delle scelte, del suo non comprendere il contesto in cui si è trovato ad operare e, perché no, il suo sopravvalutare gli uomini a disposizione sopravvalutando sé stesso. Ce lo vedete il Mister portare dalla sua un Pjanic o un Castan, per tacere di De Rossi? Questo il suo grande limite. E non tattico. Questo gli ha impedito di scrivere una grande storia che altri, con molti dei suoi strumenti, stanno scrivendo.

La rivoluzione, forse, la stiamo facendo. Con Sarri? Sì. W SARRI!
Paolo Bordino Gruppo Zeman

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