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Quel Napoli-Torino 1-0 in trasferta a Roma con gol di Peppino Massa

Fu un esodo senza precedenti quello dei tifosi napoletani verso lo stadio Olimpico di Roma, teatro dell’anticipo di campionato tra Napoli e Torino dell’ undici gennaio 1975. Il San Paolo era finito sotto le ire del Giudice Sportivo dopo la gara interna con la Juventus, finita 6 a 2 per i bianconeri, con lancio di petardi all’indirizzo del guardalinee che operava sotto i distinti a pochi secondi dalla fine, a risultato ormai compromesso. Il Napoli fu costretto a giocare due volte “fuori casa”, la prima col Torino, appunto, e 15 giorni dopo con il Varese. Dopo la scoppola con la Juve gli azzurri avevano messo in fila due pareggi, entrambi fuori casa e a reti bianche, quello pre natalizio a Terni e l’altrettanto scialbo di San Siro con l’Inter alla vigilia dell’Epifania. Adesso era il momento del riscatto, lo sentivano i giocatori, di nuovo con Vinicio, lo sentivano i tifosi.

Fu un esodo che ne ricorda da vicino altri due, sempre all’Olimpico, e sicuramente li superò per numero di spettatori. Il primo fu quello del dicembre 1973 quando il Napoli andò a vincere contro la Roma con rete di Braglia nel giorno in cui scattò l’austerity ed i napoletani raggiunsero la capitale con ogni mezzo. Il secondo fu nel dicembre del 1975 quando gli azzurri espugnarono l’Olimpico con la rete di Boccolini e 40000 spettatori si inventarono il nuovo-vecchio inno del Napoli,“O’ surdato nnamurato”.

Il giorno di Napoli – Torino anche i giornali del Nord stimarono il numero di tifosi di quella partita in 50mila presenze. Vale a dire che quella partita, giocata in campo neutro, ebbe più spettatori di Napoli-Inter giocata al San Paolo quest’anno. Cifre che fanno rabbrividire e pensare come nel corso degli anni il calcio sia cambiato, quanto oggi lo spettatore sia pantofolaio e quanto l’aggregazione tra tifosi si sia ridotta al lumicino. Per questo c’è da sorridere quando si legge “Bologna invasa dai tifosi napoletani. Circa cinquemila supporter partenopei sugli spalti” e pensare che il calcio ha vissuto una rivoluzione copernicana, passando da un’era all’altra con estrema, troppa, facilità, perdendo uno dei valori che reggono questo bellissimo sport: la partecipazione popolare.

Quella gara col Torino si giocò di sabato proprio per permettere alla Lazio o alla Roma di giocare regolarmente in casa il giorno successivo. Rigorosamente alle 15. “Amarcord” direbbe Federico Fellini. Ero in un bar, in trepidante attesa con altri tifosi, attendendo che la radio trasmettesse il secondo tempo della partita. Fino alle 16 nessuna notizia, “Mannaggia, che sta facendo il Napoli?” era la frase più ascoltata tra le quattro mura di quel locale. Inizia il secondo tempo, collegamento radiofonico partito. “Giornata fresca, cielo coperto, terreno in ottime condizioni. Presente in tribuna l’osservatore federale Bearzot, unitamente agli allenatori di Roma e Lazio Liedholm e Maestrelli e ai giocatori della Roma. Ciclonica la presenza napoletana sugli spalti. Decine di migliaia di supporter partenopei hanno aggredito la capitale con ogni mezzo di trasporto durante la mattinata”.

Se questo incipit non è “poesia calcistica” io sono Shakespeare. Sapevamo che Clerici e Braglia erano out ma fino all’ultimo non sapevamo quali fossero state le scelte di Luis Vinicio. Allora dalla “scatola parlante” apprendiamo che Massa indossa l’inedita per lui casacca numero 9, quella del Gringo, Ferradini la 11 di Braglia e all’ala destra viene schierato il soldatino sardo Rampanti come raccordo tra le punte ed il centrocampo. L’espulsione di Santin, reo di una seconda ammonizione per fallo su uno scatenato Massa, fa ben sperare. Nel bar si stanno consumando gli ultimi spiccioli delle festività natalizie, qualcuno apre un panettone, qualche altro compra caramelle in clima post Befana, qualche avventore chiede un caffè o addirittura un ponche caldo. C’è anche chi si accende una sigaretta e si concentra sull’ascolto della partita tra una boccata di fumo e l’altra e pensa di sapere di calcio con pronostici avventati e discorsi insensati. Sono quelli che dopo la partita vanno al cinema, proprio di fronte al bar, a passare la serata.

Al 17′ della ripresa il radiocronista annuncia un angolo per gli azzurri. Rampanti, l’ex al veleno, batte il corner, sulla traiettoria tesa si avventa come un falco predatore ‘Peppiniello’ Massa e gira in gol con un colpo di testa preciso. Pigino, il povero portiere che sostituisce Castellini quel giorno, faccia rubizza da contadino delle langhe, resta fermo e dimostra di non aver saputo prendere il tempo al folletto partenopeo. Urla e schiamazzi nel bar, gooool, Napoli in vantaggio. Per il resto ordinaria amministrazione con gli azzurri che controllano la partita lasciando pochi spazi alla flebile reazione del Torino che aveva già iniziato la partita con una tattica attendista e prudente. Carmignani non tocca palla, Burgnich passa un pomeriggio tranquillo, Pogliana continua a scorazzare tenendo Sala lontano dall’area napoletana e Bruscolotti fa fuori Paolino Pulici e lo costringe ad uscire dal campo. A centrocampo la voglia di Rampanti con la premiata orchestra Juliano – Orlandini  Esposito fanno il resto mettendo in grado di tirare in porta perfino il carneade Ferradini.

Il protagonista della giornata fu comunque Rampanti da Carbonia, detto ‘Serino’ dagli amici, classe 1949, una vita nelle giovanili del Torino da cui il Napoli lo aveva acquistato l’anno prima approfittando dei dissapori tra questi e Mondino Fabbri che non lo vedeva di buon grado, chiuso da Claudio Sala. Piccolo e scuro di pelle, gambe veloci e tecnica discreta, baricentro basso ma con giudizio, il giocatore sardo fece un partitone quel giorno. “Mi hanno svenduto e mi sono preso una bella e sonora rivincita” dirà a fine partita. “Oggi ero molto carico, volevo vincere a tutti i costi per dimostrare quanto valgo, ma non avevo intenzione di spaccare le gambe ai miei compagni, anzi mi dispiace aver fatto male a Santin, era un fallo che forse potevo evitare ma non l’ho commesso per cattiveria”. Parole, verità e bugie a braccetto, chissà. Purtroppo nella sciagurata operazione che portò Savoldi al Napoli il Bologna chiese espressamente sia Clerici che Rampanti altrimenti non se ne sarebbe fatto nulla. Fu così che Ferlaino firmò un assegno di 1 miliardo e 300 milioni e diede ai felsinei due giocatori che potevano essere fondamentali per portare a termine il silenzioso piano di Vinicio e dei suoi ragazzi, vincere il tricolore a Napoli per la prima volta. E, statene certi, anche l’ex assessore allo Sport del Comune di Moncalieri, provincia di Torino, tale Rosario Rampanti, ne sarebbe felice un pò anche lui.

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