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Le piccole sono un problema storico del Napoli, da Mazzarri a Benitez. Non si risolve con la bacchetta magica. Valdifiori è spento

Le piccole sono un problema storico del Napoli, da Mazzarri a Benitez. Non si risolve con la bacchetta magica. Valdifiori è spento

Le piccole. Il complesso delle piccole. Il complesso di Lilliput. Il giorno dopo lo zero a zero contro il Carpi ci si interroga. Com’è possibile che non abbiamo risolto questo problema che così tanto ci affliggeva lo scorso anno? Si resta sorpresi tanto più ci si è convinti che sarebbe bastata la bacchetta magica oppure il modulo magico. La realtà, invece, ci dice che su cinque partite tre le abbiamo giocate contro le piccole: Sassuolo, Empoli e Carpi. Tutte fuori casa e abbiamo racimolato due punti in tre partite. La Sampdoria forse non può essere considerata una piccola, diciamo una media (ieri ha battuto la Roma): altro punto in classifica. L’unica medio-grande affrontata è stata la Lazio e l’abbiamo travolta: 5-0. In cinque partite una sola vittoria. Non bene ma c’è chi sta persino peggio. E le teoriche rivali per i posti alti della classifica non sono poi così lontane, fatta eccezione per l’Inter di Mancini.

In realtà il problema delle cosiddette piccole parte da lontano. Non dico da Napoli-Perugia, sarebbe esagerato. Ma anche il Napoli di Mazzarri (che pure aveva lo spaccadifese Lavezzi) incontrava difficoltà con le squadra di bassa classifica. Capace di annientare Chelsea e Manchester City, per non dire di Milan e Juventus, quel Napoli non riuscì ad andare oltre uno zero a zero contro la Samporia in una partita importante per lo scudetto (e il San Paolo fischiò), si fece rimontare due gol in casa dal Catania, sempre contro il Catania non andò oltre uno zero a zero giocando undici contro dieci, si giocò la Champions perdendo a Bologna la partita decisiva. E potremmo proseguire a lungo: chessò, la bestia nera Chievo ma anche il pareggio a Novara, in casa col Cesena. Stessa storia per il Napoli di Benitez che soprattutto lo scorso anno e soprattutto fuori casa ha subito troppe sconfitte (Palermo, Verona, Empoli, Chievo, Udinese, Torino) contro squadre sulla carta decisamente più scarse. 

Si può invertire questo trend? È difficile rispondere a questa domanda quando il giorno prima il Barcellona di Messi e Neymar ne ha presi quattro dal Celta Vigo o quando vedi la Juventus pareggiare in casa col Frosinone. Forse, lo diciamo da tempo, andrebbe corretta la nostra visione del calcio. Sport che amiamo perché tutto sommato imponderabile, da cui però vogliamo che rispetti aritmeticamente i rapporti di forza quando Golia siamo noi. 

Contro il Carpi il Napoli ha giocato una partita in fotocopia a tante viste lo scorso anno (abbiamo avuto il 72% di possesso palla). Difficile che non sia così quando gli altri – giustamente – si mettono con dieci calciatori dietro la linea della palla. Il giochino più gettonato è: Sarri ha sbagliato qualcosa? Mah. Ha messo gli uomini più veloci e più abili nel dribbling, Mertens e Insigne, proprio per provare a creare una superiorità numerica che si rivelasse decisiva. Così non è stato. Non è che sugli altri campi si sia visto di meglio. Anche l’Inter ha sofferto prima di vincere con un colpo di testa di Felipe Melo. Al Napoli, come ha detto Sarri, è mancato il guizzo che avrebbe fatto dimenticare le sofferenze. Lo ha sfiorato un paio di volte (con Higuain nel primo tempo e con Gabbiadini nel finale). Sicuramente è poco, così come va ricordato che non ci sono state parate avversarie, ma il Carpi aveva perso contro l’Inter su rigore all’ultimo minuto.

Col senno di poi, si è rivelata sbagliata la scelta di Valdifiori. Il centrocampista ex Empoli fatica a ritrovarsi. Non riesce ad emergere, si limita al compitino, non si fa vedere, si nasconde e progressivamente finisce con lo sparire nel centrocampo del Napoli. C’è una statistica incontrovertibile: in sessanta minuti, Valdifiori ha toccato 71 palloni; Jorginho in mezz’ora ne ha toccati 61. È come se l’italo-brasiliano avesse giocato al doppio della intensità. E si è visto. Nella partita contro la Lazio, Jorginho ne aveva toccati 110, più di tutti. Forse con Jorginho in campo dal primo minuto, il Napoli avrebbe avuto un altro ritmo. Ma sono discorsi che lasciano il tempo che trovano. Si gioca ogni tre giorni e i calciatori devono rifiatare. Oltre all’obiettivo di non far entrare in crisi Valdifiori, calciatore che sarebbe dovuto essere il metronomo di questo Napoli.

Chi ha giocato più palloni ieri sera sono stati gli esterni di difesa, Hysaj e Ghoulam (97 e 96), seguiti da Albiol (90), segno che il Napoli ha provato a far partire l’azione dalle fasce perché lì davanti era impossibile giocare. Insomma, come detto anche da Sarri: non eravamo diventati fenomeni dopo il doppio 5-0, non siamo brocchi dopo questo pareggio. Trovare un caprio espiatorio è sempre la condizione più semplice. La bacchetta magica non esiste. Migliorare quando sei a un livello medio-alto non è così facile. Intanto il Napoli incassa la terza partita consecutiva senza subire gol. Ed è un segnale che non va sottovalutato.
Massimiliano Gallo

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