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La telefonata immaginaria tra i fratelli Savoldi alla vigilia di Napoli-Sampdoria del 1977 (dopo l’Anderlecht)

La telefonata immaginaria tra i fratelli Savoldi alla vigilia di Napoli-Sampdoria del 1977 (dopo l’Anderlecht)

Sono trascorsi solo tre giorni da quella maledetta eliminazione in semifinale di Coppa delle Coppe per mano dell’Anderlecht e del famigerato birraio Matthewson. Partita vista in tv, non c’è più il bianco e nero classico, la Rai da due mesi ha attivato le trasmissioni a colori. L’umore non è dei migliori, si sa come va in questi casi. O la prossima la fai diventare la partita dell’anno e ti divori anche l’erba o fai un flop perché il peso di una delusione così grande è un boccone troppo amaro da mandare giù.

Vigilia di Napoli-Sampdoria. Sono le 20.30 del 23 aprile 1977 quando squilla il telefono del Centro Paradiso di Soccavo, da poco inaugurato, dove è in ritiro la squadra. Dall’altro capo dell’apparecchio il centralinista dell’Hotel San Germano. “Pronto, buonasera, cercavo il signor Savoldi”. Una voce, forse quella di Carletto Iuliano, risponde: “Glielo chiamo, è in sala con il resto della squadra”.

Quando Beppe gol si impossessa della cornetta riconosce subito la voce dell’interlocutore. “Titti, che sorpresa, come stai?”

Gianluigi: “Bene, abbiamo appena cenato” rispose l’altra voce. “Volevo sentirti per parlare un po’ della gara di domani, in fondo siamo avversari, ma sei sempre mio fratello. Hai visto che bello? Sono curioso di vedere le prime immagini a colori di una nostra gara da avversari, abbiamo sempre giocato contro ma finora ti avevo visto sempre con i colori della mia vecchia Juventus….”

Giuseppe: “Eh, beh, ammetterai che l’azzurro che indosso ora è tutta un’altra cosa. Caro Titti, questa è una città fantastica, vive e mastica calcio sette giorni su sette, pensa che ci sono anche tv private che trasmettono la partita del Napoli, le interviste negli spogliatoi, notiziari sportivi, quotidiani che dedicano pagine intere alla squadra. Insomma rispetto alla nostra Bergamo ma anche a Bologna è tutto un altro mondo…”

“A proposito di giornali”, disse Gianluigi, detto Titti da sempre, “stamattina leggevo, qui in ritiro, dei precedenti tra Napoli e Samp e ho notato che ci sono belle storie da raccontare su questa sfida. Addirittura, con mia sorpresa, ho visto come i blucerchiati spesso siano finiti davanti agli azzurri in qualche torneo” .

“È vero” rispose il Savoldi più famoso, il “miliardario”, “ma il Napoli con il mio acquisto ha fatto capire di voler essere nell’elite del calcio italiano, credo che prima o poi uno scudetto arriverà da queste parti. E se non sarà col sottoscritto avverrà con il prossimo squadrone che Ferlaino costruirà, vedrai…”.

Gianluigi: “Ti dicevo delle storie che ho letto, alcune hanno il sapore antico come quella di Gramaglia, altre ti fanno pensare che spesso ci si dimentica di chi è stato grande come Bandoni, in altri di come nel calcio esistano le leggende metropolitane come quella dell’inviolabile Battara ed ancora che nel nostro pianeta ci siano anche meteore come Rocco Fotia“.

Giuseppe: “Cavolo, adesso che me lo hai ricordato, avrei potuto mettere anche Bandoni nella mia favola del gol, nel disco che ho inciso, oltre a Zoff ed Albertosi. Qui dicono che è stato un grande portiere e che il Napoli se ne privò solo per arrivare al Dino, futuro portiere della Nazionale. Parlano ancora tutti in modo straordinario di quella squadra di fuoriclasse. Oltre al “mio” Juliano, col quale ho la fortuna di giocare ancora, c’erano Sivori, Altafini, Canè, Bianchi, Panzanato e appunto Bandoni”.

Gianluigi: “Ti ricordi? Claudio è stato secondo portiere con noi della Samp fino a due anni fa e, sarà per la incipiente calvizie, sembrava invecchiato molto. Chissà che nostalgia a pensare ai bei tempi trascorsi da voi, in questa bellissima città”.

Giuseppe: “Il calcio, lo sai, è spietato e quando arriva il tuo tempo devi dire basta o almeno avere il coraggio di farlo. Credo sia la cosa più dolorosa per un atleta, capire quando è giunto il momento di smettere. Io personalmente non vorrei mai lasciare questo affascinante mondo, vorrei fare l’allenatore o, se mi va male, il commentatore o l’opinionista. Credo che prima o poi introdurranno una seconda voce nelle telecronache sportive e magari vicino al solito Pizzul e Martellini ci sarà qualcuno che farà un commento tecnico…”.

Gianluigi: “Te lo auguro, anch’io vorrei fare l’allenatore e credo che il mio ruolo più adatto sia lavorare coi ragazzi, farli crescere, scoprire qualche campioncino in erba. Vedremo cosa ci riserverà il futuro. Comunque, tornando alla mia lettura di stamani, ho visto che i giornalisti più esperti hanno dato molto risalto alla figura di Gramaglia, un giocatore che per presenze è tra i primi di sempre nel Napoli”

Giuseppe: “Sì, so che era genovese, un classe di ferro 1919, fedelissimo della Andrea Doria che poi si fuse con la Sampierdarenese per dare vita alla Sampdoria. Venne a Napoli nel 1938 e poi “scappò” in periodo bellico al nord dove con i Vigili del Fuoco di La Spezia vinse il raccogliticcio campionato 1944 battendo nientemeno che il Grande Torino di Valentino Mazzola. Alla ripresa dei campionati fu il primo capitano della neonata Sampdoria e questo ti fa capire che razza di carisma avesse. La cosa strana è che quando il Napoli lo richiamò, nell’estate del 1949, non ebbe dubbi, tornò qui e conquistò la promozione in serie A al primo tentativo. Rimase fino alla fine della carriera,innamorato di Napoli, forse perchè città di porto come la sua Genova. Mi dicono che era una sorta di giocatore universale che faceva la spola tra la difesa e il centrocampo, con piedi buoni, intelligente, impeccabile organizzatore di gioco, tenace e combattivo. E’ davvero più che onorevole aver vestito la maglia azzurra per 273 volte, non credi?”

Gianluigi: “Certo, Gramaglia ha avuto un po’ il cuore diviso a metà tra le due città ma vuoi mettere parlare della Samp e non citare il mitico Battara? Mi risulta che a Napoli ha fatto miracoli, collezionando pagelle altissime e i blucerchiati hanno sempre strappato punti d’oro, addirittura una vittoria rotonda per 3 a 0 nel 1968. Battara era un drago e tutti ricordano ancora come sei anni fa, nel 1971, proprio al San Paolo continuò a giocare col pollice ingessato dopo un infortunio subito al minuto 17 mantenendo la sua rete inviolata. Era un portiere di grosso affidamento ma credo si esaltasse con le grandi e, sfortunatamente per i tuoi tifosi, quando vedeva l’azzurro del Napoli si trasformava letteralmente. Chissà, forse per lui era una sorta di corrida dove lui era il toro e al posto della banderuola rossa c’erano maglie azzurre”.

Giuseppe: “Lo sai che anche Rocco Fotia era un genovese puro? Pensa che ha smesso due anni fa, a soli ventotto anni, troppo presto. Secondo me poteva provare ad avere altre chances, magari scendere di categoria. Non era male, era un’ala piccola e sgusciante, un brevilineo rapido e di buon piede. Vinicio lo volle al Napoli perché lo aveva già allenato ai tempi dell’Internapoli dei miracoli a fine anni ’60. Purtroppo fu preso come rincalzo e rimase…riserva. Fece solo una presenza, sostituendo Canè in una gara col Cagliari ma evidentemente non convinse mai Luis Vinicio che, a dispetto della zona e del calcio totale, faceva ruotare solo 14 o 15 giocatori a campionato. Il povero Rocco, nome da meridionale, non trovò i suoi…fratelli e neanche la fortuna calcistica che forse meritava. Dopo l’esperienza napoletana tornò proprio alla Samp dove smise poco dopo”.

Voci in sala, si sente il brusio dei giocatori che provano a concentrarsi per la partita del giorno dopo. Da Soccavo ad Agnano è ancora Napoli-Sampdoria. Omettiamo il resto della telefonata perché i due fratelli Savoldi, chiamati sulle figurine Panini “primo” e “secondo” come si faceva quando non c’erano i nomi sulle maglie, continuarono la chiacchierata parlando delle prossime vacanze insieme, della loro Gorlago, delle loro famiglie, di Gianluca che ha appena due anni e cresce bene con l’aria di Napoli. Chissà che da grande non faccia il centravanti, magari con una maglia azzurra addosso.
Davide Morgera (foto Archivio Morgera – dall’alto, i fratelli Savoldi al San Paolo, Il Mattino il giorno successivo alla partita, Bandoni, Gramaglia che è il primo in piedi da destra)

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