ilNapolista

Cinquant’anni fa il Napoli di Sivori e Altafini. Il Guerin Sportivo lo ha inserito tra le dieci squadre più divertenti di sempre

Cinquant’anni fa il Napoli di Sivori e Altafini. Il Guerin Sportivo lo ha inserito tra le dieci squadre più divertenti di sempre

È passato mezzo secolo mica il tempo di una barzelletta. Eppure il ricordo, quello che accadde l’estate del 1965 sulle sponde di Partenope, resta ancora vivo anche nei cuori di chi non ha mai tifato per gli azzurri. Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare del “Napoli di Sivori e Altafini”, un team che seppe, con due fuoriclasse ripudiati da Juventus e Milan, fare faville e portare il team di Pesaola al terzo posto al primo anno di Serie A. Mai petardi, triccaballacche e putipù hanno avuto più ragione di esistere ed esplodere tra i tifosi napoletani. Ad ogni periodo di campagna acquisti al sottoscritto vengono in mente, ossessivamente, le istantanee dei due “sbarchi”, quello del “Cabezon” e quello del “Coniglio-Leone” (secondo i punti di vista), sul nuovo pianeta chiamato Napoli. Folle oceaniche accorse alla stazione di Mergellina, all’aeroporto di Capodichino, tutti volevano vedere e toccare i due fuoriclasse, far sentire loro il calore di una tifoseria unica al mondo, trovatasi spesso a fare il su e giù tra Serie A e B nei primi anni Sessanta. E meno male che il Petisso portò in dono la Coppa Italia del 1962 altrimenti parleremmo di fallimenti veri. I giornali spararono titoloni, il merchandising sembrò impazzire, si contarono dieci inni dedicati alla squadra con i nuovi acquisti al centro di rime e filastrocche. Il volto dei due sudamericani apparve dappertutto, su oggettistica, piatti, bicchieri, portacenere, bottiglie di liquori, perfino gli ambulanti giravano con la famosa macchina pubblicitaria, “il pupazzo di Sivori e Altafini, acquistate gente, per i veri tifosi del Napoli…” urlava a squarciagola chi aveva pensato di cavalcare l’onda dei due acquisti.

Recentemente quel Napoli è tornato, nell’immaginario collettivo, di grande attualità dopo uno splendido servizio di Adalberto Bortolotti, un maestro di giornalismo sportivo, sul Guerin Sportivo. Ebbene, lo confesso, ho gonfiato il petto quando ho letto che quella squadra è tra le dieci formazioni che lo hanno divertito di più da quando ha iniziato a vedere il calcio giocato. E allora, in ordine sparso, senza una classifica rigorosa, il Napoli del 1965-66 appare alla pari del Bologna “Paradiso” dello scudetto 64, del Milan di Rivera e Rocco che nel 1969 stritolò l’Ajax in finale di Coppa dei Campioni, del Vicenza delle meraviglie di G.B. Fabbri che nel 1978 giunse secondo alle spalle della Juve, del Toro dei gemelli del gol Pulici e Graziani del 1976 e la prima Roma di Garcia che effettivamente giocava un gran bel calcio. Per curiosità e per gli amanti delle formazioni storiche, quelle che si snocciolavano come l’Ave Maria, Bortolotti ci mette anche quattro “wonder team” stranieri e nella fattispecie l’Ungheria del 54 di Hidegkuti, Puskas, Kocsis e Czibor, il Brasile dei cinque numeri 10 (Jairzinho, Tostao, Rivelino, Pelè e Gerson), il Real Madrid delle tante Coppe dei Campioni dei primi anni sessanta e l’Ajax del calcio totale affidata al genio di Cruijff dei primi anni Settanta. Va sottolineato, comunque, come l’autore dell’articolo abbia specificato che queste formazioni non sono state quelle che hanno vinto di più (spesso vincere non significa fare un bel calcio) o che erano le più forti ma quelle che l’hanno fatto emozionare e divertire di più, una sorta di classifica senza essere assolutamente obiettivi. È, credo, un esercizio di sentimenti e passioni, non legato a numeri, in cui si racconta con rimpianto il calcio spettacolo di una volta. Bellissima la più che mai esplicativa chiosa finale, “se dicessi che il fraseggio infinito e ripetitivo del tiki-taka del Barcellona mi ha trascinato all’entusiasmo, mentirei per la gola”.

Ed allora torniamo al nostro Napoli. Quando ho visto lo schieramento che ne fa il grafico mi sono sorti alcuni dubbi ed ho preferito consultarmi con un mio caro amico che quella squadra l’ha seguita e l’ha più volte sviscerata nei suoi racconti. Davanti a Bandoni c’è un anomalo “quattro” con, da destra a sinistra, Nardin, Panzanato, Stenti e Girardo. C’è un misero “due” a centrocampo, Juliano e Ronzon ed un altro “quattro” in avanti con Canè, Altafini, Sivori e Bean. Mi sono chiesto, era possibile in quel calcio un 4-2-4? Risposta dell’interlocutore: “no” perché si giocava con i due terzini, tre centrocampisti/difensori e cinque attaccanti. Allora era un 2-3-5? “No, non diamo i numeri”, che squadra sarebbe leggerla in quel modo? Semplicemente era un altro calcio dove c’erano compiti precisi in certe zone del campo ma molto si lasciava all’improvvisazione dei fuoriclasse, a chi sapeva dare del tu alla palla. Quando, ad esempio, Sivori ed Altafini dialogavano, e da prime donne si passavano la palla per il bene della squadra, era uno spettacolo, uno show nello show. Era un calcio più tecnico, più lento, si correva di meno ma le difese erano veramente arcigne e spigolose. Tralasciando le poche presenze di Montefusco ed Emoli, il mio interlocutore mi ha spiegato che Nardin e Stenti facevano i terzini classici occupandosi dei loro rispettivi avversari, il trio Panzanato, Ronzon e Girardo agiva un po’ più in avanti (con quest’ultimo che era solito badare al regista avversario, una volta pare che seguì Rivera anche negli…spogliatoi!), Juliano era il classico regista che innestava le punte e Bean, che nella formazione del Guerino appare come punta, agiva da ala di raccordo. Canè e Altafini erano i due cannonieri principi, quelli che dovevano finalizzare. E Sivori? Che domanda. Sivori giocava dove voleva lui, Omar era veramente quello che Agnelli ai tempi della Juventus aveva definito “un vizio”. Letteralmente qualcosa di cui non si può fare senza. E meno male che litigò con Heriberto Herrera, altrimenti non lo avremmo mai visto al San Paolo.

Considerazione finale. La domanda che poniamo ai lettori, di ogni fascia di età, è questa: se Bortolotti dice di aver visto il Bel Calcio (ci metto le maiuscole per distinguerlo dall’attuale) tra il 1954 e il 1974, ovvero nazionale ungherese e Ajax, tutto quello che è venuto prima ma soprattutto dopo, non è un calcio degno del passato? A voi l’ardua risposta.
Davide Morgera

ilnapolista © riproduzione riservata