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Platini spegne la luce e prova a dormire

Platini spegne la luce e prova a dormire

Alla vigilia del sonno Michel Platini, poco prima di subire la pugnalata da De Laurentiis, sta spegnendo tutte le luci di casa, e dopo aver controllato acqua e gas è pronto per mettersi a letto. Guarda solo i primi tempi delle partite come gli ha insegnato Boniperti, gli è sempre apparsa come aristocratica questa scelta, la distinzione rispetto a Blatter che è ovunque ma non ha mai giocato a calcio, e arriva prima di tutti allo stadio proprio nel disperato tentativo di recuperare quello che ha perso da giovane. Poi squilla il telefono, gli dicono del presidente del Napoli, e Platini alza le spalle, è uno abituato agli attacchi. Ma quando si mette a letto e chiude gli occhi: sente ululare, è ovviamente una suggestione, però quando richiude gli occhi l’ululato riparte. Accende la luce, si alza, cerca nelle altre stanze, apre porte, guarda fuori dalla finestra, niente. Si rimette a letto, e appena chiude gli occhi l’ululato riparte, lui pensa all’Heysel, ha chiesto scusa per quell’esultanza ottusa, comincia a sudare, e quando riaccende la luce c’è Mario Merola al centro della sua stanza da letto, prova a dire qualcosa ma il cantante napoletano di cui lui ha un vago ricordo, alza la mano come un vigile e gli dice: «Miche’, il calcio è un amore, che non prevede tradimenti, separazioni, divorzi. È ‘na passione eterna di gol come baci e di lacrime, e spiegami un poco pecché ste lacrime devono essere napulitane?» Platini prova a spiegargli che non c’è nessun complotto, che a lui non importa chi vince o perde, lui è uscito dai campi. Ma Merola riparte con la stessa domanda, due, tre, quattro volte, e ora non è più solo, ha di fianco Gigi D’Alessio, che Platini ha anche ascoltato all’Opéra di Parigi, solo la prima parte di spettacolo come gli ha insegnato Boniperti, gli è sempre apparsa come aristocratica questa scelta, la distinzione rispetto a Blatter che è ovunque ma non ha mai recitato a teatro, e arriva prima di tutti agli spettacoli proprio nel disperato tentativo di recuperare quello che ha perso da giovane. Platini non sa che dire, ora la sua stanza è affollata di gente che non conosce, sono tutti musicisti a giudicare dagli strumenti che si sono portati dietro, ma non suonano e non cantano, se chiude gli occhi parte l’ululato, e se li apre gli chiedono giustizia per un fuorigioco, suda, prova a coprirsi la testa, a spegnere la luce, ma non vanno via.
Marco Ciriello

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