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A Napoli il ’68 calcistico portò una fitta sassaiola dopo una sconfitta con la Sampdoria

A Napoli il ’68 calcistico portò una fitta sassaiola dopo una sconfitta con la Sampdoria

L’aria di bufera che avrà il suo culmine all’inizio del torneo 1968-9 era iniziata già nell’estate precedente nonostante un secondo posto alle spalle dell’Inter stellare di Herrera. Leggi 68 e pensi a qualcosa di rivoluzionario e destabilizzante ma anche a qualcosa che, dalle ceneri, possa far nascere buoni propositi ed iniziare un ciclo vincente. Il transfuga Pesaola aveva lasciato la guida della squadra, sentendo odore di bruciato con largo anticipo, accordandosi col presidente della Fiorentina Baglini con il quale arriverà ad uno storico scudetto. C’era aria di smobilitazione quell’estate a Partenope. La rottura insanabile tra Lauro e Corcione portò al caos societario e alla ventilata ipotesi di vendere i pezzi pregiati del Napoli, Juliano e Zoff in primis, per i quali le squadre del Nord erano disposte a fare follie.

In giro, a livello di tecnici che potevano sostituire l’amato Petisso, non c’era molto. Addirittura il neo presidente Corcione avrebbe voluto Sivori come direttore tecnico, affiancato da Parola, ma gli fecero capire che non era il caso. Fiore, quale amministratore delegato, addirittura promise il pluri decorato Otto Gloria che aveva vinto titoli e scudetti col leggendario Benfica a cui vorrebbe affiancare sempre l’ex juventino Parola. Alla fine della pantomima si puntò sull’esonerato Chiappella, sempre dalla Fiorentina, il quale è di miti pretese e si accontenta di quello che passa il convento. E’ un uomo buono, sa valorizzare i giovani, bada al sodo, costa poco ed appare sempre disponibile tanto che ad una precisa accusa di Barison (“Ti fai dettare la squadra da Fiore”) risponde seraficamente che ha i suoi buoni motivi per farlo. Infatti la sua permanenza a Napoli, durata cinque anni consecutivi, dimostrerà che la bonomia del tecnico milanese porterà a discreti risultati considerando anche il materiale umano a disposizione. Sul mercato non si fecero pazzie ma comunque arrivarono il nazionale Guarneri , l’acciaccato Nielsen più il “colpo” Claudio Sala che sarà immediatamente rivenduto l’anno successivo con il valore quadruplicato.

Ma all’inizio il Napoli di Chiappella stenta molto, lascia a desiderare sia in termini di gioco che di punti. Ed il bello sta proprio qui, nel rapporto tifosi-squadra-tecnico-società, nella reazione dei tifosi che sembrarono esasperati fin da subito avendo negli occhi e nel cuore il grande Napoli di Pesaola, Sivori, Altafini e Canè. E successe il 68. Spirò aria di rivoluzione e contestazione, il metaforico ‘carro armato’ dei tifosi investì gli azzurri ed invece della primavera di Praga ci fu l’autunno napoletano del calcio. Napoli non era nuova a momenti di ‘follia collettiva’, negli occhi ancora l’invasione di campo contro il Modena nel 1963 e i deplorevoli incidenti scoppiati nel finale dell’incontro col Burnley nel 1967, Coppa delle Fiere.

Parte il campionato, il primo per il quale si può utilizzare il tredicesimo uomo, e sono subito dolenti note con una difesa che non ingrana ed una squadra lenta ed impacciata, la manovra asfittica e prevedibile. La sorte ci da una mano con due pareggi iniziali che arrivano su provvidenziali autoreti, alla prima giornata in casa col Verona segniamo con… Vanello e la settimana dopo con…Facchetti a Milano contro l’Inter. Dopo appena due gare Fiore, proprio come ha fatto De Laurentiis, aveva ordinato il silenzio stampa dei giocatori, bocche cucite, nessuno poteva parlare. Delegò il solo Juliano a fare dichiarazioni ma dopo la gara con la Sampdoria nemmeno costui rilasciò dichiarazioni. Solo un “Mi spiace, non sono più autorizzato a parlare”. In effetti la batosta casalinga con i blucerchiati, bestia nera che alla vigilia viene etichettata come squadra che “non perde a Napoli dal 1960”, esasperò ancora di più gli animi. Ebbene i liguri non perderanno nemmeno il 13 ottobre 1968, maramaldeggiando al San Paolo con una tripletta firmata da Frustalupi, Vieri e Francesconi. Settantunomila tifosi presenti di cui cinquantacinquemila abbonati, altri tempi. Il Napoli uscì umiliato in tutti i sensi, la difesa crollò sotto i colpi dei micidiali contropiede dei blucerchiati anche se la gara sembrava essersi messa sul binario giusto quando Altafini aveva colpito un clamoroso palo al 10′. Subito dopo, però, la Samp era passata con Francesconi ed aveva iniziato una fitta ragnatela a centrocampo che aveva imbrigliato in più occasioni gli azzurri. Il Napoli, in maglia rossa, sfiorò ancora la rete con Juliano, Bianchi, Canè e Barison e come al solito trovò sulla sua strada il ‘gatto magico’ Battara che, chissà perchè, si esaltava sempre contro gli azzurri. Ma lo specchio di quella sfortunata gara si ebbe quasi all’ultimo minuto quando Vieri, in veste di funambolo, dribblò prima Stenti e poi Nardin e fulminò con un tiro dal basso in alto Zoff.

La reazione dei tifosi? Applausi a scena aperta alla Sampdoria dopo il gol poi, il tempo di ‘metabolizzare’ la sconfitta netta ed umiliante, un minuto dopo il fischio finale iniziò una fitta sassaiola agli azzurri che lasciarono il campo impauriti e disperati. Tifosi inferociti, disgustati e sdegnati. Prima che gli azzurri imboccassero le scale del sottopassaggio, iniziarono a fischiare sonoramente, lanciarono pietre, bottigliette ed ogni tipo di oggetto che avevano a portata di mano contro i calciatori che mestamente lasciavano il prato verde. La contestazione montò anche all’ingresso degli spogliatoi e dopo due ore di attesa qualche tifoso lanciò il proprio blocchetto di abbonamento, preventivamente fatto a pezzi, contro le auto dei giocatori. Sicuramente un pezzo di storia nera della nostra squadra che a fine torneo chiuse con un mediocre settimo posto.
Davide Morgera

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