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Mihajlovic, Arkan e Srebrenica. Ecco cosa scrisse Sofri quando Sinisa andò alla Fiorentina (poi fu esonerato)

Mihajlovic, Arkan e Srebrenica. Ecco cosa scrisse Sofri quando Sinisa andò alla Fiorentina (poi fu esonerato)

Qua e là leggiamo dell’interesse del Napoli per Sinisa Mihajlovic. Qualche tifoso (sembra tanti) è contento, qualcuno meno. Polemiche che ci furono anche a Firenze cinque anni fa, quando Sinisa venne ingaggiato (prima stagione: finì nono; seconda stagione: esonerato). Ovviamente polemiche a sfondo politico per l’amicizia mai rinnegata, anzi ostentata, di Mihajlovic per la tigre Arkan, da Sinisa definito eroe del popolo serbo. Riportiamo qui, grazie a Carlo Pontorieri, un articolo che sul tema scrisse Adriano Sofri su la Repubblica il 30 maggio 2010. Pontorieri, tra l’altro, ricorda che il primo presidente del Napoli si chiamava Giorgio Ascarelli.

HO SCRITTO nella mia rubrica sul Foglio (che è irresponsabile delle mie opinioni, e viceversa) a proposito dell’ arrivo di Sinisa Mihajlovic. Poi ho letto i commenti, in particolare sul sito www.fiorentina.it. Molti mi mandano semplicemente al diavolo, si sdegnano che un delinquente come me dica la sua, mi augurano di finire i miei giorni in una cella eccetera. Non saprei rispondere a questi sfoghi appassionati. RISPONDEREI a chi mi rimprovera di mischiare la politica al calcio e di essere intollerante (compreso Gianfranco Teotino sul Corriere Fiorentino, che obietta all’ “altolà di Sofri a Sinisa per le sue idee politiche”). Ora, la politica e il calcio si sono mischiate da sempre, e sempre peggio. Quanto a me, sostengo senza riserve la libertà delle idee, politiche e non, di ciascuno. Ma c’ è un equivoco. Io parlo del sostegno militante e mai ripudiato (anzi, sempre ribadito) che Mihajlovic ha offerto a crimini e criminali di guerra. Viene da sorridere amaramente all’ auspicio che lo sport si astenga dalla politica, per chi sappia che le scintille prime del bagno di sangue nella ex-Jugoslavia vennero dagli stadi di calcio. Arkan era stato il capo degli ultras della Stella Rossa, quando era ancora un feroce delinquente comune, e prima di diventare un capo di massacratori, stupratori, torturatori, kapò e saccheggiatori di migliaia di civili innocenti. Mihajlovic era amico di Arkan, e si dice fiero di non rinnegare gli amici: ma c’ è una differenza fra rinnegare un’ amiciziae ripetere ancora oggi che «Arkan è stato un eroe del popolo serbo». Dice Mihajlovic: «Siamo un popolo orgoglioso. Siamo tutti serbi. Preferisco combattere per un mio connazionale». Non so che cosa pensino delle cosiddette guerre nella ex-Jugoslavia i sostenitori della Fiorentina. Ma il nazionalcomunismo di Milosevic e dei suoi scherani, che ha riportato il genocidio nell’ Europa a un’ ora d’ aereo da Firenze, non è “un’ idea politica”, e la frase dell’ orgoglioso Mihajlovic somiglia a quella che avrebbe potuto dire un tedesco al tempo di Hitler: «Siamo un popolo orgoglioso. Siamo tutti tedeschi. Preferisco combattere per un mio connazionale». La dissero in tantissimi, pochissimi invece se ne vergognarono. Quei pochissimi riscattarono l’ umanità. E’ successo anche nella ex-Jugoslavia. Il mio amico Jovan Divijak, cittadino di Sarajevo, era serbo, ed era il vicecomandante dell’ esercito: preferì restare dalla parte della città assediata e martoriata. Il punto era questo. Sono anch’ io, nei miei limiti, amante del calcio e tifoso: il tifo ha vizi tremendi, ma ha anche il pregio di farci ricordare di essere stati ragazzi, e dunque di farci ammirare ancora un calcio piazzato da un artista come Mihajlovic. Non mi sognerei affatto di mettere Mihajlovic al bando da una città o da una squadra. Mi piacerebbe sapere che ha ripensato a tutto quello scempio, e che gli dispiace tanto. Allora lo stato d’ animo di tanti tifosi viola – “forse ci voleva una mano un po’ più dura per la nostra squadra” – non suonerebbe allarmante, ma scanzonato e augurale.
Adriano Sofri

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