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Marc Zoro e il razzismo: «Sacchi ha sbagliato, fa una cattiva pubblicità al calcio italiano. In Coppa d’Africa il 70% degli allenatori era straniero»

Marc Zoro e il razzismo: «Sacchi ha sbagliato, fa una cattiva pubblicità al calcio italiano. In Coppa d’Africa il 70% degli allenatori era straniero»
Zoro nel 2005, durante Messina-Inter, decise di abbandonare il campo per protesta contro i cori razzisti degli interisti nei suoi confronti

Marc Zoro. Forse i più giovani non ricorderanno il suo nome. Ma quando si parla di razzismo nel calcio italiano, che non è nato certo con le dichiarazioni di Sacchi e Tavecchio, non si può non parlare di Zoro. Torniamo a dieci anni fa, al 27 novembre del 2005. Si gioca Messina-Inter. Al quarto d’ora della ripresa, all’ennesimo coro becero, all’ennesimo insulto («bastardo negro», «tornatene nella giungla») il difensore della Costa d’Avorio blocca il pallone e va dall’arbitro Trefoloni: «Io non voglio più giocare, lei deve sospendere la partita per impedire questa vergogna». Il suo gesto fa il giro delle tv. Così come l’interista Adriano che cerca di convincerlo a tornare sui suoi passi. Zoro sembra irremovibile, si avvicina al suo allenatore Bortolo Mutti: «Mister, fermiamo la partita, dobbiamo farlo». Il pubblico capisce e comincia ad applaudire. La partita riprende, l’Inter vince ma il protagonista è Zoro. 

Zoro è rimasto in Italia fino al 2007, poi è andato all’estero. «Ma – ci tiene a precisare – 
non sono andato via perché non stavo bene in italia, semplicemente il Benfica mi offrì un contratto molto vantaggioso. Ero richiesto anche da Livorno e Fiorentina ma il Benfica non si può rifiutare, è una di quelle occasioni che non capita spesso. Resto molto legato all’Italia, ho passato dieci anni meravigliosi e ogni volta che posso torno a Messina».

Cosa ricorda di quell’episodio (ce ne fu uno anche contro la Lazio)? Cosa ti fece scattare di prendere la palla sottobraccio e andare verso la panchina?
«Fu un momento spiacevole, ma che mi ha permesso di essere in qualche modo di esempio e aggiungere qualcosa al calcio. Perché alla fine questi attestati di ignoranza passano ma quel che resta è il concetto che il calcio e lo sport uniscono. Ci sono tante persone che vanno allo stadio semplicemente per assistere a una partita, percorrono anche chilometri e dopo tanto tempo io sono contento di essere rimasto in campo e aver continuato per quelle persone. Io sono un attore in campo che deve trasmettere emozioni. Chi va allo stadio per criticare e offendere farebbe meglio a restare a casa. Episodi simili non mi sono capitati solo in Italia».

Anche in Grecia giusto? Dove Zoro finì addirittura con l’essere ammonito.
«L’arbitro non aveva capito. Il campo era piccolo e già prima dell’inizio della gara mi lanciavano addosso  oggetti. Poi hanno proseguito a partita in corso, io mi sono ribellato e l’arbitro mi ha prima ammonito e poi mi ha chiesto scusa. In quell’occasione, però, mi rifiutai di parlrne con i giornalisti greci, tanto lì non serve a niente. Non voglio parlare male della Grecia ma lì è inutile rilasciare dichiarazioni su questi avvenimenti perché non prendono provvedimenti, in Italia invece si alimenta un dibattito costruttivo e si cerca di trovare una soluzione per migliorare il calcio che è uno sport bellissimo.

Secondo lei questi episodi sono figli della cattiveria o dell’ignoranza?
«Dipende, alcuni ci mettono cattiveria, altri contribuiscono con la loro ignoranza. Ma la maggioranza segue la massa, tra gli ultrà e non solo funziona così.

Veniamo a Sacchi e alle sue dichiarazioni. 
«Sacchi non è un tifoso qualunque ma un allenatore e un allenatore è, o dovrebbe essere, anche un educatore. Un allenatore trasmette il clima in una squadra e in un ambiente. Quello italiano resta un campionato interessante proprio perché c’è diversità di popoli e colori. Per questo molti giocatori stranieri vogliono venire in Italia. Se ci fossero solo giocatori italiani ne perderebbe la qualità del campionato. Sacchi non si rende conto che certe affermazioni lo rendono spiacevole e si rende motivo di vergogna per la sua nazione. Non si dovrebbe andare in televisione per alimentare polemiche e creare tensioni, ma per parlare dei mille aspetti positivi del gioco del calcio. Sacchi già in passato è stato protagonista di battibecchi, ne ricordo uno con Ibrahimovic».   

Dopo quel famoso Messina-Inter, Mancini disse proprio che bisognava smetterla con tutti questi commenti sull’utilizzo degli stranieri in Italia e insegnare ai nostri figli che siamo tutti uguali. 
«Infatti siamo tutti uguali. Oggi chi sono i migliori al mondo? Cristiano Ronaldo e Messi, giusto? Se domani Messi volesse venire a giocare in Italia cosa direbbe Sacchi, che non lo deve fare perché è straniero. Ripeto, quando una persona parla in tv dovrebbe dire delle cose sensate e che aiutino il mondo del calcio a progredire, non per dividere. Non si rende conto sta facendo una cattiva pubblicità al calcio italiano? In Africa ci sono allenatori europei, in Coppa D’Africa quest’anno il 70%-80% degli allenatori erano stranieri, cosa avrebbero dovuto dirgli, che non potevano allenare perché erano stranieri? Il calcio è piacere e amore, non ha frontiere».

Vorrebbe tornare a giocare in Italia?
Sì, l’Italia mi piace e so bene che queste cose purtroppo accadono ovunque. Comunque adesso sto vagliando la possibilità di andare a giocare in America. Lì ci si stressa meno perché anche se perdi non puoi scendere di categoria, così giochi più rilassato.
Francesca Leva

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