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Quando il Napoli sbancò Milano con gol di Majo (e Carratelli gli diede 9)

Quando il Napoli sbancò Milano con gol di Majo (e Carratelli gli diede 9)

Quando Valerio Majo, dalla provincia di Chieti, arrivò trafelato in sede in un caldo luglio del 1978, dopo essere stato acquistato dal Palermo, non sapeva che quell’anno sarebbe stato il killer del Milan a San Siro. Quel giorno a Via Crispi Castellini e Pellegrini indossavano il vestito “buono”, Vinazzani, Caso, Caporale e Catellani erano più “casual” con una semplice maglietta polo mentre gli unici ad essere un po’ sopra le righe erano Filippi (noto hippy veneto con collana bianca in evidenza ) e, appunto, Majo. Quest’ultimo sembrava più un cantante appena arrivato da Sanremo che un calciatore. Camicia sbottonata all’inverosimile, col petto villoso in bella evidenza, capelli biondi medio lunghi in ordine, sguardo ammaliante, fama di “tombeur des femmes”. “Chissà quante ne colleziono qui a Napoli” avrà pensato il buon Valerio, belloccio, occhio assassino, barba sempre fatta, altro che tatuaggi e creste, una volta le donne cadevano così ai piedi dei calciatori.

Quel Napoli, edizione 1978-9 non fece una campagna acquisti ma una…. rivoluzione. Via Mattolini, arriva “Giaguaro” Castellini in rotta col Torino, via La Palma e Pogliana, cui va sempre la nostra gratitudine, arrivano l’ex cuore Toro Caporale e il sinistro di Tesser, via Massa, arriva Caso, via Juliano, bandiera di sempre, in rotta di collisione con Ferlaino per l’ingaggio (chiedeva 120 milioni, l’ingegnere ne offriva la metà) e arriva il biondo naturale Majo, dopo uno strepitoso campionato nel Palermo in serie B. La maglia numero 8 la prenderà, però, Vinazzani e al neo acquisto andrà la 10. Il campionato fu vinto dal Milan, il famoso scudetto della stella, e il Napoli chiuderà con un mediocre sesto posto dopo paurosi alti e bassi dovuti alla rivoluzione copernicana voluta da Ferlaino a inizio stagione. Di Marzio fa la squadra, chiede degli acquisti e viene accontentato, imposta un gruppo dinamico di giovani (c’erano già Pin, Catellani e Ferrario ad esempio) con qualche anziano a fare da traino (Castellini, Savoldi e Caporale) e parte per il ritiro.

Grosso entusiasmo, divise nuove della Puma con una bella banda bianca sulle spalle, il Napoli delle gare estive piace e Savoldi segna come un dannato. Addirittura arriva il Chelsea in amichevole al San Paolo ma ci batte uno a zero. La gara fu preparata apposta per vedere lo stato di forma degli azzurri in vista della fondamentale prima gara di Coppa Uefa con la Dinamo Tbilisi. Sarà un settembre nero, nel freddo russo Kipiani e Senghelja bucano il nostro “Giaguaro” e ipotecano il passaggio del turno. Al ritorno, di pomeriggio (il San Paolo aveva una pessima illuminazione!), Savoldi segna e pareggia il gol di Daraselia. Napoli out e Di Marzio dichiara: «I sovietici erano troppo forti, ci rifaremo in campionato». Sì, caro Gianni, non sarà proprio così, non avrai tempo di rifarti perché la trama di quella stagione era già stata scritta e tutta l’Italia scatenerà un putiferio sul pressapochismo di una società che purtroppo, anche a distanza di anni, non è sembrata impeccabile.

Prima giornata, battiamo l’Ascoli in casa, con un po’ di fatica, seconda giornata sconfitta di misura a Firenze. Il lunedì mattina il Napoli annuncia l’esonero di Di Marzio e il ritorno, a furore di popolo e di abbonamenti, di Vinicio, il leone prima allontanato e ferito e poi richiamato. Come una vecchia amante. Se è la somma a fare il totale, come diceva Totò, allora è lapalissiano che la squadra non l’aveva costruita il “Leone” di Belo Horizonte ma Gianni di Mergellina. Credi tattici diversi, il miracolo non ci sarà, i risultati saranno discreti ma non di rilievo, Filippi vince il Guerin d’oro per il mostruoso rendimento, Savoldi è un po’ soletto in avanti. Molti pareggi, pochi gol subiti (e non è da…Vinicio!) ma qualche bella soddisfazione ce la togliemmo.

Una di queste fu proprio la vittoria di San Siro col Milan, uno scherzetto coi fiocchi, non c’è che dire. Il Napoli non vinceva in trasferta da un anno e il Milan non perdeva in casa da dodici mesi, guarda la combinazione. Nella gara di quell’assolato primo aprile Majo sbanca il Meazza con un tuffo a volo d’angelo, su cross di Pellegrini, inarcandosi in aria per colpire di testa. Un gol che neanche te lo sogni. Albertosi guarda e pensa: “questo carneade è venuto a bucarmi, io che ho fatto i Mondiali…”. Quel giorno va in brodo di giuggiole anche l’inviato del Roma, un certo Domenico Carratelli, che dalla tribuna vede, stravede, strabuzza gli occhi e sentenzia che a Majo va dato nove, a Ferrario otto, a Savoldi e Pin solo sei e al resto della squadra sette. La sua pagella dice: “Majo ha travolto Capello, ha segnato, ha giocato una grossa partita a tutto campo, con il piglio del dominatore. Il migliore”. Amen. Ci sarà un nuovo Majo anche stavolta?
Davide Morgera

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