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Marino e le 300 di Hamsik: «Reja mi disse “Chi mi hai comprato, un bambino?”. Venderlo sarebbe un errore morale. In questo modulo fa fatica»

Prima dell’estate del 2007, “Marechiaro” a Napoli significava soltanto una cosa e cioè uno splendido borgo sul mare di Posillipo dove, come dice giustappunto la canzone, ci sta una finestra e quando spunta la luna finanche li pesci ‘nce fanno l’ammore. Poi, grazie all’occhio lungo di un ds e al suo rapporto conflittuale con le pettinature ardite dei giovani di oggi, a partire dal 28 giugno di quell’anno per i napoletani Marechiaro è diventato anche altro e cioè una cresta con due piedi che quando sono illuminati altro che pesci, a farci l’ammore è tutta la città. È Marekiaro ormai il secondo nome di Marek Hamsik, il centrocampista slovacco che sabato contro l’Inter di Mazzarri festeggerà le trecento presenze in azzurro. Ma non era affatto scontato che il giovane arrivato dal Brescia restasse così a lungo a Napoli e, soprattutto, che ne diventasse una “bandiera”. A raccontarlo è proprio colui che a Napoli ce lo portò: Pierpaolo Marino, ex direttore sportivo della società partenopea attualmente in servizio presso la dea Atalanta. Insomma, Marino, all’inizio su Hamsik erano tutti un po’ scettici Un po’? Lo scetticismo era tanto. Ma come, mi dicevano, vuoi mettere un ragazzo di 19 anni come leader del centrocampo? Senza contare che quando lo presentammo assieme a Lavezzi pure i tifosi storsero il naso esponendo lo striscione “Basta giovani vogliamo i campioni”. Per non parlare di Reja, che non lo conosceva proprio. Addirittura. Sì, quando glielo presentai mi disse “ma che mi hai portato, un bambino?”. Mi preoccupai, temevo che per questo lo avrebbe messo un po’ da parte E invece… E invece bastò una settimana di allenamento per fargli cambiare idea. Dopo pochi giorni Reja mi disse “cacchio ma questo è giocatore vero”. E infatti lo schierò subito. Il risultato fu un crescendo rossiniano. A partire da quel goal stratosferico in casa contro la Sampdoria Di sinistro. La prima vittoria al San Paolo del Napoli neo promosso in A. Esatto. Alla terza di campionato era già l’eroe del San Paolo. Una cavalcata bellissima, culminata l’11 maggio con quel goal fantastico al Milan che ai rossoneri negò la Champions e a noi regalò l’Intertoto. Se lo aspettava che avrebbe tagliato il traguardo delle trecento partite? E con la fascia di capitano, peraltro? Mi aspettavo che avrebbe giocato a lungo a Napoli ma non con la fascia da capitano, questo no. Pensavo e speravo che quella fascia sarebbe rimasta sul braccio di Paolo Cannavaro. Però Hamsik se l’è meritata tutta, sul campo, con la fatica. Del resto lei mica l’aveva scelto solo per la cresta… Beh no però è vero che lo notai proprio per quel particolare. In quel periodo litigavo con mio figlio Gianmarco perché portava i capelli alla stessa maniera e quando vidi quel giocatore che portava la stessa pettinatura rimasi colpito. Mi è bastato poco per capire che è un ragazzo d’oro. Ne ho conosciuti di giocatori ma come Hamsik mai. Lo aiutò a sistemarsi a Napoli? Non ci fu bisogno, la sua famiglia era sempre con lui. Mamma, papà e sorella non lo lasciavano mai. Sembravano tutti fratelli e sorelle più che genitori e figli, tutti giovanissimi. Prese una casa ammobiliata a Castelvolturno. I suoi lo seguivano ovunque, una volta vennero anche in Austria per una trasferta. Una famiglia bellissima, è a loro che Hamsik deve la sua educazione impeccabile e la sua maturità. Mai una parola fuori luogo, mai una reazione scomposta, anche quando ne avrebbe avuto ragione… Si riferisce alle rapine (tre) che purtroppo ha subito? Sì, la sua reazione in quegli episodi resta la cosa che più mi è rimasta più impressa. Mai una parola contro la città, mai una reazione scomposta che pure sarebbe stata comprensibile. Niente. Quando sapemmo della rapina nel tunnel di Fuorigrotta gli telefonammo e lui a tranquillizzarci, a minimizzare. Succede ovunque, diceva. Tutto merito dei genitori, ripeto, è grazie a loro se è il figlio ideale che tutti vorremmo avere. Un ragazzo serissimo dunque. Incredibile per la sua età. Fatico a ricordare episodi goliardici di spogliatoio legati a lui. Ricordo che per prenderlo un po’ in giro i compagni a volte lo chiamavano ‘o nonno. E infatti ha sempre dimostrato più della sua età. Lo sente ancora? Ogni tanto, lui ha un rapporto speciale con mio figlio Gianmarco proprio per quel particolare dei capelli… E comunque quando ci vediamo allo stadio, resta sempre un po’ a parlare con me E lei che con Marek ha un rapporto speciale, come vive le voci che lo vorrebbero in partenza da Napoli? Beninteso, Benitez ha detto che non è sul mercato e De Laurentiis che sul mercato ce lo mettono i giornalisti. Ma intanto se ne parla… Lasciarlo andar via sarebbe un errore, tecnico e morale. Hamsik è una bandiera di questo Napoli, del nuovo Napoli, ne possiede per così dire il materiale ereditario e senza di lui la squadra perderebbe parte del suo Dna ricostituito. E poi ormai Marek è napoletano. Non ha mai chiesto di andar via, anzi, quando mezza Europa lo voleva, lui è voluto restare qui. Sarebbe davvero un peccato se andasse via, ma credo che De Laurentiis non lo permetterebbe mai, a meno che non sia lui a chiederglielo, ovviamente. E secondo lei il rischio c’è? No, perché che sia in un momento di difficoltà è evidente, inutile negarlo. La sua stagione è stata indubbiamente disturbata dall’infortunio che ha subito ma al di là di questo è evidente che l’attuale modulo non è l’ideale per lui In che senso? Non lo valorizza. Hamsik deve giocare faccia alla porta, non può restare imbottigliato in quel ruolo, troppo avanzato per lui. Anzi, le dico una cosa, io sono convinto che finirà la sua carriera da regista. Ma comunque voglio essere fiducioso, tornerà ai livelli di sempre. Benitez sa quello che deve fare. Anna Trieste

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